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Perché ho votato sì (casomai interessasse a qualcuno)

L’ultimo referendum non mi ha entusiasmato. Non che questo strumento mi appassioni più di tanto, ma per esempio ai tempi del referendum sull’acqua pubblica mi sentii particolarmente coinvolto in quello che ritengo essere il bene pubblico per eccellenza, e quel pastrocchio di riforma costituzionale del 2016 mi inorridì al punto di arrivare quasi a fare propaganda pur di fermarla.

Stavolta ho coltivato fino all’ultimo una delle arti che mi riesce meglio, quella del dubbio, e ho deciso di votare sì a pochi giorni dal voto. Siccome non interessa a nessuno il motivo, possiamo pure chiuderla qui caro lettore, e ricordati di leggere “#stodadio – L’enigma di Artolè”.  Se però per qualche strano motivo vedo che stai continuando nella lettura, allora bisogna che dia risposta al tuo coraggio e ti spieghi il perché.

Non ho votato sì per risparmiare, non diciamo corbellerie. Prima di tutto perché si tratta di un risparmio minimo. Poi perché basta una piccola riforma al regolamento delle camere (neanche una vera e propria legge, ma un regolamento, un atto amministrativo insomma) e i prossimi eletti potranno raddoppiarsi lo stipendio mandando all’aria tutti i presunti risparmi. O, più probabilmente, caricheranno costi a destra e sinistra tra consulenze e addetti alle pubbliche relazioni che – già oggi – ci costano molto più che deputati e senatori. E poi, se risparmiare vuol dire tagliare indistintamente, allora chiudiamo gli ospedali, le scuole, vendiamo le strade e lasciamo che i proprietari ci chiedano un fiorino per passare. Quello sì che sarebbe un risparmio (almeno fino a quando le strade non crollano e tocca allo Stato ricostruirle, ma questo è un altro discorso).

Non ho votato sì per dare un segnale alla casta. Anzi, non sopporto nemmeno questa definizione che il fortunato (per loro, per la democrazia è stato una catastrofe) saggio di Stella e Rizzo ha dato del ceto politico. Perché di caste ce ne sono tante, e tutte in diversa misura protette: dagli evasori fiscali ai professori con dieci incarichi tutti ben retribuiti, dai fannulloni sindacalmente garantiti a tutti i numerossisimi “figli di” che popolano questo paese. E poi da sempre l’anti-parlamentarismo è un tratto distintivo dei dittatori.
Se proprio vuoi dare un segnale politico lo fai semmai con il voto, non riducendo la rappresentatività.

Ed ecco che ci avviciniamo però al nocciolo della questione: il Parlamento negli ultimi anni è sempre di più diventato più che una (doverosa) spesa di rappresentatività, una spesa di rappresentanza. Il legame con il territorio che tanto è stato sbandierato dai difensori del NO si è spesso tradotto in invisibili emendamenti, che in un testo che trattava di riforma di pubblico impiego ci infilava una postilla per finanziare la pavimentazione del lungomare di Patonza Inferiore, o il rifinanziamento dell’aeroporto mai inaugurato di Flatulenziano. Ecco, cosa hanno fatto spesso i famosi rappresentanti del popolo, un tristissimo voto di scambio alla luce del sole. Sapete qual è una delle regioni italiane la cui rappresentatività sarà maggiormente ridotta dalla riforma costituzionale? La Calabria. Siete in grado di citarmi il nome di un grande politico calabrese? Tommaso Campanella e Pitagora non valgono, non erano nemmeno politici.

