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O i punti, o i soldi

Le raccolte punti sono strumenti di promozione semplici. Compri un prodotto, raccogli un punto. Quando ne avrai tanti o tantissimi, per premiare la tua fedeltà, ti farò un regalo, che io sia il produttore di una merce o il gestore di un negozio.

La mia generazione è cresciuta con la tazza del Mulino Bianco, la tovaglia del Mulino Bianco, i piatti del Mulino Bianco, la radio a forma di Mulino Bianco, il Mulino che si apriva e conteneva la cancelleria. Si è capito insomma quali erano i biscotti che andavano per la maggiore negli anni Ottanta. 

Il funzionamento era quasi infantile: compravi merendine, raccoglievi punti, ricevevi un regalo, lo mostravi agli amici per dimostrare di essere degno di inclusione nel loro clan. Purtroppo però i sistemi semplici negli anni tendono a corrompersi.

I punti da ritagliare sono stati sostituiti da strani codici da utilizzare online: i cambio di una quantità impressionante di tuoi dati personali, puoi ricevere un messaggio che ti dice che non hai vinto. Capite che il meccanismo è corrotto, qui siamo alla lotteria, non all’onesta raccolta punti. Oppure, peggio ancora, puoi avere accesso a una app che ti propone giochi talmente scarsi da metterti nostalgia del tuo vecchio Sinclair ZX Spectrum. 

Sul fronte delle catene di grande distribuzione, la tecnologia ha dapprima sostituito forbici e colla alla raccolta con schedine di plastica che tracciano tutti i nostri acquisti e ci restituiscono dei punti. Bene. Almeno si dà fine al dramma di aver smarrito la busta che raccoglieva tutti i ritagli, nascosta nella credenza o nel ripiano alto della libreria.

Poi però qualche genio deve essersi reso conto che in questo modo stava uccidendo un mercato che prosperava da decenni: quello dello scambio di punti. Nonne che compravano prodotti fatali per il loro diabete solo per consegnare i punti al nipotino, si sono viste ignobilmente tagliate fuori da quel mercimonio di affetti. Colleghe che barattavano ferie e turni domenicali in cambio di una manciata di punti, improvvisamente si sono viste private di quella contrattazione sindacale alternativa.

Che fare, allora, si sono detti i cervelloni del marketing? Semplice. Reintroduciamo i punti, con l’unica accortezza di rendere i bollini adesivi, che quando arrivavano quei fogli appiccicaticci in sede centrale venivano accolti con lo stesso entusiasmo riservato all’antrace o ai proiettili in busta. Concediamoli come un bene prezioso: signora, li vuole i bollini? Ci tiene davvero? No perché al direttore non va bene che li prende e poi li passa a quello dietro, eh?

E poi, il capolavoro finale. I bollini servono a ricevere prodotti insulsi, assolutamente inutili per la quotidianità di una famiglia media, come le tazze avvolte dalla gomma disegnate dal designer giapponese, o i bicchieri che se attraversati dalla luce solare generano effetti che neanche tre canne ma di quelle buone. Non solo: rifiliamo queste rimanenze di magazzino ai clienti, e gliele facciamo pure pagare!

Devo dire che poi, nella scelta di questi prodotti, si intravvede un maschilismo un po’ becero visto che sembra che il loro destinatario finale sia sempre e sola la casalinga uscita fuori da un fotoromanzo anni Cinquanta.

Vuoi l’insalatiera in cristallo che non ci sta in frigo né in lavastoviglie e conserverai per sempre imballata sulla vetrinetta del soggiorno? Paga! Vuoi il roast beef set stiloso da depositare in cima al mobile più inaccessibile della cucina e lasciare consegnare in discarica alle future generazioni? Paga! Oltre tutto si chiama “I love cooking” anche se in verità sappiamo bene che in casa tua amate talmente cucinare che il momento più bello della settimana è quando chiamate la pizzeria d’asporto per ordinare. 

A tutto questo diciamo basta. Basta ai bicchieri colorati, alle insalatiere smaltate e ai rost beaf set acquistati con pochi bollini e un mucchio di soldi. Ci sono modi più dignitosi di usare il denaro, per esempio con il gratta e vinci, procurandosi pillole per la ricrescita dei capelli o acquistando criptovalute da usare per comprare file digitali unici perché garantiti da un NFT su una block-chain (se non avete capito nulla dell’ultimo passaggio meglio così, ma non prestate la vostra carta di credito a vostro figlio).

