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Quanti sono?

3 milioni di persone per i sindacati, duecentomila per la questura.

Sono i dati sulla manifestazione della CGIL di oggi.
Non so se avete notato anche voi come la forbice tra il numero di partecipanti dichiarati dagli organizzatori di manifestazioni e quello invece presunto dalla questura si sta spaventosamente allargando.
Il motivo è semplice. Da una parte ovviamente chi organizza, destra o sinistra, cerca di esagerare per fare bella figura. Dall’altra, i poliziotti calcolano che i manifestanti stiano praticamente a cinque metri uno dall’altro, così, per evitare resse. E poi c’è caldo, che motivo abbiamo di stare così vicini. Allarghiamoci, c’è spazio, facciamo in modo che nessuno si perda ma tanto il primo c’ha la bandierina e gli altri lo possono seguire a debita distanza. Poi dividono la lunghezza dell corteo, e traggono i risultati.
Faccio una proposta ai manifestanti: la prossima volta state davvero a cinque, dieci metri di distanza l’uno dall’altro. Così facendo quando il corteo sarà a Roma la coda starà lasciando Firenze. E nessuno potrà contestare i numeri, visto che praticamente tutto il Lazio sarà occupato.
E pazienza se occorreranno megafoni più potenti: sarà il prezzo da pagare per una cifra esatta sui partecipanti

Manifesto il mio amore

Maledizione com’è tardi, ieri sera ho davvero esagerato ma quel vinello scivolava giù così bene, non mi saziava mai, e poi quel retrogusto frizzante! Sempre la stessa storia, le invito a cena, cerco di far loro bere perché si lascino andare, e poi in effetti quello che ottengo è un “Lasciami andare, adesso. È tardi devo tornare a casa mia”. Contro ogni legge della fisica e della biologia quel vinello sembra essersi depositato tutto sulla mia nuca, ogni volta che provo a muovere la testa le bollicine si agitano e mi esplodono tra gli occhi. Proprio oggi che il capo divisione ha deciso di accompagnarmi all’appuntamento con il più grosso cliente che mi sia capitato negli ultimi mesi, proprio oggi.
Bionda, sensuale, longilinea e provocante, Milly mi sorride come ogni mattina in fondo al viale sotto casa mia, prima che svolti a sinistra e mi incolonni nella lunga fila prima del semaforo. È bella, Milly, con quel suo sguardo felino, aggressiva, audace, tutte le volte che la osservo vorrei portarmela via con me, per sempre, strapparla da quell’angolo in cui se ne sta gioviale e sorridente. Ingrano la prima, la coda sembra muoversi, con uno scatto sulla destra supero un paio di utilitarie sonnolente, supero il semaforo, riacquisto la posizione e balzo di nuovo sulla sinistra per svoltare, in effetti non avrei la precedenza ma prima che quello di fronte se ne possa accorgere sarò già cento metri in là.
Me lo sono lavorato per mesi questo cliente, con visite, demo, telefonate, l’ho persino invitato a cena in ristorante con la scusa di fargli assaggiare la nostra cucina locale. L’assaggio gli è piaciuto eccome, mi ha svuotato la carta di credito aziendale e mi ha fatto litigare con l’ufficio amministrativo. Poi, sul più bello, quando la firma è ormai ad un passo, ecco che quello sbruffone del capo divisione decide che mi accompagnerà dal cliente, lui che non si muove dalla sua scrivania se non per molestare le segretarie con il suo umorismo pecoreccio.
Samantha è più sexy che mai quando la incontro sul lungo rettilineo in discesa, se ne sta addirittura con le gambe aperte incurante della scuola elementare di fronte, l’adoro proprio perché è così sfacciata, così maleducata. Mi sforzo di memorizzarne i lineamenti mediterranei, le forme procaci, devo sforzarmi per ruotare il collo e gustarmi fino all’ultimo il suo sorriso. Ma che fai, idiota, frenare in questo modo è da assassini, per fortuna ho il riflesso giusto, scalo in terza, pedale sul di freno, colpo di volante (benedetto sia l’inventore del servosterzo) ed ecco che mi affianco sulla destra al furgoncino contro il quale stavo per stamparmi e lo supero in agilità.
Ormai non manca molto, riuscirò quasi ad essere puntuale. Ciao carina che sei, non ti avevo notata ieri, devi essere una nuova arrivata, bellino quel pizzo, davvero intrigante, mi piacerebbe tanto essere al suo posto…Che diavolo, quando vorresti fermarti un attimo il semaforo è verde…Pazienza, dolcezza, ci vediamo dopo, tanto non credo che ti scollerai di lì tanto in fretta. Prima seconda terza quarta, progressione fenomenale per una station-wagon, non c’è che dire. Il portatile sobbalza sul sedile posteriore e quasi si capovolge, devo stare più attento, se si rompe addio contratto, addio cliente, addio lavoro.
Ormai sono in dirittura d’arrivo, un paio di curve, un incrocio dove non c’è mai nessuno tranne Jenny, la mia preferita, e sono in ufficio. Sto volando, cavolo se volo, ormai non sento neanche più il mal di testa, ecco Jenny, tesoro come stai, scusami ma ho fretta, certo però che uno sguardo a quel tuo meraviglioso completo intimo in seta nero proprio non te lo posso negare, sei meravigliosa, meravigliosa, così bella, così grande, grande, grande, così da vicino non ti ho mai vista, così eccitante, così vicina a me, sto volando verso di te, perdo il controllo, finisco contro la pubblicità di uno yogurt…