Sto generalizzando, sento lo sguardo corrucciato di voi altri che siete arrivati fin qui, e che magari sul lungomare di Patonza Inferiore avete conosciuto vostra moglie. Però signori ci sono due aspetti sui quali non dico che sono convinto (non lo sono mai), ma almeno ho meno dubbi: primo, il valore salvifico che viene dato alle leggi in Italia è eccessivo (tema complesso, ci dedicherò un post a parte). Non è solo con le leggi che si risolvono i problemi: abbiamo più leggi di tanti altri paesi, ma non meno problemi. Secondo, da decenni il parlamentarismo è in crisi: in aula ci si limita ad approvare i decreti legge del governo, o a creare cornici, i tecnici le chiamano leggi delega, talmente generali da essere imbarazzanti tipo “Governo scrivi una bella legge sullo sport per favore”. E non si tratta di riconoscere che il livello medio di deputati e senatori è calato. Il tema non è quello. Il tema è che il mondo di fuori è mostruosamente più complesso rispetto a quello dei secoli in cui l’idea di parlamento si è formato. Oggi se eleggessimo un premio nobel per la chimica, quello avrebbe di sicuro bisogno di un esperto per capire come scrivere una legge sugli incentivi alle associazioni sportive di ruzzolone, o per la gestione dell’import-export di calzini bianchi. Le leggi si fanno fuori dal parlamento da tantissimo tempo. E non fuori nel senso che c’è un disegno di legge di iniziativa popolare. Magari. No, nel senso che più o meno i politici al governo (non il parlamento che si limita a ratificare) spiegano agli esperti quello che vorrebbero fare, e si affidano alla traduzione in atti che da questi maturano.
Complici anche una serie di leggi elettorali che hanno trasformato i parlamentari in personaggi nominati più che votati, oggi il parlamento è ridotto ad essere una giuria che dà i voti ai virtuosismi sul palco del ministro di turno. E allora non vedo perché una giuria un po’ meno nutrita debba essere considerata un attentato alla democrazia.

Attenzione, la situazione è la stessa anche a livello locale. Consiglieri regionali e comunali sono altrettanto inutili e poco produttivi: sono il sindaco, il presidente della Regione e la giunta a decidere dei nostri destini. Gli altri al massimo decidono dei loro intestini (questa è pessima, lo ammetto).

Chiudo con due note. La prima è rivolta a certi convinti renziani (dissimulano la loro presenza, ma esistono ancora, ve lo giuro) che si sono scoperti difensori della costituzione. Ricordo che la loro riforma portava a 630 gli eletti, giusto 30 più di questa: gli altri 100 senatori infatti sarebbero stati pescati secondo meccanismi di dubbia eleborazione. La seconda mi serve a rispondere a chi sostiene che riducendo i parlamentari ridurremo quelli buoni e ci terremo gli scarti. Non lo so. So che però oltre a 345 eletti in meno, avremo molti, molti meno candidati alle prossime elezioni, meno segreterie, meno portaborse, meno manifesti elettorali (quelli in realtà sono scomparsi da tempo tranne che dalla legge che li vuole gratuiti). Non so se sarà un bene, ma so che vale la pena provarci.

Forza Bodoni!

“I due deputati”, indimenticabile film con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia

Il santino elettorale è un sempreverde della politica italiana che sopravvive alle stagioni, agli spin doctor e alle strategie mediatiche. Quel faccione sorridente e amichevole che dava un tocco di vivacità alle cassette postali, imbottite di bollette e cartoline dei parenti pensionati al soggiorno, al limite popolate semestralmente da qualche Postal Market invadente, quel faccione torna, di tanto in tanto, a riaffacciarsi nelle nostre vite. Sono le elezioni amministrative quelle in cui ha ancora un senso, visto che i nostri illuminati politicanti hanno tolto ogni legame tra elettore ed eletto nelle elezioni politiche, in cui tocca votare un partito come si compra un ovetto Kinder: lo scopriamo dopo se la sorpresa ci piace.

Il faccione però, come tutta la nostra vita del terzo millennio, è a basso costo. Non c’è il fotografo delle prime comunioni a selezionare l’inquadratura di tre quarti che dà autorevolezza, o la camicia sbottonata che fa lavoratore. La foto magari se l’è fatta da solo il candidato con un selfie ritoccato dalla app all’ultimo grido. Quella app che dona al viso delle donne la stessa profondità di un ritratto di Modigliani e agli uomini regala quel colorito brillante e quel capello rinvigorito che temevamo relegato alle troppo poco valorizzate foto per il loculo.

Essendo low-cost la produzione del santino, lo è anche la distribuzione, relegata a bacheche Facebook dove improvvisamente diventano attivi profili che negli ultimi cinque anni hanno pubblicato una foto con il tricolore francese per il Je suis Charlie, messo qualche mi piace alla foto del cane che fa il bagno e al massimo hanno segnalato di aver raggiunto interessantissimi punteggi a videogiochi di discutibile spessore morale.

