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Il puntale grigio

natale_2014Rottamiamola! Rottamiamola! Il grido che veniva da alcuni abitanti dell’albero di Natale si faceva sempre più forte. Ce l’avevano con la stella di Natale, che da tanti anni troneggiava in cima alle loro teste. Era una vecchia privilegiata, gridò una candela di cera, largo ai giovani, strillò una pallina dorata in plastica di Taiwan. In effetti alcune decorazioni borbottavano che era vero, la stella era lassù da tanto tempo, ma era saggia e competente, e li aveva tutto sommato amministrati bene. Non era certo colpa sua se i rami dell’albero perdevano ogni anno qualche ciuffo, se le palline di vetro diventavano sempre meno numerose per gli acciacchi durante i trasporti, se le luci non si spegnevano e riaccendevano con effetto discoteca come negli alberi più recenti.

“Stai serena, stella!” gridò allora una delle ultime decorazioni arrivate. A dire il vero non si capiva bene cosa fosse, non era bella come le palle di vetro, non era autentica come le decorazioni fatte dai bambini, non era nemmeno leggera e resistente come quelle di plastica. Era una specie di candelotto grigio piuttosto rotondo, una specie di salsicciotto che nessuno ricordava da dove fosse venuto. Nonostante fosse grigio, diceva a tutti che si sbagliavano, lui era rosso, e no, non era affatto un candelotto: era un puntale. Avrebbe potuto far ricrescere gli aghi dell’albero in un batter d’occhio, se solo l’avessero messo in cima. Poi avrebbe riportato in vita tutte le palline rotte: non era difficile da fare, bastava avere un po’ di ottimismo e non essere dei vecchi attaccati alla cima come quella stella antiquata.

Nessuno credeva alle panzane di quel salsicciotto grigio, eppure, a furia di promettere, cominciò ad avere un certo credito. Certo sembrava eccessivo pensare che sarebbe stato in grado di far crescere l’abero fino al soffitto, visto che non si era mai visto crescere un albero in alluminio e plastica, e qualcuno borbottò che la sua idea di rendere luminoso direttamente il tronco dell’albero –  con un semplice accorgimento segreto –  non era realizzabile. Ma lasciamolo provare, si borbottava, cosa abbiamo da perdere? Magari non riuscirà davvero a far ballare all’albero il moonnwalker come ripete continuamente, ma qualche passetto di tip tap forse riusciamo a vederlo.

L’agitazione dal basso cresceva, il salsicciotto marrone aveva promesso alla base dell’abero di portarla in cima con sé, e alla fine, ondeggia di quà, ondeggia di là, la stella finì per cadere. Non capite? Questa è la volta buona, grido il budello grigio, e saltò in cima all’albero, proclamandosi nuovo puntale. In realtà nessuno aveva espressamente chiesto che finisse lì, ma intanto c’era. Con le sue mosse azzardate dapprima fece cadere tutte le vecchi palline di vetro, le più antiche ma anche le più lucenti.

Poi fece sostituire la base in legno, che finì bruciata in camino, con una base fatta di cartone a tutele crescenti.  Le luci furono spente perché rappresentavano un inutile spreco, tranne un gruppo che il salsicciotto raccolse intorno a sé perché lo illuminassero perpetuamente.

La porta si aprì, e due figure alte si avvicinarono all’albero.
“Cosa hai combinato, piccolo Silvio? Hai quasi distrutto l’albero! Che disastro”
“E dire che eri in punizione! Ci finirai di nuovo se continui così!”
“D’altronde l’albero era vecchiotto. Sarà l’occasione per cambiarlo. Che peccato, però, Silvietto ha rotto tutte le decorazioni più belle. E quello schifo in cima cos’è? Dove l’hai preso, Silvio?”
“So io, dove l’ha preso. E’ un vecchio pezzo di pongo sporco che avevo buttato via. Silvio, Silvio, quando la smetterai di rovistare tra la spazzatura? Non si fa”.