Sipario.

– Mi scuso per il terribile ritardo, non so che dirle. Sono sicuro che saprà perdonarmi quando le proporrò la nostra nuova gamma di servizi ad elevato valore aggiunto che coprono a 360° il mercato…Il mio collega? Oh, ha avuto un contrattempo, non si è potuto presentare in ufficio, a dire il vero non so ancora dove si sia cacciato. Questi giovani! Averla, la loro energia. In ogni caso ho qui una copia del contratto, se vogliamo consultarla insieme…

Siccità a Taranto

Da anni fanalino di coda di quasi tutte le classifiche stilate dai giornali (su economia, ambiente, benessere degli abitanti) la mia povera Taranto si conquista ancora una volta la scena dei telegiornali per un episodio che sembra appartenere ad altri tempi, altri spazi: manca l’acqua.
Io però ancora mi ricordo, da bambino, quando mia madre riempiva la vasca da bagno per le emergenze, perché sapeva che l’acqua sarebbe stata raziocinata. Facevano così tutti, e accumulavano sempre più acqua di quanto non servisse, con il risultato che anziché risparmiare si sprecava. Me lo ricordo quel rispetto quasi sacrale nei confronti dell’acqua (e ancora si beveva acqua del rubinetto, la follia dell’acqua in plastica non era ancora dilagata), mi ricordo i rimproveri quando lasciavo gocciolare il rubinetto o addirittura l’invito ad usare lo scarico solo quando necessario. Altri tempi? Temo di no. Quello non era il passato. Quello è il futuro. Dobbiamo ricominciare a rispettare la fonte della vita. Non dico di non farci la doccia, che mi sembra eccessivo. Ma almeno non facciamola scorrere quando ci facciamo la barba o ci laviamo i denti. E soprattutto consumiamo un po’ meno bibite gassate: servono quantità enormi di acqua per produrle.
E manco tolgono la sete…

Minigonnari e spacchisti

Gli uomini essenzialmente si possono dividere in due categorie: i minigonnari e gli spacchisti. I minigonnari sono coloro che non sanno nascondere il loro compiacimento di fronte ad una donna che indossi una mini. Non importa che le gambe siano affusolate, snelle, dritte, depilate. Per i minigonnari si tratta di elementi accessori: quello che conta è la dimensione di pelle scoperta. I minigonnari sono concreti, realisti, un po’ infantili, hanno bisogno di emozioni forti, hamburger e patatine fritte, film hollywoodiani e fumetti, macchine sportive e birra.
Gli spacchisti, invece, sono gli uomini che vanno in visibilio di fronte alle donne che indossano una gonna con lo spacco. Non importa la dimensione dello spacco, quello che conta per lo spacchista non è il poco che osserva, ma il tanto che immagina. Lo spacchista vive di immaginazione, di sogno, intravvede turbini di piacere indescrivibile dove ci sono pochi centimetri di collant. Lo spacchista ama la letteratura e i tramonti, il vino e la pasta, il cinema europeo e la bicicletta, non vuole emozioni, vuole evocazioni. Siamo fatti così.

