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Babbo Natale è morto

Babbo Natale è morto.
La voce si diffuse rapidamente la mattina del 25 dicembre, tra incredulità e stupore. Furono i bambini neozelandesi i primi a dare l’allarme, quando svegliandosi si resero conto che sotto i loro alberi c’erano rimasti integri i biscotti della sera prima. Soprattutto non c’erano regali. A dire il vero, i primi in ordine di tempo furono i bambini samoani, ma visto che era già successo diverse volte che Babbo Natale si dimenticasse della loro isola sperduta in mezzo all’oceano, nessuno fece caso alle loro segnalazioni. Che fosse stato il covid? Eppure Babbo Natale si era vaccinato per tempo. Appunto, gridarono i cospirazionisti, l’avete avvelenato con il siero, avete iniettato il chip 5g nella testa del povero Santa Claus condannandolo a morte, assassini! Poi però un altro gruppo di no-qualcosa sbraitò che il 5g non si inietta ma si inala tramite le scie chimiche, altri ancora insultarono i gruppi precedenti perché non volevano aprire gli occhi di fronte all’unica verità, cioè che il 5g era nascosto negli organismi ogm delle multinazionali, e che l’unico modo per vivere in modo sano era quello di nutrirsi di bacche raccolte nel bosco e scaldarsi con gli escrementi degli animali. Qualcuno dall’Appennino gridò: ma se ne avete tanto, di 5g, perché non ne portate un po’ a noi? Va bene nel vaccino, nell’aria, nei biscotti, infilatecelo dove volete questo microchip ma fate qualcosa che qui prendono solo le schede Omnitel nei cellulari StarTAC degli anni Novanta e ormai comunichiamo con i segnali di fumo.

La Befana si annotò i nomi dei cospirazionisti: a causa della crisi energetica a gennaio non avrebbe trovato abbastanza carbone per tutti. Decise di partire alla ricerca del suo amico, doveva accertare la verità. Anche perché il loro accordo sindacale era chiaro, a lui il 25 dicembre e a lei il 6 gennaio, non poteva farsi carico di un doppio turno così, senza preavviso.

Inforcò l’euroscopa, quella più adatta per i viaggi lunghi specie nel periodo invernale, e si diresse senza indugio verso la casa di Babbo Natale. Strepitò tutto il viaggio contro quel vecchio e il suo insano stile di vita, troppi carboidrati, glielo aveva ricordato tante di quelle volte. Raggiunto il Polo Nord si accorse che nella foga non si era fermata in tempo e infatti le sembrava un po’ troppo freschino persino per gli elfi. Tornò indietro e, sospesa in cielo, osservò sotto di lei. I magazzini erano chiusi, ma tramite un’occhiata attraverso le finestre si comprendeva facilmente come fossero ancora stipati di regali. Che il vecchio avesse davvero tirato le cuoia prima di individuare un sostituto adeguato? Molto improbabile, non era mai accaduto, ma se per questo non era mai successo che si interrompesse il campionato di calcio per giocare il mondiale a dicembre nel deserto, e invece.

Le renne correvano in cerchio nella stalla fermandosi di tanto in tanto per masticare quella strana erba che la fata turchina aveva portato dal Sudamerica e regalato a Santa anni prima: metteva di buon umore gli animali. Gli elfi correvano avanti e indietro con le mani nei capelli e ripetendo presto che è tardi, presto che è tardi. Entrò nella abitazione, il cui portone era ancora aperto: nulla di strano all’interno. Pile di regali dappertutto, dolci ammucchiati un po’ ovunque, la stanza della corrispondenza piena di letterine… Ehi aspetta un momento, nella sala della corrispondenza c’erano pochissime lettere, qualche migliaio al massimo, di solito erano miliardi. Spinse la porta che separava la sala dallo studio di Babbo e lo trovò, chinò sul tavolo, un paio di cuffie appoggiate accanto. Esanime, ma vivo. Lo scosse con un paio di ceffoni ben assestati e gli chiese come mai non fosse in giro a distribuire regali.

– Lo farei – rispose Babbo – se solo avessi ricevuto le solite letterine come tutti gli anni.
– Ho visto infatti che ce ne sono pochine. Cosa è successo?

