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Little Miss Sunshine

Un nonno erotomane che sniffa cocaina, uno zio intellettuale illustre studioso di Proust cacciato dall’Università perché gay e tentato suicida, un quindicenne che odia il mondo e ha smesso di parlare, una piccola che sogna di diventare Piccola Miss California (La Little Miss Sunshine del titolo), un padre convinto di aver scritto le regole infallibili per il successo e una mamma che tiene disperatamente insieme questa famiglia sgangherata. Sono quesi i protagonisti, solo apparentemente stereotipati, di un viaggio su un vecchio pulmino Wolfswagen che li porterà alle finali nazionali di Miss California, alla scoperta di se stessi e dei veri valori. Una storia non particolarmente originale tenuta insieme da una sceneggiatura strepitosa e una regina sapiente a mescolare i toni della commedia (un paio di scene sono di una comicità strepitosa) con quelli del dramma e della malinconia. Un film straordinariamente americano nella sua capacità di criticare velenosamente un sistema (la filosofia del successo a tutti i costi, la burocrazia insensibile, il mito dell’apparire, la discriminazione degli omosessuali) pur rimanendoci ancorato dentro, con il sano ottimismo dell’America liberal che rompe le regole (scassando il parcheggio dell’Hotel) ma non troppo (il tono ossequioso con il quale il padre si rivolge al vigile che li ferma).
Se amate i Simpsons non potete perderlo.

Programmi penosi

Il messaggio è stato chiaro, e i vari galletti dell’emisfero televisivo dovrebbero riflettere. Leggo infatti che l’Isola dei Morti di Fama è stata vinta da un tizio sudamericano, credo, che se ne è stato un mese da solo in una spiaggia, a non far niente. Non ha vinto prove di abilità, non ha mostrato la sua abilità come pescatore o cacciatore, non ha attratto le simpatia dei compagni di viaggio che l’hanno cacciato subito, non ha fatto un emerito fico secco per vincere, se non la semplice operazione di starsene fuori dalle scatole per un mese, solo, a destare pena. A parte il fatto che proporrei una perizia psichiatrica per tutti quelli che spendono dei soldi per televotare: perchè mai lo fanno? Non si vince niente…Poi mi piacerebbe che per una volta non ci offrisserro percentuali, ma numeri precisi: non mi basta sapere che il 70% ha votato per tizio, voglio sapere quanti sono, 100, 200, 300, questi imbecilli che televotano, e magari vorrei anche i loro nomi, per evitare ogni rapporto professionale o relazionale con loro. In ogni caso questi dementi dei televotatori hanno chiarito che al pubblico piace non chi sa fare qualcosa, ma chi desta pena. E allora mi domando: è una tivù penosa, o peggio ancora, la tivù è la pena? Sì, ma quale colpa stiamo scontando per meritarcela?