Il piccolo Silvio si allontanò sbuffando. Un’altra punizione non l’avrebbe davvero digerita. E poi quell’idea del puntale di pongo non era malvagia. Era così malleabile…

In attesa che arrivi il nuovo albero e che sia spazioso per accoglierci tutti, Buon Natale.
E se è vero che Silvio ha rotto le palle, non dimenticate che pure chi non distingue il grigio dal rosso ha le sue colpe.

PS. Cosa successe alla stella di Natale caduta dall’albero? Non poteva certo andare perduta, non un’ autentica stella di Natale. Una magia natalizia la trasformò prima che cadesse al suolo, la trasformò in un magnifico dono. Un dono che spero troviate tutti sotto l’albero. O magari nella calza della Befana, se non avete fatto in tempo. No, non è l’amore. E nemmeno la salute. Certo che ve le auguro, ci mancherebbe, ma era una vecchia stella di Natale, mica la lampada di Aladino. Se volete sapere in cosa si trasformò, guardate qui sotto.
Auguri. Una legione di auguri. Vogliatevi bene.

Che Epifania, quella del 2014…

presepe_2014Me la ricordo ancora, l’Epifania del 2014, eccome se me la ricordo. Certo noi Re Magi di annate difficili ne abbiamo conosciute, tra guerre, carestie e tumulte, ma quella del 2014 resta comunque una Epifania particolare.

Tanto per cominciare quell’anno Baldassare prese una gastroenterite prima di partire che lo tenne bloccato nel letto con il real pappagallo per quasi due settimane. A causa del blocco delle assunzioni però non potemmo sostituirlo, e ci affidammo  ad un’agenzia di lavoro interinale che inviò Peppiniello, un laureato in Filosofia con un master in Economia a Yale che era appena stato licenziato dal call center perché vendeva pochi aspirapolveri.
Spiegammo subito a Peppiniello che il suo sarebbe stato uno stage non retribuito perché così imponeva la normativa e Melchiorre era intransingente, ma un po’ di incenso sotto banco glielo avremmo assicurato comunque.
Sempre Melchiorre stabilì che non avremmo dovuto seguire la stella cometa perché apparteneva al vecchio apparato, e che avremmo usato un navigatore satellitare che facevano dalle sue parti. Non ti è bastata l’esperienza dell’anno scorso, gli risposi? Se funziona come i giocattoli che dalle tue parti fanno con i rifiuti industriali siamo a posto, gli dissi, ma lui fece finta di non sentire.

Il viaggio fu comunque più leggero del previsto; non tanto per la conversazione, visto che Peppiniello era logorroico e cercava continuamente di giustificare i sacrifici che i suoi genitori avevano fatto per farlo studiare con argute argomentazioni che non interessavano a nessuno, quanto perché proprio i bagagli sembravano più leggeri. Quando mi decisi a investigare, feci una amara scoperta: ci avevano derubato dell’oro! Ma quale furto, spiegò Melchiorre, quello se l’è preso l’Unione Europea per finanziare le industrie tedesche. Si chiama spending review. E ora come facciamo, domandai sconcertato? Melchiorre spiegò serafico che aveva pensato a tutto lui: con gli spiccioli aveva comprato dei biscotti. Biscotti? Avremmo portato al Salvatore dei biscotti? Ovvio, mi rassicurò Melchiorre.
Oro Saiwa, incenso e mirra. Nessuno ci farà caso, vedrai.

La batteria del navigatore di Melchiorre, come volevasi dimostrare, smise di funzionare a nemmeno metà viaggio, e non ci fu verso di farlo ripartire. Allora ci fermammo a chiedere indicazioni, o almeno per orientarci a cercare la nostra stella cometa. Passò un imprenditore in elicottero che aveva esternalizzato la fabbrichetta dalle parti di Melchiorre e il suo conto corrente a Monte Carlo, ma non si fermò perché aveva altri impegni, lui, e se andò maledicendo le tasse. Poi passò un lavoratore autonomo in Jaguar con il suo libretto di fatture intonse che non si fermò perché aveva altri impegni, lui, e se ne ando maledicendo le tasse. Alla fine arrivò un dipendente statale che dopo quarant’anni a 1100 euro al mese si era ritrovato senza pensione e senza stipendio perché la ministra tecnica samaritana l’aveva preso in giro con altri milioni di lavoratori. Si fermò, ci accompagnò ad un’edicola dove vendevano care vecchie mappe stradali di carta, e ce ne comprò una. L’edicolante infatti non aveva accettato la nostra proposta di scambio con un po’ di biscotti.