Nessun manifesto sulle decine di tabelloni elettorali, autentici monumenti allo spreco italico, nessuna distribuzione porta a porta, che grazie al forzuto ministro dell’interno se suoni per distribuirne uno l’onesto cittadino può spararti in fronte e invocare la legittima difesa. Il santino è liquido, fluttua nel mondo virtuale riproducendosi con la insostenibile pesantezza dei byte, senza un minimo di targettizzazione. Se i nostri genitori ricevevano il santino dai candidati nel loro Comune, su Facebook troviamo quelli di enti locali la cui esistenza dobbiamo verificare dopo una ricerca su Google.

Per non parlare del più increscioso dramma del santino virtuale: non si capisce mai con chi ci si candida. L’aspirante eletto oggi si vergogna di dichiarare di essere di destra, sinistra o centro. Quel tranquillizzante scudo crociato, quelle vigorose falci e martelli, quegli eleganti garofani che subito ti facevano capire che il lattaio era un nostalgico del ventennio – come avevi sempre sospettato – e che il sacrestano si era fatto in quattro per la sagra parrocchiale con una poltrona nel mirino, sono ormai residui di un’epoca passata.

Oggi una massa informe di colori accesi e loghi insignificanti, frutto di grafici e comunicatori che non hanno mai studiato grafica e comunicazione, ci ricopre di dubbi. E se almeno una volta qualche indizio potevi recuperarlo, e pensare che “sicura” fosse un aggettivo di destra e “solidale” uno di sinistra, ora tutto questo non c’è più. Insieme, civico, futuro, nuovo, aperto, libero. Il minestrone di etichette appiccicate al santino sembra prodotto da un algoritmo di terza categoria. E a noi popolo non ci resta che votare quello con il font che ci convince di più.

Giù le mani dalle matite!

Il ministero dell’interno è intervenuto con mano ferma e volontà indomita nella lotta agli sprechi. Gli alfieri ministeriali hanno infatti fatto pervenire tramite una circolare precise indicazioni: la Repubblica  non tollererà oltre il pervicace malcostume che porta, in occasione delle elezioni, alla riconsegna di un numero di matite copiative inferiore a quelle consegnate. Mai più! Si estirpi all’origine questo turpe vizio dalla sana pianta italica. Vigilino dunque le prefetture affinché i presidenti di seggio non si arricchiscano indebitamente tornando a casa con le tasche piene delle matite copiative sottratte al popolo italiano!

Ma la coraggiosa circolare non si ferma qui. Un altro colpo viene infatti sagacemente inferto alla mollezza di chi sperpera le risorse della nazione: d’ora in poi le scatole di cartone adibite ad urna e utilizzate per la raccolta dei voti saranno a carico degli enti locali. Ah! E vedremo, dunque, se continueranno le indegne ruberie di scatole di cartone! W Angelino, W l’Italia, W la spending review.

Domanda impertinente: quante matite copiative si comprano con un Rolex d’oro?
Domanda ancora più impertinente: dovremo abituarci all’idea di sostituire le bandiere presso gli edifici pubblici con più economiche, ancorché meno visibili, bandierine da aperitivo? E per la foto del Presidente della Repubblica nell’ufficio del sindaco, una fotocopia non adempierà forse più che dignitosamente alla funzione?

Elezioni amministrative, il giorno dopo i conti non tornano

calcolatriceVinciamo poi!

– Ancora una straordinaria affermazione del Movimento! Vinciamo noi!
– Abbiamo preso Roma, capo?
– No.
– Treviso?
– No.
– Governiamo Brescia?
– No.
– Lodi? Siena? Barletta? E che cacchio, almeno Barletta? Non dico una Bari intera, ma almeno una Barletta?
– No.
– Ah.
– Assemini. Abbiamo preso Assemini.
– E ‘sti capperi, capo. Con rispetto parlando, dove minchia rimane Assemini?
– In Sardegna, imbecille! Ma non solo. Anche Pomezia è pentastellata.
– E il resto chi l’ha preso, capo? Il resto di Mezia, intendo.
– Pomezia, Pomezia, una parola sola! Ma dico io, certe volte mi sembri un troll del PD.
– Scusami capo. Vinciamo poi, capo.
– La scatola di tonno è vuota! È vuota, capisci.
– Tranquillo capo. T’ho preso il manzotin. Vinciamo poi, capo.

Dove abbiamo sbagliato?

