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Scarsi e perdenti

Gli scarsi sono i membri di una squadra che proprio non riescono a svolgere decentemente un’attività. Non sono capaci, lo sanno, e lo sanni gli altri.
Per usare nella metafora calcistica, sono quelli incapaci di stoppare la palla, giocarla, fare un passaggio. Li piazzi in difesa, invitandoli a infastidire l’avversario muovendosi e cercando di colpire il pallone e mandarlo lontano. Non sono dannosi, gli scarsi: presto il gruppo si adegua alle loro caratteristiche ed evita i contraccolpi generati dal loro modo di fare. Il vero problema del gruppo non sono gli scarsi, sono i perdenti.
I perdenti sono coloro con i quali sistematicamente si perde, nel lavoro come nello sport o nella vita. Hanno letto un libro nella vita, e lo citano continuamente; hanno partecipato ad un corso di due ore di qualcosa, e si sentono ormai esperti della materia; hanno cioè quel minimo assoluto di competenza sufficiente a farli sentire sicuri di sé, e a fare danni. I perdenti sono quelli che di solito pretendono di fare i centravanti, si fanno passare decine di palloni (e se non gliela passi se la prendono da soli) e li mandano sempre, inevitabilmente fuori.
Ci sono perdenti e scarsi ovunque: per fare un esempio la Arcuri è una scarsa, ma non fa danni, nessuno si aspetta che reciti nei suoi film, fa parte della scenografia; la Bellucci invece è perdente, perché pretende di partecipare a film seri, e li rovina. Ce ne sono tanti anche in politica, in letteratura. L’importante è imparare a distinguere: abbracciare gli scarsi perché in fondo lo siamo un po’ tutti in qualche settore, e tenere alla larga i perdenti che ci trascinano a fondo con la loro boria

Ciao ciao 2004, non ci mancherai

Caro 2004,
non sei stato un anno particolarmente fortunato. La guerra in Iraq, le tempeste tropicali, i conflitti mai sopiti in Africa, il trionfo di Bush, la lenta eutanasia della democrazia in Italia e la svolta verso il regime dolce. Ma se anche tu fossi stato un anno bello, questi ultimi giorni di tragedia sarebbero bastati a rovinare il ricordo, come una pennellata sbagliata che rovina un affresco, come un retrogusto amaro che resta dopo un pranzo. Addio 2004, non ti abbiamo voluto molto bene, nè tu ne hai voluto a noi. Ci piacerebbe che con te ti portassi via la tragedia del maremoto, i conflitti, i politici interessati, le torture, le violenze sulle donne, il lavoro dei bambini. Ci piacerebbe, perché no, che ti portassi via anche la televisione deficiente dei pacchi truccati, dei reality show e dei mostri di silicone. Non è possibile, lo sappiamo, non hai valigie abbastanza capienti. Se però, prima di partire, dovessi incrociare quei cretini che pretendono di non rinunciare al viaggio alle Maldive prenotato, e che magari esigono anche la massima efficienza da parte di ristoranti e degli alberghi: se dovessi incontrate questa sottospecie di umanoidi, sputagli in faccia da parte nostra. Cosa ti costa? Tanto poi scappi via, caro 2004. Chi vuoi che venga a riprenderti?