Babbo Natale nascose il viso nel cappello e cominciò a singhiozzare. – Vocali – spiegò – i bambini non scrivono più, mandano messaggi vocali. Ho cominciato settimane fa e ne ho trascritti sì e no un terzo. Tu lo sai quanto tempo si perde ad ascoltare un vocale?

La Befana lo sapeva eccome. L’estate prima, con voto unanime, avevano appunto arsa viva Melissa, una strega che ammorbava il loro gruppo con vocali lunghi decine di minuti. “Non potete immaginare cosa mi è capitato oggi”, cominciava. E giù minuti di monologo non richiesto. Prima o poi però c’era il rischio che si ripresentasse rediviva, la noiosa megera. La soluzione non parve convincere Babbo Natale.

– Non possiamo bruciare i bambini perché mandano i vocali.
– Una scottatina a igenitori da cui prendono esempio?
– Nemmeno.
– Eh ma che noioso che sei. Almeno velocizzali, no. La velocità si può raddoppiare. E poi fermati alle parole chiave, del resto chi se ne impippa.

Babbo Natale per poco non cadde dalla sedia quando scoprì quella novità. Quello cambiava tutto! Se solo l’avesse saputo prima… Certo per i paesi dell’estremo Oriente un recupero sarebbe comunque stato impossibile, ma magari con gli altri ce l’avrebbe fatta.

– Certo che ce la farai, Nicolino mio. Ma quest’anno avrai bisogno di esternalizzare la mansione se vuoi rispettare i tempi.
– Cosa?
– Non guardarmi così, mamma mia se sei vecchio. Hai ragione, i tuoi elfi non sono abbastanza veloci. Ma sulla terra ci sono questi omarelli in bici che lavorano tutti i giorni, anche a Natale, sotto la pioggia, costano anche poco e corrono tanto.
– Ma non è giusto! Sfruttare le persone non mi sembra un messaggio di pace.
– Eh figlio mio, l’unica pace che interessa a chi comanda oggi laggiù è quella fiscale, che vuol dire cancellare le multe e le tasse non pagate agli amici, figurati. Non è che siccome sei vestito in quel modo ti metti a fare il rivoluzionario, adesso. Dammi le password del computer che faccio tutto io. E non dirmi che le hai dimenticate di nuovo, te le ho fatte ricamare nel pigiama!

Babbo Natale dunque non era morto, fu la conclusione a cui si arrivò, ma si era solo svegliato tardi. Aveva perso tempo. Tutti ne perdiamo. Ma se non possiamo fare a meno di perdere tempo in fila alla posta o nel traffico del venerdì sera, salviamo almeno diverse ore di vita liberandoci dai vocali.

Per questo Natale, fai anche tu un gesto di buona volontà: brucia un amico che ti manda i vocali.

Natale ai tempi della pandemia

L’elfo rientrò nel suo ufficio, si guardò intorno e rimosse finalmente la mascherina che per il freddo gli si era attaccata al visto. C’era ancora un enorme mucchio di lettere da smaltire. Si morse un labbro e lasciò sospeso l’indice della mano destra sulla sfera di cristallo davanti a sé. La tentazione di accorciare le procedure d’ufficio fu forte. Perché non snellire una volta per tutte quella noiosa burocrazia? Perché non esaudire direttamente le richieste senza passare per lo scanner? In fondo, cosa potevano chiedere di male, quelle innocenti creature?

Sollevò lo sguardo e sulla bacheca, nascosta tra cartoline e biglietti d’auguri, si ricordò di quel ritaglio di giornale di qualche anno prima. Un suo predecessore aveva pensato bene di esaudire i bambini senza passare dal wish-checker. Il risultato fu che un bambino ricevette davvero quello che aveva richiesto, cioè una batteria di missili terra-aria. Per fortuna era un bambino cristiano sì, ma mediorientale, per cui nessuno fece più di tanto caso a un paio di aerei civili abbattuti e alla conseguente distruzione di diverse abitazioni. Fosse stato un bambino cubano o ucraino a richiedere quel regalo, avrebbe scatenato la terza guerra mondiale e sarebbe stato davvero imbarazzante per Babbo e i suoi.