Se sarò costretto fonderò un partito che ha solo due punti in programma: abolizione delle raccolte punti che chiedono soldi, introduzione nella parità di genere nei regali. Basta portafiori, piatti e caraffe, vogliamo in regalo schede sd, fumetti e biglietti per lo stadio. Eccheccacchio.

 

La saracinesca che non si rialza

macelleriaOggi ho visto un cartello affisso su una saracinesca non molto distante da casa mia. La macelleria cessa l’attività, e ringrazia i clienti che l’hanno accompagnata per 64 anni. Fino al giorno prima, aggiungerei io, perché la macelleria di clienti ne aveva tanti e più che un di un tramonto malinconico, come per certe salumerie che non riescono a reggere la concorrenza e si svuotano lentamente, si è trattato di un epilogo brusco. Ovviamente non ne conosco le ragioni, e nemmeno ho voglia di intraprendere un’analisi come se ne leggono tante in giro, e che vorrebbero convincerci che è meglio così. La grande distribuzione, rispetto al negozio di quartiere, ottimizza i costi e le risorse, perché è più facilmente raggiungibile da fornitori e clienti, offre orari di accesso più ampi (sino alla follia dei supermercati aperti tutta la notte), permette maggiore scelta, favorisce la concorrenza, eccetera eccetera. Per fortuna oggi le donne lavorano più frequentemente di trent’anni fa, e quindi le famiglie preferiscono la spesa settimanale.

Ora, io credo che questi discorsi possono valere sulla vendita tout-court, ma non su negozi che contemplano anche un servizio. In altre parole, posso capire che tu mi dica che la vendita di un chilo di zucchero sia più efficiente in un ipermercato. Ma il taglio della carne, la sua scelta, la sua lavorazione, richiede competenze e professionalità: un po’ come la capacità di scelta e consiglio di un libro, che i vecchi librai avevano e che le difficilmente le recensioni online sostituiranno. Però il danno sul tessuto sociale rimane. Nessuna scheda raccogli punti conoscerà il cliente come li conosceva quel macellaio. E soprattutto questo non è un articolo scritto con la testa, è un articolo scritto con il cuore.

Il cuore di chi da bambino, a sei o sette anni, veniva mandato dalla mamma alla salumeria sotto casa, una di quelle con il bancone con i formaggi, la macchina per tagliare gli affettati sul retro, un po’ di frutta nelle cassette e i detersivi nell’angolo a destra, accanto ai biscotti. Per non parlare dell’espositore che conteneva le patatine fritte con le sorprese dentro, poste strategicamente alla mia altezza, sulla parete laterale. C’era di tutto, in quei posti, e io potevo comprare un chilo di fagiolini ma solo se sono quelli buoni “senza filo”, oppure un pacco di fette biscottate, o un litro di latte “della centrale” (beati anni in cui esistevano le centrali del latte, prima dell’invasione del marketing). E certe volte capitava che nel percorso di una trentina di metri mi dimenticassi qualcosa o peggio ancora pasticciassi con i ricordi (non ho mai voluto scrivermi la lista della spesa, quella è stata una fregatura arrivata vent’anni dopo) per cui chiedessi per esempio un chilo di sedano, che l’orecchio attento del salumiere mi invitava a verificare prima con mamma. E capitava ovviamente anche di andare a comprare il bagno schiuma alla “Casa del detersivo” (all’eucalipto: negli anni ottanta le famiglie per bene avevano tutte il bagno schiuma verde all’eucalipto), oppure due bottiglie di birra alla vendita all’ingrosso (con il vuoto a rendere, per cui gli restituivi le bottiglie scolate, altro che campane verdi). E andavo anche alla pescheria a chiedere se aveva degli avanzi per il gatto, oppure in macelleria per il macinato per le polpette e due fettine di carne però tenere, eh, che quelle dell’altra volta erano dure come suole (il commento lo aggiungeva mia madre, io facevo solo da ambasciatore). Se rinascessi oggi, non ritroverei quei negozi vicino casa in Puglia: a parte la pescheria che sopravvive, gli altri non ci sono più. E non ce ne sono più tanti negozi nemmeno qui a Bologna, dove mi raccontano che per queste strade una volta la mattina era tutto un via vai di persone, buongiorno signora le ho tenuto da parte il latte, oggi ho una mortadella profumata buonissima, guardate queste mele che bellezza. Sarà anche un bene per il circuito economico, che tutto ciò non ci sia più. Però non so dove mandare mia figlia per farle fare due passi sotto casa, e questo mi rattrista. Perché l’ho scritto, questo non è un articolo scritto con la testa, è un articolo scritto con il cuore, e certe volte il cuore si rabbuia senza avvisarci.