Archivi tag: tecnologia

Nostalgia delle attese noiose

smartphoneAlla fermata dell’autobus ti capitava di guardarti intorno, osservare i tuoi compagni casuali di viaggio, guardare i palazzi e osservarne le tracce di vita dai balconi o le scale. In fila dal medico, rifiutando di sfogliare quelle riviste di 3 anni prima, te ne stavi lì a ripensare al film visto la sera prima e a come lo avresti girato tu se mai fosti stato un regista. Sotto la pioggia, intirizzito sotto l’ombrello nell’attesa di chissà che, ti perdevi nei riflessi delle pozzanghere e ai ricordi di infanzia che quegli schizzi ti ricordavano.
Erano momenti di vuoto. Di noia, forse. Momenti in cui per forza di cose il tuo cervello si sgranchiva perché non aveva niente nell’immediato da fare. E quei momenti non ci sono più, perché in quelle stesse circostanze tiriamo immediatamente fuori il nostro smartphone e cominciamo a indignarci per i post dell’amico che ci ricorda la guerra in Siria, a ridere per la solita foto del gattino che esce dal cesto della biancheria, a commentare l’ennesima sconfitta della nostra squadra di calcio. Per carità, non è certo solo Facebook il problema. Io per esempio mi perdo spesso nei meandri delle app con le rassegne stampa, e mi rendo conto che leggo molte più notizie di 10 anni fa e compro una quotidiano al mese quando va bene. Però leggo solo quelle cinque o sei notizie principali, e delle notizie minori delle pagine interne se ne perde traccia.

Dobbiamo avere nostalgia di quelle attese noiose? Io non credo. Anche perché io quei vuoti ho sempre cercato di riempirli per esempio portandomi dietro un libro tascabile, e per esempio “La coscienza di Zeno” l’ho letto in lavanderia ai tempi dello studentato universitario.
Però ogni tanto fantasticare, ricordare, distrarci, lasciare che il cervello gironzoli senza un obiettivo credo che ci faccia bene. Magari ci sono delle belle idee là in fondo al nostro cervello che aspettano in fila di potersi esprimere, ma finché ci gingilliamo con Candy Crush difficilmente troveranno spazio.

Dieci segnali che indicano che la tecnologia ti ha cambiato troppo la vita

tecnologia10) Prima di andare a cena da amici controlli le recensioni sui siti specializzati
9) Stai ancora cercando una tecnica per zippare le scarpe della tua ragazza e comprimerle tutte in un cassetto
8) Prima di dire qualcosa di importante conti mentalmente che la frase non abbia più di 140 lettere
7) Cambi fruttivendolo perché il tuo ha un curriculum online non aggiornato
6) Al posto delle tende metti dei filtri colorati alle finestre
5) Usi raccomandate con ricevute di ritorno per gli auguri di Natale, perché sei abituato a sapere se gli altri leggono i tuoi messaggi
4) Ti irrita enormemente il fatto che non ci siano le mappe navigabili del mercato rionale
3) Ogni tanto pigi su una foto del quotidiano e ci resti male nel renderti conto che la carta non si muove
2) Quando guardi una partita di calcio muovi sistematicamente i pollici nel tentativo di indirizzare i giocatori in campo
1) Dopo aver sbagliato candeggio cerchi disperatamente il tasto “annulla” sulla lavatrice