Arrivare arrivammo, alla fine, io e Melchiorre. Peppiniello si fermò per strada dove trovò lavoro come arrotolatore di tappeti, ruolo che lo gratificava e lo convinse a rimanere all’estero.

Per fortuna, la grazia e la serenità del bambino non era stata tagliata, e infondeva speranza come sempre. Solo non capimmo cosa ci facessero tre maiali nella stalla vicino al bue e l’asinello. Giuseppe ci prese da parte e ci spiegò che quella era la Troika che vigilava che fossero davvero poveri e che rimanessero tali. Chissà che un po’ di luce del Signore prima o poi non illumini anche quei porci, chiosò Melchiorre sospirando.

A proposito, non trovammo mai la stella cometa. Scoprimmo poi che si era bruciata nel passaggio vicino al sole, povera stella.

Buon Natale e felice 2015 (il 2014 è stato tagliato dalla Spending Review).

Il Natale al tempo del censimento

Era l’anno del censimento, e Giuseppe lo sapeva da tempo perché non c’era programma televisivo in cui un direttore tutto pettinato e ben vestito non avesse spiegato quanto importante fosse il censimento. Ma se c’è già l’anagrafe che aggiorna l’Istat ogni santo mese, disse Giuseppe ad un suo cliente in falegnameria, a che serve il censimento? Serve a pagare il parrucchiere e il sarto del direttore, spiegò il cliente. E Giuseppe per la rabbia si diede una martellata sul pollice.

Passarono i giorni, ma Giuseppe non riceveva il questionario. Cominciò a telefonare ad un numero verde dove una ragazza simpatica annunciava l’apocalisse se i tempi non fossero stati rispettati ed un girone dell’inferno dedicato a chi non avesse consegnato in tempo. Si ma come faccio a compilare se non l’ho ricevuto? Si lamentò Giuseppe, che per la rabbia si morse un labbro fino a farlo sanguinare. Si recò allora alla delegazione di Nazareth, dove gli spiegarono che il postino Ponzio Pilato Sr (il padre di quello famoso) aveva distribuito solo i questionari in centro, dopo di che se n’era lavato le mani e tutti quelli nelle case fuori mano li aveva riportati indietro in Comune a Betlemme dicendo che gli indirizzi non erano in formato standard. Che vuol dire che il mio indirizzo non è in formato standard, chiese Giuseppe che per la rabbia aveva cominciato a strapparsi i capelli? L’abbiamo chiesto anche noi all’Istat, rispose l’impiegata della delegazione, ma stavano stirando i completi del direttore e ci hanno detto che non avevano tempo per rispondere.

Alla fine un ragazzino magro e denutrito cui era stato attribuito il compito di consegnare tutto ciò che Ponzio Pilato non aveva distribuito in cambio di due mandarini e un tozzo di pane gli portò il questionario quando mancavano ormai pochi giorni alla scadenza.

Per fortuna, pensò Giuseppe, il censimento si poteva fare anche online. Provò a collegarsi, ma niente, all’Istat erano stati talmente impegnati a ordinare shampo, balsamo e verificare la piega dei pantaloni del direttore, che non si erano resi conto che se tante persone accedono contemporaneamente ad un computer, il computer fa “uff uff” e poi si spegne.

Maria però era in ansia: sapeva che da un momento all’altro il loro nucleo familiare sarebbe accresciuto, e non le era ben chiaro se questo avrebbe complicato il loro censimento, per cui aveva fretta. Ma hanno detto che conta quanti eravamo l’8 ottobre, spiegò Giuseppe, e quel giorno eravamo in due. Ti ho già detto che l’Angelo non conta perché non era ospite abituale, è andato via prima che io rientrassi dalla falegnameria, non va recensito nel foglio A. Ma la sua compagna era agli ultimi mesi di gravidanza e come tutte le donne in quello stato per ogni problema faceva un chiasso della Madonna, per cui Giuseppe si decise ad andare in posta per consegnarlo.