L’elfo sbuffò, posò il dito e riaccese la sfera. La lettera da verificare era quella del figlio di un medico. Il suo papà aveva già fatto una ventina di volte il tampone, tornava da lavoro sfinito e spesso, quando temeva di essere infetto, non tornava per niente. Il bimbo si era fatto una idea di come risolvere il problema grazie ad Internet, sulla chat dei suoi compagni di classe, e chiedeva a Babbo Natale di far chiudere davvero tutto fino a quando la pandemia non si fosse placata.

Lo scanner mostrò gli effetti di quella scelta: dopo qualche settimana si sarebbero esaurite le scorte di cibo nei negozi di alimentari, sarebbe stata razionata l’acqua e l’energia elettrica, e dal sito loronontelodicono.it sarebbe partita una rivolta sfociata in una sanguinosa guerra civile. L’elfo mandò al bimbo una scatola di costruzioni.

La seconda lettera era quella della figlia di un ristoratore. Aveva visto il suo papà disperato piangere davanti ai conti, alle fatture da pagare e alla cassa sempre più vuota. Sapeva come risolvere quella situazione grazie ad Internet, lo spiegava bene un video di 15 secondi. Occorreva riaprire tutto, subito: e pazienza se qualche vecchio sarebbe morto, tanto moriamo tutti prima o poi. Non era neanche vero che quel virus fosse tanto grave.

L’elfo scosse la testa prevedendo già la reazione dello scanner: pandemia fuori controllo dopo poche settimane, ospedali che non potevano accogliere più pazienti, milioni di morti prima tra i vecchi, ma poi anche tra i meno vecchi che magari con gli ospedali chiusi passavano a miglior vita per una banale ferita non curata o per una indigestione. L’elfo si attivò per spedire una bambola, ma poi si ricordò del corso che aveva seguito sulla parità dei sessi e mandò anche a lei le costruzioni.

Per fortuna le altre letterine richiedevano cose più semplici, videogiochi, crediti google, abbonamenti alle pay-tv. Su queste ultime lo scanner ebbe da ridire qualcosa e qualche adolescente si ritrovò l’abbonamento a Disney Plus piuttosto che al sito a luci rosse che aveva chiesto, ma per il resto niente di che.

Poi arrivò la letterina che salvò la giornata faticosa all’elfo.
Anche in questo caso si trattava di una bambina (i maschi quando andava bene mandavano una lista o più facilmente un disegno, la scarsa alfabetizzazione mondiale stava diventando una minaccia anche per il lavoro degli elfi). La piccola chiedeva che per almeno un paio di giorni i genitori e i fratelli maggiori tornassero a guardarsi in faccia e a parlare tra di loro, anziché vivere perennemente una realtà mediata da uno schermo. Chiedeva di passare un pomeriggio a giocare a carte anziché a Minecraft, chiedeva di abbracciare il papà anziché mandargli i cuoricini in chat, chiedeva che tutti leggessero un libro, per una volta, anziché nontelodicono.it premium (questa famiglia era più agiata e poteva permettersi la versione a pagamento).
L’elfo sorrise, si stropicciò gli occhi commosso, si alzò a bere un bicchiere di latte. Purtroppo però la gioia durò poco. Si ricordò dell’ultima circolare aziendale . Babbo Natale aveva un’età, sempre più richieste da soddisfare, alla fine aveva stipulato un accordo con un grande rivenditore online che distribuiva regali tramite Internet, con una congrua commissione, ovviamente.

Sospirò, e inviò alla bambina un’altra scatola di costruzioni.

Voi l’accordo non l’avete stipulato. Se potete, disconnettetevi per un giorno. Potrete sempre mettere “mi piace” a Santo Stefano.

