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Uomini e donne: non sono io quel Carmine

Il 7 aprile, intorno alle 13, il mio sitarello ha vissuto un momento di gloria inattesa.
Migliaia di visite, connessioni impazzite.
Che qualcuno abbia finamente scoperto questo scrittore minore? Una recensione eccezionale? Un servizio giornalisticio dedicato a Bologna l’oscura? Niente di tutto ciò. Un mio omonimo, un concorrente di Uomini e Donne (non so se tronista o sgabellista) deve averla fatta grossa in trasmissione.
Risultato: migliaia di persone che cercano “Carmine” su Google e finiscono su www.carminecaputo.com. Il mio sitarello. Già immagino la delusione: che cos’è sta roba? Uno scrittore?
O mamma mia che schifo chiudi subito prima che ci venga un virus…

La febbre del sabato sera

La maggior parte dei musical nascono già per essere interpretati in teatro: Grease o Jesus Christ Superstar, per esempio.

Altri, invece, sono storie scritte apposta per sfruttare delle canzoni di successo, come l’attuale Mamma mia, che sta

avendo successo in questi tempi a Broadway e che è costruito sulle canzoni degli Abba, o la Febbre del sabato sera, che ho

visto ieri al Teatro Auditorium di Bologna. La differenza principale è che nel primo caso è indispensabile capire quel che

dicono,perché la storia si sviluppa nei testi delle canzoni, nel secondo no. Ebbene, benché i veri musical siano i primi,

mentre dei secondi si può al massimo dire che sono buone trovate commerciali, questi ultimi hanno il grosso vantaggio di

poter essere prodotti in vari paese: traduci le parti in prosa, e lasci le canzoni originali. Il pubblico capisce la

storia e tu non sei costretto ad abominevoli e ridicole traduzioni come nel caso del pietoso Grease in italiano.
Tutta questa lunga premessa per dire che nella Febbre del sabato sera le canzoni dei Bee Gees, di James Brown e degli

altri protagonisti di quegli anni sono lasciate nella loro versione originale e ben interpretate, traducendo solo i

dialoghi. Il risultato è buono dal punto di vista scenografico, ottimo per le coreografie; peccato però che gli attori

cantino su basi e non accompagnati dal vivo, una caduta di gusto imperdonabile. Non manca il personaggio televisivo,

Stefano Masciarelli, simpatico anche se occupa un po’ troppo la scena a discapito dei veri protagonisti Simone Di Pasquale e Hoara Borselli. Insopportabili

invece i riferimenti al programma Ballando sotto le stelle, di cui lo stesso Masciarelli e il protagonista sono stati

interpreti; va bene una volta, ma se si esagera si perde l’immersione nella storia. Bellissima Hoara Berselli, anche se

per fare un musical bisognerebbe saper cantare. In conclusione, se volete risentire un po’ di musica anni settanta, con

belle danze, non perdetevelo, un paio d’ore di divertimento sono assicurate. Se invece avete amato l’originale e cercate

riflessi di Brooklin o momenti di John Travolta, lasciate perdere: qui siamo a Trastevere, e oltre il ponte non c’è

Manhatthan…

Una straordinaria recensione di Sanremo

Quella che sto per scrivere è una straordinaria recensione sul Festival di Sanremo.
A Sanremo arriva Bonolis e con lui i grandi ascolti, pare che infatti qualche centinaia di famiglie campione dell’Auditel abbiano seguito la prima puntata. Il conduttore giogioneggia tra le due donne che lo accompagnano, una sorta di Gianni e Pinotto in (mini)gonnella chiamate evidentemente più per dare sfogo all’umorismo pecoreccio del Paolo nazionale che per le loro doti, destinate a essere ridicolizzate come spesso capita a chi circonda il presentatore romano. E le canzoni? Quelle latitano, come al solito, sono più un noioso rallentamento del ritmo tra uno sketch e l’altro, tra un Francesco Renga che ammicca e fa rimpiangere i bei tempi dei Timoria (ricordate la meravigliosa “L’uomo che ride”? Mamma mia. E il guaio è che questo Renga vincerà..), tanti semi famosi che lottano per emergere e i soliti ex-famosi dimenticati scartati da Music Farm. Un Sanremo leggero leggero, allora? Non del tutto, perché Bonolis ha capito che gli spazi stile “Il senso della vita” non solo gli danno spessore morale ma fanno anche audience, e li porta quindi sulla riviera ligure.
Cos’ha di straordinario questa recensione?
Semplice. Non ho visto neanche cinque minuti del Festival, nè penso di dedicargli molto tempo nelle prossime serate, ma ogni tanto mi piace fare il tuttologo che parla a vanvera…