Non è che Ponzio Pilato Sr avesse tutta questa voglia di raccogliere i questionari compilati. Il primo giorno disse che il computer non andava. Il secondo disse che il computer non andava. Il terzo disse che il computer non andava e Giuseppe, che era un falegname ma non un babbeo, gli domandò perché non accendesse il computer prima di rimandare indietro i cittadini. Perché non gli andava, spiegò Ponzio Pilato che si lavò le mani di nuovo e lo spedì al centro di raccolta a Betlemme mentre Giuseppe per la rabbia si era pestato un piede.

A quel punto Giuseppe prese Maria con sé e la portò al centro di raccolta: ormai era fisicamente talmente malandato che non ce l’avrebbe fatta ad andarci da solo. I capelli gli erano diventati bianchi e per muoversi aveva bisogno di un bastone. Rimasero in coda al centro di raccolta per dei giorni, senza trovare posto negli alberghi e nelle locande perché erano tutte occupate dagli altri cittadini che non avevano ricevuto dalle poste il censimento o non erano riusciti a riconsegnarlo. Alla fine riuscirono a raggiungere un dipendente comunale di Betlemme, un certo Sebastiano Martire, e lo trovarono trafitto da decine di frecce che i cittadini gli avevano lanciato inveendo contro l’Istat. Ma perché ve la prendete con me, che guadagno 10 mandarini al mese, si era lamentato Sebastiano? Perché abbiamo provato a rintracciare il direttore ma era al centro benessere, gli risposero i cittadini inferociti mentre lo infilzavano con altre frecce.

Sebastiano Martire riuscì a consegnare loro la ricevuta del censimento prima di esalare l’ultimo respiro e fu allora che Maria, rilasciata la tensione, disse a Giuseppe che il momento era arrivato.

Poche ore dopo  veniva  al mondo Gesù che salvò l’umanità dai peccati ma non dai direttori, purtroppo.

Buon Natale

Calendar horribilis

Un calendario così nefasto non l’avevo mai visto.  Il 25 aprile che cade il giorno di Pasquetta (o Lunedì dell’Angelo come dice chi ne sa), e pochi giorni dopo la logica conseguenza di vedere volatizzare il primo maggio di domenica. E dire che hanno fatto storie per l’innocua festa del 17 marzo.

Purtroppo non c’è molto da fare, quest’anno va così, mettiamo l’animo in pace. I ponti di primavera di questa estate saranno un po’ come il ponte di Messina: un miraggio di cui parlare per ammazzare il tempo sapendo che non esiste nella realtà.

Visto che dobbiamo festeggiare due feste in una, facciamo che questa festa sia doppia. Auguri auguri

Auguri alle credenti (e non)

Se il nostro premier fosse stato donna, non avrebbe avuto voglia di bunga bunga – qualunque cosa esso sia – tutte le sere, perché dopo una giornata di duro lavoro in ufficio si sarebbe dedicato al duro lavoro a casa.

Se il nostro premier fosse stato donna non avrebbe avuto bisogno del trapianto dei capelli e si sarebbe fatto una tinta molto meno appariscente.

Se il nostro premier fosse stato donna avrebbe parlato molte lingue straniere, perché una donna non può tollerare che sia un interprete a tradurre i suoi commenti rivolti alla ministra tedesca sulla nuova capigliatura dell’ambasciatrice.

Se il nostro premier fosse stato donna avrebbe avuto un’idea più chiara di come funziona la scuola, pubblica o privata, perché sarebbe andato a parlare con gli insegnanti dei propri figli almeno una volta a quadrimestre.

Se il nostro premier fosse stato donna avrebbe indossato con molta più nonchalance i tacchi e i rialzi che gli regalano 7-8 cm.

Se il nostro premier fosse stato donna non si sarebbe dato da fare per recuperare onorevoli finiani promettendogli chissà che, perché una donna prima di riaccogliere un traditore lo fa crogiolare il tempo necessario.

Se il nostro premier fosse stato donna avrebbe apprezzato di più le donne.

Auguri alle credenti (nella festa della donna) e non.