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L’opera struggente di un formidabile genio

Questo romanzo fa cagare. Ecco. L’ho detto. Natale è passato, possiamo anche essere un po’ meno buoni e dire le cose come stanno. Certo avrei potuto dire semplicemente che non mi è piaciuto, che è troppo lento, che le divagazioni stancano, sono poco interessanti e manifestano solo il delirio egocentrico dell’autore, che si identifica nel protagonista essendo il romanzo autobiografico. Ma non basta, perchè questo è vero di tanti romanzi, ma non tutti riportano in copertina la frase “Grande, grande scrittura. Un libro che non lascia scampo ” (a proposito, chi è il Wallace che ha dato questo commento? Devo scoprirlo).

Lo spunto di partenza è drammatico e interessante: tre fratelli e una sorella si ritrovano in pochi mesi la vita sconvolta dalla scomparsa per cancro dei due genitori. Le poche pagine non dico belle ma almeno di una qualche dignità letteraria sono proprio quelle dedicate agli ultimi giorni della madre dell’autore. L’autore e il fratello minore chiudono allora i ponti con Chicago, la loro città natale, e si trasferiscono in California.

E poi non succede più niente, perché per centinaia e centinaia di pagine è solo il continuo vaniloquio del protagonista che schiaccia gli altri personaggi, li riduce a macchiette quando non a semplici spalle del “formidabile genio”, uno che ci ammorba con discorsi insulsi che non conclude mai e con una scrittura che dovrebbe far ridere tutte le volte che ripete il turpiloquio in maniera ossessiva ma che già la terza volta stanca. Ho fatto una fatica indicibile a terminare questo romanzo, ma ci tenevo a farlo perché prima di stroncare un’opera bisogna essere sicuri che davvero non ci sia, su 369 pagine, almeno una frase degna di nota. E non c’è, ve lo assicuro. A parte il titolo, che è veramente bello, e che riesce a battere persino “La solitudine dei numeri primi” per contrasto tra un titolo promettente e una storia fiacca e deludente.

Il lettino da campeggio

I genitori sono chiamati ad alcuni difficili e straordinarie prove.
Una delle più delicate riguarda il giovane papà, e si manifesta di fronte alle prime vacanze con il cucciolo.
Si tratta di un’esperienza dura che segna molti e riduce l’autostmia di tanti altri, fino a far domandare loro se sono in grado di essere buoni genitori. Mi riferisco al montaggio del lettino da campeggio.
Si tratta di una diavoleria mostruosa inventata da qualche genio del male che ha avuto sicuramente un’infanzia terribile. Esiste in colori, forme e marche diverse, ma la sostanza è sempre quella: quattro assi devono sbloccarsi contemporaneamente e irrigidirsi sostenendo una struttura su cui poi si innesta un piccolo materasso.
Facile a dirsi.
Basta una frazione di un millisecondo, una distrazione, un rallentamento nella respirazione con il diaframma dell’addetto al montaggio e il magico click blocca solo tre assi. Il quarto resta floscio e mette a repentaglio la stabilità del sistema e l’esistenza in vita del piccolo ospite.
Tre assi alla volta, e non sempre le stesse. (continua…)