– Dove abbiamo sbagliato, dove? Buuuh…
– Premier, non faccia così…
– I dati sono confermati?
– Confermati.
– 15 a 0?
– 16.
– Buuuh… E adesso chi lo dice a zio?
– Su, premier, si faccia coraggio. Bisogna affrontare con lucidità le ragioni della vittoria.
– Ma perché, perché continuano a votarci? Cosa possiamo fare di più, cosa? Abbiamo ridicolizzato Prodi..
– Vero, premier, vero…
– Rifiutato malamente Rodotà…
– Vero, premier, vero…
– Risuscitato Berlusconi…
– Parole sante.
– Un solo provvedimento abbiamo fatto, e l’ha voluto lui: rimandare l’IMU!
– Lei non ha colpe, premier, è che a livello locale…
– A livello locale cosa, cosa? A Bologna ci siamo schierati contro la scuola pubblica al fianco di clericofascisti e baciapile, a Siena ormai circolano solo i soldi del monopoli, abbiamo mandato Renzi da Amici!
– Ecco, forse bisognerebbe accelerare su Renzi. Lui può davvero far ripartire il centrodestra.
– Ma non lo so…E’ sempre in tivù, si canta e c’è lui, si gioca a pallone e c’è lui, stiamo preparando anche una puntata speciale dell’Albero Viola in cui dibatte di trasparenza con Dodò…Che possiamo fare di più? Zio ha chiamato?
– No, non ancora. Comunque il problema è che votare è gratis. E a quelli di sinistra piacciono i servizi pubblici gratuiti.
– A quelli di sinistra forse, ma a quelli che votano per noi? E poi le primarie le abbiamo fatte a pagamento, e sono venuti lo stesso in milioni, quei bischeri. Che devo fare? Invadere l’Abissinia? Mi dia almeno una buona notizia. La Sicilia, la Sicilia non ci ha tradito?
– Siamo in vantaggio ovunque. E abbiamo vinto al primo turno a Catania, premier.
– A Catania? Dove c’abbiamo messo un ex-ministro repubblicano di D’Alema che ha fatto il sindaco già quattro volte e cambia partito ogni sei mesi? Nemmeno là hanno vinto quei buoni a nulla dei grillini?
– Niente, premier, niente. A Pomezia però è andata bene: abbiamo candidato un ex di Alleanza Nazionale e Forza Italia, e lì il Movimento 5 Stelle ha vinto.
– Ma sì, Pomezia può essere un laboratorio. Lo dicevo io che dovevamo candidare Angelino alla segreteria del PD! Ma adesso mi sente, però Eccome se mi sente! Prima però mi chiami Veltroni, e gli dica di portarsi dietro una mappa dell’Africa. Dove cacchio è l’Abissinia? Dice che c’arriviamo in diciotto mesi?

La mia pancia e il movimento vaffa*****

[—–Inizio satira———–]

Ho avuto un dialogo interiore tra una parte di me, nei dintorni della pancia, che si sente sedotta dal Movimento 5 Stelle, e quella posta più in alto in mezzo al cranio che invece crede ancora nella sinistra. Tranquilli, non ho personalità multiple. Solo mi faccio delle domande. Ecco le trascrizioni del mio monologo interno.