Babbo Natale non molla mai

babbonataleCome ogni anno con l’approssimarsi delle festività il quartiere si vestiva a festa per celebrare nel migliore dei modi il Natale. Sulle porte apparivano coroncine colorate di fiori e nastri, dalle finestre rilucevano candele e piccoli alberi addobbati, sui balconi apparivano festoni, babbi natale e luci varie.
Il vecchio Babbo Natale di stoffa e plastica ne aveva viste tante, di festività natalizie. A dire il vero da guardare per lui c’era poco, visto che se ne stava puntualmente di spalle a fingere l’arrampicata presso il tubo di scarico dell’acqua pluviale, ma era sempre contento dei bambini che lo indicavano ridacchianti, sempre meno ingenui però e sempre più disattenti. Ormai il suo rosso era diventato un grigio sbilenco a causa della polvere che gli si era accumulata addosso e il sacco sulla schiena era scucito in più punti, ma lui testardamente affrontava quella scalata immaginaria a cui veniva chiamato ogni dicembre.
Quell’anno però l’attenzione dei bambini era contesa da nuove attrazioni. Una nuova spettacolare serie di luci led si avvinghiava al balcone con un set di giochi di luce intermittenti, a ritmo di rock, di salsa cubana e persino di musica italiana (quest’ultima facile da individuare: acceso, spento, acceso, spento). Le lucine lo guardavano dall’alto in basso mormorando a bassa voce che era ora di rimuoverlo, era ormai superato e doveva farsi da parte perché faceva fare loro brutta figura.
Come se non bastasse questa umiliazione, da pochi giorni sulla veranda di fronte era apparsa una nuova figura: un enorme, gigantesco pupazzo di neve, alto più di due metri, che si gonfiava grazie ad una pompa interna che gli permetteva persino di muovere le braccia mentre la sciarpa svolazzava intorno. In poche ore tutti i bambini della zona vennero a osservare l’ultimo increbile ritrovato della tecnologia, fresco, giovane, al passo con i tempi e prodotto dagli indefessi elfi del distretto industriale del Guandong. Il pupazzo non perdeva occasione di dileggiare apertamente il Babbo Natale, che se ne rimaneva immobile mentre l’omone continuava a ripetere “rottamatelo! Rottamatelo, è l’Europa che ce lo chiede”.
Pochi giorni prima del Natale, però, una perturbazione si annunciò con fulmini, tuoni e temporali. Un lampo colpì l’alternatore delle lucette led mandandolo in cortocircuito. Il finto pupazzo di neve sulle prime resse bene il colpo dell’acquazzone, ma poi il suo braccio agitandosi andò a infilzarsi contro il rametto di una pianta rimasta in veranda. In pochi istanti il pupazzo si sgonfiò, e di lui rimase solo una sagoma bianca per terra.
Il vecchio Babbo Natale resse ai fulmini, al vento e addirittura la pioggia portà via un po’ di quella polvere che aveva addosso. Quando il giorno dopo tornò a splendere il sole, le maldicenze delle lucine led finirono nel bidone dei rifiuti speciali, mentre del pallone gonfiato rimase solo la pompa che servì a scaldare la veranda. Il Babbo Natale di stoffa e plastica era ancora lì, tornato rosso, con le sue scuciture e la sua improbabile scalata sullo scarico che l’avrebbe impegnato fino alla festa dell’Epifania almeno.

Cari amici, se intorno a voci ci sono lucine led e palloni gonfiati che vi fanno sentire un vecchio inutile pezzo di stoffa, non dategli retta. Verrà la pioggia e tornerà il sole, e vorrei sarete ancora lì, nella vostra scalata impossibile, alla faccia loro e delle loro chiacchiere.
Perché sarete anche dei babbi natale, ma Babbo Natale non molla mai.

Auguri.