Donne, uomini e tecnologia

vhsGli uomini inseriscono i coltelli nella lavastoviglie con la lama verso l’alto, perché è risaputo che così si lavano meglio. Le donne inseriscono i coltelli nella lavastoviglie con la lama verso il basso, perché è risaputo che così si evita di scarnificarsi le braccia. Gli uomini rimuovono la polvere dai loro prodotti tecnologici, le donne usano prodotti tecnologici per rimuovere la polvere.
Gli uomini usano più shampoo e prodotti di bellezza per la propria automobile di quanto non ne usino per se stessi; per le donne a parte la benzina e l’acqua per i tergicristalli, di cos’altro dovrebbe avere bisogno quell’arnese per andare?
Gli uomini riempiono la lavatrice prima di farla andare perché così consuma meno acqua. Le donne la fanno andare appena vedono sentore di calzini post-calcetto, perché ritengono che la loro serenità venga prima del consumo d’acqua.
Per un uomo occorre assecondare le macchine, per le donne sono le macchine che devono assecondare noi. E non è un caso che i personal computer abbiano cominciato ad essere davvero user-friendly quando anche le università scientifiche americane, tra gli anni settanta e ottanta, hanno cominciato a essere popolate da ricercatrici che proprio non accettavano quel modo freddo e impersonale di dare ordini ai calcolatori (command-line, si chiamava, vi ricordate?Copia! Cancella! Scrivi!). Vuoi mettere le infinite possibilità di arredare un desktop?
Io dico che dobbiamo ringraziare le donne se la tecnologia va avanti e semplifica la vita. Perché chi si oppone a loro è destinato alla scomparsa: ricordate quanto complicato fosse programmare un videoregistratore, e quanto lo odiassero molte signore? Ebbene, guardatevi intorno, e ditemi quanti videoregistratori vedete in giro. Ricordate quanto vostra madre odiasse quei televisoroni 25 pollici profondi mezzo metro che gli rovinavano la sala? Gli schermi sottili li hanno imposti le matrone giapponesi, altro che.
Sapete, per la tradizione cristiana Maria è ascesa al cielo dopo la morte, ed è stata la prima, perché gli altri dovranno aspettare il giudizio universale. Ed è un bene, perché almeno potrà organizzare per bene la permanenza di chi ci arriverà. Avesse dovuto fare Gesù tutto da solo, il paradiso sarebbe un posto pieno di schermi catodici a fosfori verdi e vhs.

La tecnologia del superfluo

Alcune sere fa sono tornato a rivedere dopo tanti anni uno dei classici per la mia generazione, Ritorno al futuro. Inutile osservare, a quasi trent’anni di distanza, che non abbiamo skateboard volanti, e che in generale la nostra società è molto più simile a quella del 1985 di quanto quest’ultima non somigliasse al 1955. La storia dell’uomo è così, ha delle straordinarie accelerazioni, dei rallentamenti, a volte purtroppo torna anche indietro (la piramide di Cheope è straordinariamente superiore, per costruzione e tecnologia, rispetto a quelle costruite centinaia di anni dopo). Per non parlare dell’arretratezza medievale rispetto agli splendori di Atene e Roma.

ToléNoi viviamo in case simili a quelle di trent’anni fa (spesso sono proprio le medesime), lavatrici e frigoriferi sono più o meno gli stessi, e le nostre autovetture continuano a bruciare in larga parte combustibile non rinnovabile. Certo c’è stata la rivoluzione di Internet, ma anche in questo caso sono più interessanti gli effetti sociali che essa ha introdotto, che non l’aspetto tecnico vero e proprio: computer e reti esistevano già trent’anni fa, solo che nessuno aveva pensato ad un uso “popolare” fino ai primi anni novanta.

Se la tecnologia essenziale è avanzata poco, quella un po’ futile ha fatto invece passi da gigante: e se non affronterò qui il tema della depilazione a luce pulsata, che però mi dicono strepitosa rispetto alle forme precedenti un po’ truculente, voglio però parlare delle videoriprese. La prima volta che vidi una cinepresa (credo fosse un super 8), ne rimasi estasiato: anche se duravano pochi minuti e non avevano l’audio, quelle piccole portavano il cinema in casa. O meglio, nel cortile davanti casa, perché l’attrezzatura era troppo ingombrante per il salotto. Ma costavano eccome, bisognava ponderare bene ogni inquadratura, e di montaggio nemmeno si parlava. Ancora vent’anni fa, con il vhs, si potevano fare riprese più economiche (ve le ricordate le prime, enormi videocamere VHS?), e i più temerari azzardavano anche i primi montaggi. Lo feci anch’io con i miei amici, ma quanta fatica: occorreva collegare due videoregistratori e operare con perizia sui tasti pausa e rec, potendo contare sulla qualità mediocre dei nastri analogici. All’inizio degli anni 2000 la rivoluzione del digitale, i nastri miniDV permettevano di acquisire i dati sul pc, per poi essere riversati, senza alcuna perdita di qualità. Una meraviglia, per chi anni prima aveva speso una fortuna per comprare un videoregistratore VHS in grado di sovrascrivere la traccia audio.

Certo non mancavano i contrattempi: ho passato notti intere a montare i miei primi filmati, con il suono dell’hard-disk del computer che riecheggiava come un trattore nel silenzio dell’appartamento. E i primi sistemi di montaggio non lineare (potevi cioè decidere di spostare le tracce video senza seguire un ordine sequenziale, come nel montaggio tradizionale) non permettevano di vedere il video se non dopo il rendering, che poteva durare ore. Così ti toccava scoprire, dopo un’attesa snervante, che avevi sbagliato i tempi di una dissolvenza, e dover ricominciare drammaticamente tutto da capo.