  •  Siete morti! Arrendetevi! Democrazia diretta!
  • Va bene, d’accordo, ho colto il messaggio. Ma a proposito di democrazia, chi ha eletto Grillo capo del Movimento 5 Stelle?
  • Vaffa*****! Grillo non è il capo, è solo un portavoce!
  • Sì ma porta solo la sua di voce… lo sai che la legge elettorale 270/2005, la cosiddetta “porcellum”, prevede che le forze politiche depositino prima delle elezioni il nome del capo? E sai che questo capo è Grillo?
  • Vaffa*****! Sei un troll del PD! Sei un troll dei PD! Arrenditi! Tutti a casa! Vogliamo la trasparenza assoluta!
  • Va bene, trasparenza sia allora. Sai che quando Visco pubblicò nel 2008 le dichiarazioni dei redditi di tutti gli italiani Grillo gridò che era un comportamento che violava i dati sensibili della privacy e favoriva la mafia? A parte il fatto che i dati sensibili sono quelli che riguardano la salute o l’orientamente politico e religioso, perché la trasparenza deve valere solo per alcuni?
  • Vaffa*****! Ci vediamo in parlamento! Sarà un piacere! Vi apriamo come una scatola di tonno! Non si pignora la prima casa!
  • Va bene. E cosa offri come garanzia ad una banca? Guarda che nessuno ti costringe a chiedere un mutuo. Però se vuoi i soldi chi te li presta non è obbligato a farlo se non si sente “garantito”. Preferisci un tasso di interesse del 25%?
  • Morto che parla! Morto che parla! Reddito di cittadinanza, 1000 € per tutti i disoccupati! A casa i fannulloni pubblici! Tutti a casa! Vaffa*****!
  • Su questo siamo d’accordo e sai perchè? Considerando che un impiegato pubblico di fascia media guadagna circa 1100 € al mese, credo che rimarranno volentieri tutti a casa se per solo 100 € di differenza consentite loro di non lavorare più e di non farsi insultare quotidianamente.
  • Sarà un piacere! Troll del PD! Troll del PD! AAArghh! Wi-fi per tutti! Libero!
  • Lo sai vero che la tecnologia wi-fi ha bisogno di antenne e ripetitori? Qualcuno te l’ha spiegato? Vogliamo ricoprire l’Italia di ulteriori ripetitori da Alicudi alle colline senesi, dal Monviso alle Tremiti? Non bastano quelle che abbiamo? E la corrente per alimentare tutto questo? Non sarebbe il caso prima di migliorare i cavi che già abbiamo, sostituire le vecchie centraline, migliorare il nostro fabbisogno energetico riducendo gli sprechi? Non credi che sia importante garantire agli italiani il collegamento alla rete fognaria prima che alla rete Internet?
  • Vaffa*****! Arrenditi, sei morto, sei un fantasma, appartieni alla storia! Nuove tecnologie! Nuove tecnologie!
  • Si, come la palla con i sassolini dentro che doveva sostituire i detersivi? Ma cambiamo argomento. Partiamo dal fatto che anche a me piacerebbe che tutti avessero accesso a Internet gratis e un reddito minimo per sopravvivere. Dove li prendi i soldi?
  • Lotta all’evasione, troll, non lo capisci? AAARGHH! Sei morto! Tutti a casa! Voteremo solo i provvedimenti nel programma.
  • E come la combatti l’evasione se non ti limiti a riorganizzare, ma vuoi proprio chiudere lo strumento di riscossione dei tributi più odiato dagli evasori, e cioè Equitalia?
  • Vaffa*****! Ci vediamo in parlamento! Cancelliamo le province.
  • D’accordo. Lo sai però che alle province sono collegati altri enti quali prefetture, centri per l’impiego, motorizzazione? Io sono d’accordo con la chiusura, ma tu sei pronto a farti 150 km per rinnovare la patente, iscriverti al collocamento o richiedere un passaporto?
  • Vaffa*****! Vaffa*****! Arrenditi! AAAARGHH! Sei un fantasma, non lo capisci? Voteremo solo i provvedimenti nel programma. Tagliamo i costi della politica! Morto che parla!  Morto che parla!
  • Ancora una volta un punto in comune. Tagliamo questi costi. Sono d’accordo sui tagli in parlamento e alle regioni. Vogliamo però garantire almeno un minimo stipendio (ridotto rispetto ad ora) a chi decide di dedicarsi a tempo pieno alla vita pubblica facendo il sindaco o l’assessore? O la politica devono farla solo i disoccupati e i ricchi? E poi ti rendi conto che queste elezioni ci sono costate quasi mezzo miliardo, e che rischiamo di tornare a votare fra tre mesi con la stessa legge elettorale perché voi grillini non avete capito che senza fiducia non si possono votare “solo i provvedimenti nel nostro programma”?
  • Noi non siamo grillini! Siamo attivisti del movimento 5 Stelle, vaffa*****!
  • Spiegami: voi potete chiamare i vostri avversari politici Gargamella, Rigor Montis e Psiconano, potete chiamare il Partito Democratico PD-meno elle per non dire degli epiteti omofobi che alcuni dei vostri hanno rivolto a Vendola, ma poi vi offendete se gli altri vi chiamano grillini?
  • Tanto non ce n’è più per nessuno, vaffa*****! AAARGHH! Noi siamo coerenti! Noi non cambiamo mai idea! Ci avete insultati e poi ci cercate?
  • Coerenti? Voi? Ma qualcuno te l’ha detto che Grillo quando cominciò ad occuparsi di politica affermò che non gli interessava il parlamento, perché il movimento voleva occuparsi da vicino dei problemi dei cittadini, e farlo dentro le istituzioni locali? E non ricordi forse che 4 anni fa si candidò alla segreteria del PD perché voleva rifondare la sinistra?
  • Morto che parla! Voteremo solo i provvedimenti nel programma. Vaffa*****! Non ce n’è per nessuno!