Il regime dei folletti di Babbo Natale

Il principio è lo stesso che ha fatto le fortune di regimi totalitari come quello nazista o in tempi più recenti quelli del blocco sovietico. Si tratta di organizzare un stato di polizia dove ogni singolo movimento, ogni atteggiamento, ogni comportamento non in linea con le aspettative del potere viene osservato, spiato e registrato e provoca ineluttabili conseguenze negative sul soggetto non allineato. Non è necessario che questi comportamenti siano poi davvero osservati, l’importante è che ci sia la paura che ciò avvenga.
E i risultati non mancheranno, lo consiglio a tutti i genitori. Per più di un mese abbiamo infatti tratto beneficio da una favola ben organizzata che ci ha garantito che mia figlia si comportasse non dico bene, ma almeno meglio del solito. Il motivo era semplice: i folletti di Babbo Natale, posizionati ovunque, dietro ogni angolo, in ogni stanza, con la capacità di vedere e sentire tutto erano in grado di riferire a Babbo Natale del fatto che lei si stesse comportando male, con un’immediata riduzione, se non azzeramento, del parco regali. Ha funzionato e sono decisamente soddisfatto, devo dire, a tal punto che ho prolungato questa situazione di minaccia terroristica: adesso i folletti di Babbo Natale potranno riprendersi i regali in presenza di comportamenti scorretti (capricci, non ho la pipì e invece c’è, non voglio questa pappa). Bisogna stare attenti a non tirare troppo la corda, certo, e prima o poi qualcuno svelerà il segreto. A quel punto quel qualcuno pagherà le conseguenze del suo agire scellerato verificando direttamente il braccio armato dei folletti di Babbo Natale, cioè il mio.

Gli aiutanti di Babbo Natale

Come riusciva Babbo Natale a consegnare ogni anno i regali in tutto il mondo? Grazie al sostegno di un gruppo di aiutanti, sosia uguali in tutto e per tutto che distribuivano i doni seguendo le sue indicazioni.

Ma quell’anno, era il lontano 2009, aveva due problemi da risolvere: l’Afghanistan e l’Italia erano scoperti. Il suo aiutante afgano era saltato in aria con tante altre persone durante un ricevimento di nozze, a causa di una missione di pace che aveva fatto un po’ di confusione. Babbo Natale si rese a malincuore conto che il problema non era poi di così difficile soluzione: avrebbe affidato al suo aiutante in Iraq anche l’area afgana, visto che, una missione di pace dopo l’altra, il numero di letterine che riceveva da quelle aree era sempre minore.
In Italia invece il discorso era diverso. Il suo aiutante infatti era stato espulso durante una retata perché non risultava in regola con il permesso di soggiorno: l’assessore gli aveva riso in faccia quando gli aveva mostrato, come referenza del suo datore di lavoro, la lettera di Babbo Natale. Santa Claus si era irritato non poco e aveva anche rimproverato quel suo aiutante: gli sarebbe bastato dimostrare avere in banca un conto con circa 5000 euro e un assicurazione sanitaria per evitare il foglio di via. In Italia infatti si espellevano solo i poveracci. Ma questa norma purtroppo l’aveva appresa troppo tardi.
Babbo Natale decise allora di sostituire personalmente il suo aiutante, ma le sue renne si rifiutarono di seguirlo: l’Italia era un paese dove una schioppettata non si negava a nessuno, e le nuove leggi a favore dei cacciatori le spaventavano troppo. Provò allora con gli aerei, ma capì che avrebbe trascorso il Natale a Malpensa o Linate. Per non parlare dei treni: a causa del perdurare di uno strato non previsto di ghiaccio sui binari, il treno è stato soppresso… Ghiaccio non previsto, rise Babbo Natale? Nel Sudan o a Santo Domingo, forse, ma in Italia si poteva prevedere.

Sconsolato, si decise a muoversi in corriera o a chiedere l’autostop.Giunto in Svizzera si accorse che centinaia di camion puntavano verso il belpaese.

Chiese ad un autista di che si trattasse, e gli fu detto che erano i soldi dello scudo fiscale: miliardi di soldi nascosti in Svizzera che tornavano in Italia dove i proprietari avrebbero pagato pochissimo le tasse. In Italia infatti le tasse le pagavano solo i poveracci.
Babbo Natale chiese e ottenne un passaggio, e si addormentò in autostrada.
Quando si svegliò, scoprì dove finivano i soldi che venivano dalla Svizzera. A chi finivano.
Strabuzzò gli occhi pensando fosse un brutto sogno. Tutto vero. Sconvolto, decise che quell’anno ancora avrebbe continuato a visitare quel paese, ma sarebbe stata l’ultima volta, se le cose non fossero migliorate.

Se avete ricevuto i vostri regali, godeteveli. Ma impegniamoci a migliorare le cose, se vorremo riceverli anche l’anno prossimo. Buon Natale.