Ballata in sud minore

Pagina di ringraziamenti a chiusura del romanzo

C’è solo il mio nome in copertina, ma se questo romanzo ha visto la luce è perché in tanti mi hanno aiutato e supportato.
La prima stesura risale all’estate 1995: c’erano ovviamente i protagonisti con le loro personalità, Antonio, Leonardo, Stefano e tutti gli altri, c’era il papà di Antonio e la sua fine prematura. C’era anche una fidanzata di Antonio, si chiamava Monica. Il titolo provvisorio era “Pezzenti e viziosi”, riferito a quello stato d’animo di certi meridionali che si lamentano della loro sorte ma fanno poco per migliorarla, e Antonio ripercorreva le sue vicende durante un viaggio notturno in treno che lo riportava in caserma a Milano.

Era un lavoro ancora acerbo. Tornai a lavorarci alcuni anni dopo, e la struttura prese maggiore corpo. In particolare, crebbe la figura di Monica, l’ex-ragazza di Antonio che non lo lasciava in pace nemmeno in sogno, e il cui ricordo sembrava cominciare a sbiadire solo verso la fine del romanzo, in cui, scendendo dal treno, il protagonista si affacciava a una nuova vita.

La seconda versione si chiamava “Oltre la notte” e nella
forma non si discostava molto dalla prima, anche se c’era più spazio riservato ai compagni di viaggio, in treno, di Antonio. Decisi inoltre di affiancare, alla storia del protagonista, altre microstorie che lo trasformassero in un racconto corale. Il testo però rimase lì, inedito, per parecchio tempo. Erano gli anni dell’università e l’idea di diventare scrittore per me era più che altro un sogno.

Sogno che realizzai nel 2004 con “Bello dentro, fuori meno”, un romanzo umoristico che per me rappresentò soprattutto una chiave d’accesso al mondo editoriale (per merito di Raffaele Calafiore: grazie).
Nel frattempo ero tornato a lavorare su questo romanzo chiamandolo stavolta “Binario Morto”. Rispetto alla versione precedente, la storia si arricchiva di episodi che aiutavano a delineare meglio la personalità sia di Antonio, sia dei suoi amici. Probabilmente si è trattato dell’estensione massima raggiunta dal romanzo, una vera e propria piccola epopea di fine anni ottanta a Statte. Ma in effetti mi resi conto che avrei dovuto cominciare a sfoltire, quel numero di pagine avrebbe spa-
ventato gli editori prima ancora che i lettori.

E per farlo, avevo bisogno di aiuto. Quello prezioso di mia moglie Cecilia (grazie) che mi suggerì di eliminare un capitolo dedicato al bullismo diventato talmente lungo da pesare sulla struttura complessiva del romanzo.
Il passo successivo fu di eliminare la struttura del viaggio in treno, che funzionava come metafora ma aveva dei limiti in termini di leggibilità, e di sostituirla con l’immagine più spontanea degli oggetti ritrovati nel cassetto.

Anche i sogni di Antonio, che vedevano Monica protagonista, scomparvero. Cambiò anche il finale, che è quello che avete letto, e che in Binario morto era talmente amaro da sfiorare il tragico, troppo triste per i miei gusti.
Fu così che arrivai ad “Angeli in gabbia”, elaborata grazie anche allo straordinario lavoro “storico” di chi quegli anni li visse con me, l’amico Alessandro Marangi (grazie).

Non soddisfatto, chiesi anche il parere femminile di una “testimone” di quegli anni, Annamaria Bruno (grazie). Altri preziosi consigli vennero da Silveria Conte, collaboratrice del mio precedente editore, ma la pubblicazione fu di nuovo rimandata.
Decisi allora nel frattempo di pubblicare alcuni racconti nella raccolta “Bologna l’oscura”.

Il libro ha riscosso un discreto successo grazie soprattutto a chi mi ha aiutato nella promozione: Debora Pometti e Ro-
mano Romani dell’associazione “Libri e Dintorni”, Giorgia Olivieri e Paolo Vanelli de “Il Baraccano”, Doriana Bortolini e la redazione di “Flash Giovani a Bologna”, Giulia Roncalli de “Il Paleotto”, Magda Indiveri de “Bibliomanie”, Dolores Palantoni e la redazione di “Polis”, Giuditta Bonfiglioli delle Librerie Coop (grazie!), i responsabili delle
librerie FairBook (grazie!), Viviana Ettore di AgoraVox (grazie!), Piero Bello.
E grazie ai miei genitori (mio padre è l’autore del quadro in copertina: grazie!) ai familiari e a tutti gli amici e colleghi che qui non posso certo menzionare perché sono veramente tanti (tra tutti cito solo Margherita Sarti perché sono uno che mantiene le promesse… grazie!).
Nel frattempo avevo proposto il testo a “I quindici” (tramite Monica Mazzitelli: grazie!), che dopo un anno, a inizio 2008, mi inviarono i commenti dei lettori (Francesco Vallotto e Valerio Pirrottina: grazie!).
Secondo loro il romanzo aveva dei punti di forza e delle debolezze su cui intervenire. Limature di forma, eliminazione di divagazioni inutili, ma anche l’ultimo grosso taglio: quello della storia d’amore con Monica, una storia non sviluppata abbastanza per conquistare il palco principale, ma troppo ingombrante per essere posta allo stesso livello delle
altre.
Poi, a ottobre 2009, quando ormai avevo cominciato a lavorare a un altro romanzo, l’incontro con 0111 Edizioni (grazie!).
Il resto della storia l’avete già letto.

E grazie a tutti voi che ho colpevolmente dimenticato di richiamare: so che mi perdonerete (grazie!).

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