PS Per le donne: spacchisti o minigonnari, se volete far colpo su un uomo, dimenticatevi i pantaloni. Sono dei dissuasori mobili per lo sguardo. Forse un giorno l’involuzione porterà ad una sottospecie di jeansari, trogloditi con la coda e i peli sulla fronte. Nel frattempo, compratevi una gonna.

Ecco il colpevole

Dietro un libro c’è la passione, l’intelligenza e il talento di chi lo scrive; ma anche e soprattutto la passione, l’intelligenza e il talento di chi lo pubblica. Perché di scrittori ce ne sono milioni, ma senza editori si resta nel limbo degli aspiranti. E allora eccovi svelato l’incontro di questi due talenti, immortalato l’8 maggio alla fiera del libro di Torino. Quello con l’aria meno intellettuale (a sinistra, ça va sans dire)ovviamente sono io, la maglietta indica il numero di copie vendute dal mio romanzo, l’altro è Raffaele Calafiore, mente e cuore di Nonsoloparole Edizioni. A lui e solo a lui si deve la pubblicazione di “Bello dentro, fuori meno”. Pensate che prima di cominciare a fare l’editore aveva i capelli lunghi che gli cadevano davanti agli occhi e la coda di cavallo. Ah, l’arte…

Buon Natale – 2004

Mina era triste e scoraggiata, quella sera. Aveva fatto un migliaio di chilometri, quel giorno, aveva le ruote le che le fischiavano e un paio di finestrini bloccati, e la ruggine, con quella umidità, non le dava pace. Mina (abbreviazione di Ultimina) era da sempre in coda all’Intercity 565. Sempre in coda, sempre ultima carrozza, spesso non riusciva neanche a entrare in stazione, e i suoi viaggiatori inveivano e sbattevano i pugni contro i suoi vetri perché erano costretti a scendere sulla ghiaia. Sognava di guidare il convoglio e sfrecciare sulle rotaie come Tore, ma il destino con lei non era stato generoso.

Non ce la faceva proprio più. Anche Dino era sempre in fondo, non riusciva mai a scorgere cosa ci fosse oltre la finestra, lui che era il primo gradino della scala si prendeva sempre una sacco di pedate senza mai l’ebbrezza dell’altezza, scorazzato di qua e di là con i suoi compagni di scala dagli operai. Anche per lui era una solita, noiosa serata di lavoro: ormai sperava solo di venire buttato via e diventare legna da ardere. E lavorava anche Gina, l’ultima pagina dell’orario ferroviario, quella più stropicciata, più sgualcita, in coda alle tabelle vere e proprie, la pagina meno consultata, visto che conteneva pubblicità, anche lei, dimenticata sul sedile della sala d’aspetto, non aveva una gran voglia di andare avanti. Ma quella notte accade qualcosa di magico. Mina riuscì a scorgere un gran movimento in stazione, la gente si accalcava per vedere, c’erano delle luci… Un presepe! Anche Dino riuscì a vederlo, nella sua posizione bassa, poteva vedere quelle statuine e quella grotta che gli operai avevano costruito anche con il contributo suo e degli altri gradini della scala. E Gina, lo vide anche lei, fu una fortuna che avessero dimenticato l’orario aperto, così, su quel sedile…Videro la grotta, il bambino, Maria e Giuseppe, i pastori…E quella stella luminosa e meravigliosa che svettava in cielo, con quella bellissima coda di luci. Una voce disse loro: ci sono milioni, miliardi di stelle. Se questa è più importante delle altre, se questa si distingue, se questa è stata un segnale per i Re Magi, è perché aveva dietro una coda, aveva qualcuno che la accompagnava.

A tutti quelli che hanno l’impressione di stare sempre dietro, di essere sempre in coda: Buon Natale.
Le stelle che vi precedono sarebbero puntini anonimi nel firmamento, senza di voi. Auguri.