Il video che vedete in questa pagina l’ho girato con uno smartphone. Il soggetto è Tolé, un grazioso centro sull’Appennino Bolognese che frequento d’estate, in particolare un borgo arricchito negli anni dalle opere d’arte che gli artisti ripongono ogni anno (dipinti, sculture, bassorilievi). Riguardo al video la messa a fuoco non è sempre al meglio, i bilanciamento del bianco lascia a desiderare e la compressione del MPEG 4, specie sulle panoramiche, si sente tutta (se non sapete di cosa sto parlando va bene così, il 99% non lo sa e vive bene lo stesso). Però, ragazzi, ho fatto le riprese con una scatoletta grande quanto una delle nostre vecchie audiocassette che ha come principale funzione quella di telefonare. E il montaggio non ha richiesto più di un paio d’ore, compresa la scelta di una colonna sonora royalty free, con un programma gratuito.

Non c’è niente da dire, se ci fossimo concentrati sugli skateboard con la stesse perizia con cui abbiamo lavorato sul video digitale, oggi andremmo i centro volando. A skate alterni, i giorni pari gli uni e i giorni dispari gli altri,

Evviva il blututt

Attento alla curva… ecco dovrebbe essere proprio nella tasca del pantalone. No, quella destra. Occorre tirarlo fuori. Bene. Semaforo giallo, rallenta. Gira lo schermo, così non leggo niente. Bene. Tienilo con la mano destra, se possibile evitando i riflessi, continuando a guidare alla sinistra. Dov’era? Impostazioni e poi telefono? Oppure applicazioni e connettività? No, vediamo… dal menù principale… Eccolo qui. Attiva. Ricerca dispositivo. Non trovato. Occhio alla buca.Controlla l’autoradio. E’ attiva? Spengo e riaccendo, quando non sai che pesci pigliare spegni e riaccendi. Dispositivo connesso. Accidenti, guarda come guida quel matto, frena!

Dunque, ora dovrei fare il numero. Guarda avanti, e digita con il pollice della mano destra. Pazienza se non cambi per un po’, metti la terza e tirala un po’ se necessario. Dial. Connected. Ci siamo.
Pronto, pronto? Mi senti? Si, sto provando il vivavoce con il bluetooth connesso alla autoradio… come non senti niente? E adesso? E ADESSO?
Vabbe’ ti richiamo dopo.

W la sicurezza. W la tecnologia

Perché non mi convince l’I-pad

Non ho mai nascosto di essere un amante delle nuove tecnologie, specialmente quelle legate alla comunicazione. D’altronde quello che state leggendo è un blog, non un volantino.

In particolare mi entusiasma la possibilità dei nuovi media di avere un ruolo attivo: non più soggetti passivi come per la televisione e la radio (per la lettura il discorso è più complesso), ma attori del processo comunicativo con un ruolo partecipe. Su Internet leggiamo, ma commentiamo, scriviamo, citiamo.

E produciamo contenuti: foto scattate con il cellulare, testi scritti con il netbook, video registrati con la videocamera o il cellulare, canzoni o discorsi registrati in mp3. Ebbene, tutto ciò non è possibile con l’I-pad.

Immagine tratta dal sito Apple. Copyriight Apple (c)

L’I-pad è, da un un punto di vista teorico, un passo indietro, perché di fatto è pensato per utenti passivi della comunicazione. Non ha la fotocamera, non registra, nemmeno permette il collegamento di questi accessori. E scrivere con quelle tastiere virtuali, non scherziamo, è più faticoso che digitare un sms. Avete provato a selezionare uno dei tasti di un word editor con le dita? Nonostante gli equilibrismi e il ritorno sulle scene del mignolo finalmente non relegato alla pulizia delle cavità auricolari, è difficile, suvvia.

Certo che ci sono applicazioni pensate ad hoc per questo strumento, ma l’impressione è che comunque il principio dell’utente passivo rimanga (non avendo un i-pad non ho certo potuto provare le migliaia di applicazioni, per questo parlo di impressione). E smettiamola poi con questa storia della portabilità, un netbook pesa poco di più… So che l’Ipad 2 dovrebbe risolvere molte di queste carenze, ma insomma, avrete capito che non mi troverete in fila per acquistarlo.