Forse sul serio non ce n’è per nessuo. Se non altro, adesso è chiaro a cosa servono le 5 stelle: vaffa*****!
A questo punto m’è venuta fame, e la parte sedotta da M5S ha deciso che non voleva più sentire parlare di politica che aveva cose più serie di cui occuparsi. Da allora non l’ho sentita più.

[—–Fine satira———–]

grilloAdesso faccio outing sinceramente. Alla fine degli anni novanta ero un grande fan di Beppe Grillo. Quando i comici si limitavano alla satira politica, lui capì che il cuore del sistema era l’economia. Gli spettacoli di allora sono tutt’ora memorabili, alcuni anticiparono gli eventi (Parmalat vi dice nulla?). Ricordo ancora l’amarezza di quando acquistai un biglietto al Made in Bo per un suo spettacolo, poi annullato per la pioggia (primi anni 2000). Poi però decise di cambiare mestiere, ha smesso di ridere e far ridere, e il resto della storia la conoscete. Non solo. Alle elezioni comunali del 2011 ho votato per Merola sindaco (il classico minore dei mali, ma che delusione!) e per il Movimento 5 Stelle al consiglio comunale. Perché si candidava una persona, Marco Piazza, che ritengo capace, onesta e intelligente. Oltre che essere un mio amico da tanti anni. Oltre che essere uno da cui non ho mai sentito un vaffa***** da quando ci conosciamo, e saranno una quindicina d’anni, nemmeno dopo un pestone sulla caviglia durante una partita di calcio. Non solo non mi pento di quel voto, ma lo rifarei, perché credo che Marco stia operando bene, in questi giorni di chiacchiere sterili è l’unico che sta denunciando il dramma dei profughi sbattuti per strada. Certo non ho condiviso l’epurazione di Federica Salsi, un’altra persona che in consiglio comunale sta facendo del suo meglio, e qui torniamo ai vaffa****** del capo.
Il problema è che di Marco Piazza, nel  Movimento 5 Stelle, ne vedo pochi.

Torniamo a votare a giugno, che è meglio. Sarà questo ossessivo parlare di morti, ma io vedo solo grandi cimiteri sotto la luna.

Sanremo, il papa e le elezioni. Troppa roba

Mengoni, Modà e Annalisa in testa a Sanremo? Capperi, se alle politiche si votasse con il televoto avremmo i Gormiti al governo…

È impossibile con gli strumenti tecnici impedire gli abusi durante la pratica del voto (Sanremo). Io lo scriverei anche nella cabina elettorale.

Quella di Mengoni non è un un’acconciatura ricercata. È che è arrivato a Sanremo con un volo Carpatian Air

Il papa si dimette. Il guaio è che in Vaticano non gli hanno mai versato i contributi. Un altro esodato…

Grave violazione della par condicio. Il Cagliari ha osato fare goal al Milan in piena campagna elettorale.

In momenti di tensione e domande inevase come questi si avverte la necessità di una puntata di Voyager che spieghi come dietro le dimissioni del Papa si celi un complotto dei Templari che dopo essersi nascosti nell’Area 51 ritornano coperti dai servizi segreti moldavi. E Nostradamus aveva già previsto tutto.

Berlusconi odia l’Imu perché non è ancora riuscito a trasferire la Sardegna alle Cayman.

Al Milan non lo dicono, ma nel contratto di Balotelli c’é una clausola che dice che se Berlusconi non vince le elezioni lo danno in prestito alla Pro Patria.

Il bello di non avere un euro da parte è che non hai un euro da parte in Monte dei Paschi.

Il vero problema della politica italiana sono gli elettori impresentabili.

Dicono che Clooney abbia fatto un lifting allo scroto talmente efficace che gli ha risolto anche il problema del doppio mento

Prima ancora che per i falli Mexes andrebbe espulso per l’acconciatura

Ti fai un mazzo così per darti un tono da giornalista di qualità, e cosa ottieni?  La rete ti taglia il programma per gli scarsi ascolti, tuo marito fa il mentore di Renzi e si fa trombare alle primarie, e tutto mentre tua sorella batte ogni record di vendite pubblicando ricette su come friggere le uova in padella.
Coraggio Cristina, passerà.