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No, anche il derby no

Io non lo so cos’è che spinge noi tifosi di calcio a continuare a soffrire, gioire, cantare, esultare e deprimerci per 22 giovanotti in mutandoni che rincorrono un pallone. Soprattutto dopo che ci siamo resi che spesso quei giovanotti buttano al vento milioni di euro, sono pessimi esempi dal punto di vista umano ma soprattutto sportivo, non hanno nessun attaccamento ai colori che indossano ma solo quello ad un contratto e alle remunerazioni collegate.

Ma tant’è, sono professionisti, se uno vuole la passione va a seguire i campionati di dilettanti dove odontotecnici e ragionieri se le suonano di santa ragione la domenica pomeriggio solo per il gusto di rincorrerre un pallone. Però un professionista è lautamente pagato per vincere, o almeno provarci. Non può chiedere 250 mila euro per fare gol nella propria porta, è qualcosa di intollerabile, impensabile, al di là di ogni soglia di ribrezzo. In un derby, poi! Secondo le ingagini della magistratura alcuni giocatori del Bari si sarebbero venduti per far vincere il Lecce. Si tratta di una profanazione indicibile, impensabile, come imbrattare con lo spray il Cenacolo di Leonardo o far squillare il cellulare alla prima della Scala e parlare ad alta voce con il cugino che chiede un consiglio sull’automobile usata da acquistare.

Non si fa, punto, non è immaginabile. E se pure come tifoso del Taranto potete immaginare quanta simpatia provi per il Bari (in Puglia tutti odiano il Bari tranne i baresi: quelli di città, perché spesso lo odiano pure quelli della provincia), in questo momento mi sento vicino agli amici baresi che sanno che la loro squadra si è venduta un derby.
Ci vorrà un bel po’ per smacchiare il Cenacolo da una traccia del genere, sempre che poi ne valga la pena: sospetto che ci siano altre centinaia di giocatori con lo spray in mano pronti a vendersi al miglior offerente.
Quasi quasi me ne vado a vedere ragionieri e odontotecnici nei campetti di periferia. Anzi, vado a giocare con loro, e al limite ci scommettiamo la pizza e la birra a fine partita.

Questo non è un paese per giovani

L’Università di Bari ha un nuovo consulente per l’ufficio stampa. Ha vinto un concorso regolare e quindi ha il diritto di operare per ben rappresentare l’istituto in Italia e all’estero, impegnandosi in un’attività faticosa e stressante ma che richiede competenze accertate. Anche perché il vincitore ha un curriculum di tutto rispetto, anni e anni di esperienza. Si perché ha 78 anni, è pensionato e ne ha fatta di esperienza.

Nella prima versione del bando l’Università aveva posto un requisito che mostra tutta la fiducia che l’Istituto pone nei neolaureati: e cioè 25 anni di iscrizione all’ordine dei giornalisti. 25 anni. Poi devono essersi resi conto di aver esagerato, e hanno eliminato il requisito. A vincere comunque non è stato un neolaureato, come si vede.

Non ci credete? Guardate il collegamento qui sotto, allora.

http://reclutamento.ict.uniba.it/settore2/contratti-di-collaborazione/concorsi/dd-585-10

Io sono iscritto all’ordine dei giornalisti da 7 anni: chissà, fra un ventennio potrei propormi anch’io.