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I collegomani

Camminata ondulante, mano che spazia con finezza dalla patta all’ascella, braccio appoggiato alla scrivania e stuzzicadenti tra i denti, o, in alternativa, stanghetta degli occhiali tra le labbra.
Il collegomane è a caccia, dissemina gratis adulazioni e complimenti, ti trovo benissimo ma dov’è che vai in palestra, quel pantalone ti sta divinamente ma chissà come staresti senza. Quand’è che mangiamo insieme o almeno prendiamo un caffé, ti ricordi quella volta in cui, mamma mia come lavorano le tue colleghe non le distraiamo eh eh eh.
Se trova una collegomane allora il siparietto può durare un quarto d’ora, generare grasse risate, feste e cotillon, con eventuale prolungamento per l’aperitivo.
Se invece la vittima della caccia non ride, non batte le ciglia, non arrossisce e insomma non dà soddisfazione allora entra nella lista delle zitelle acide che il collegomane eviterà accuratamente in futuro, sempre che ci sia per loro un futuro…

Conosco una scorciatoia

Ce l’abbiamo avuti tutti un amico che conosceva sempre la scorciatoia.
Quello che si mette sempre davanti ai cortei di automobili perché lui conosce un percorso che si fa prima.
Quello che anche in una città in cui non è mai stato prima suggerisce di evitare il centro e indirizzarsi verso la tangenziale di cui ha sentito parlare solo su Onda Verde.
Quello che vi dice di non fare come tutti che per andare, che so, a Perugia escono a Perugia, ma di essere svegli, lasciare l’autostrada due uscite prima e poi proseguire nei paesini.
Quello che non è mai stato all’estero in vita sua, ma discute con competenza delle differenze tra le autostrade russe e le highway del Midwest.
Ebbene, se c’è una cosa di cui sono grato alla tecnologia, è che con i navigatori satellitari, per questi amici è iniziato il viale del tramonto.

Regali natalizi

Lui si aspetta un cellulare di nuova generazione, con la tv incorporata e un software per la gestione del bilancio familiare che pernette di pianificare gli investimenti alla fermata dell’autobus. Ha fatto a lunga la corte a quel cellulare, ha lasciato in giro le pubblicità, i volantini dei centri commerciali aperti sempre sulla pagina di quel telefono, persino le fotocopie del manuale di istruzioni prestato da un conoscente.
Lei gli regala una cinta. Firmata, che costa più del cellulare, è in pelle pregiata. Una cinta.
Lei si aspetta un paio di orecchini con topazio. Ha già l’anello e la collana, le mancano solo gli orecchini per completare il set, li vuole, l’ha scritto sulla lavagnetta in cucina, nello screensaver del computer e ha persino gridato orecchini l’ultima vola che hanno fatto l’amore.
Lui le compra un palmare con gli esercizi per la ginnastica pre-caricati. Costa il doppio degli orecchini.
Lui si andrà a comprare il cellulare prima della fine del mese, lei ha già indossato gli orecchini che si è comprata da sé alla festa di Capodanno.
Morale: se volete risparmiare, niente sorprese a Natale.

Uomini a cui non piace il calcio

Ci sono, per quanto possa sembrare incredibile, uomini a cui non piace il calcio. Non solo non piace loro guardare le partite in tivù(comprensibile, specie se si tratta delle stucchevoli qualificazioni a qualcosa o degli infiniti preliminari della Champions League già Coppa dei Campioni), non solo non si esaltano nel branco quando si tratta di urlare e sventolare bandiere. Non amano nemmeno giocarci, a calcio.
Quali possono essere i motivi che possono indurre un uomo a questa condizione estrema? In alcuni casi, si tratta di schiappe paurose. Quelli che portavano la giustificazione per non fare educazione fisica alle scuole medie e che hanno con il gioco un rapporto così conflittuale da perdere anche quando fanno un solitario. La schiappa, per sopportare la sua insostenibile condizione subalterna, si giustifica disprezzando lo sport tutto. Poi ci sono quelli che invece sono forti, ma nei cosiddetti sport minori: pallavolo, basket, tennis. Relegati su Rai Sport e costretti a imprese ciclopiche per trovare spazi e compagni con cui giocare, serbano rancore per lo sport nazionale e sognano di andare a vivere in paesi alternativi, a giocare a baseball a Cuba o a Cricket in India.
Poi ci sono i radical chic, quelli che trovano il calcio triviale, volgare, grezzo. E che preferiscono ubriacarsi e molestare le ballerine dei night club. Poi ci sono gli incompatibili: o mancano completamente di agonismo, per cui osservano il movimento della palla come se dovesse accadare qualcosa di imprevedibile, la osservano e si domandano che c’è di bello; oppure di agonismo ne hanno troppo, ma hanno capito, alla quinta rissa e al terzo occhio nero, che è meglio se restano a casa.
Care amiche, se al vostro ragazzo non piace il calcio, cominciate a preoccuparvi.

Dammi sei lamette che mi taglio le vene

Una lama afferra il pelo, l’altra lo taglia. Più o meno recitava così una pubblicità di qualche anno fa di un rasoio. Poi le lame sono diventate tre, perchè ce n’era una quarta che incitava le altre due. La Wilkinson qualche tempo fa ha lanciato "Quattro", che come dice il nome, di lame ne ha quattro: oltre a quella che acchiappa il pelo, la vera tagliatrice e quella che fa il tifo, ce n’è una che insulta il pelo per debilitarlo. Ma la risposta della Gilette non ha tardato a manifestarsi: sta per uscire un rasoio con sei lame. Sei! Cosa ci faranno, sulle nostre facce, sei lame? Cos’è, un tagliaerbe miniaturizzato? Un trenino squarcia viso? Praticamente ti appoggi il rasoio sotto l’orecchio e devi stare attento a non graffiarti il mento perchè la sesta lama è già li. Non mi piace lo spreco, sei lame costeranno tanto e dovranno essere buttate comunque dopo un po’ di barbe. Scriveva Petronio che c’era a Roma un barbiere talmente lento (allora di lama ce n’era una sola, ma molto affilata) che mentre radeva un cliente da un lato, la barba ricresceva dall’altro. Con le nostre sei lame non avremo questo problema, e in compenso potremo prestarle alle nostre amiche che potranno depilarsi tutto il polpaccio con un colpo solo. O due, nel caso di cicliste.

Ci vediamo all’angolo salotti

Una volta avevamo il rito della domenica pomeriggio. Celebrato da film e canzoni, rappresentava il trionfo della mascolinità distratta nel resto della settimana: (riuniti in circoli, salotti, club, automobili (quando l’autoradio era un lusso, sembra ieri) e, i più fortunati, negli stadi, ci si incontrava per il rito del campionato di calcio. Chiave di accesso a quel mondo era la schedina, ripiegata nel portafogli, che ostinatamente per i più si fermava all’11, esitante sulle soglie dell’orgasmo. Quel mondo non c’è più: dilatato nell’anticipo, nel posticipo, nella Champions, nelle dirette criptate, oggi chi volesse seguire il campionato di calcio con gli amici dovrebbe trascorrere con loro tutta la settimana. Troppo, decisamente.
Non ci resta che fare come le donne, e vederci per fare shopping all’Ikea.
L’importante è non farsi scoprire mentre si piange di malinconia sulla libreria in faggio laccato.