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Sabato pomeriggio – terza parte

Il giovane papà lava con delicatezza la piccola che mostra di gradire. Man mano che il blub giallo lascia le parti intime della bambina aderisce perfettamente alle mani del giovane papà dove ne rimarrano traccia per giorni e giorni. Nuovo pannolino. Ok. Tiriamo su la bimba, si lascia sollevare con estrema docilità, ora che ha il culo pulito la sua visione del mondo è più serena. Infilare il pannolino. No così ovviamente no. E neanche così, il giovane papà ricorda di aver notato che la parte colorata andava avanti.
Facile, più facile del previsto. Ce l’ho fatta.
Povero illuso scemo ecc. ecc.
Il giovane papà non sa che i body per bambini sono disegnati da stilisti frustrati che non potendo dedicarsi al pret a porter autunno inverno confezionano tessuti che niente hanno a che fare con la fisiologia umana. Uno si aspetterebbe due buchi per le gambe, due per le mani e uno per la testa. E invece sono quattro. Cosa sacrificare? Magari le attacchiamo il braccino al petto, non se ne accorge neanche. E poi, dove diavolo sono i bottoni? Il body usato dalla mamma ha una comoda apertura a strappo, quello che tra le mani il giovane papà solo una serie di inutile orletti.
Povero scemo, prendi una decisione e fallo in fretta. Decidi, il body o la bambina.
Il giovane papà lancia il body ancora più lontano e corre a prenderne un altro. Corre all’indietro per non perdere di vista il fasciatoio e ciò complica le operazioni e causa un fastidioso mal di testa post zuccata, ma comunque ce la fa. Il nuovo body non è stato concepito per marziani, la bimba collabora anche perché comincia a temere che quel deficiente le procuri un raffreddore. Tutina: si infilerà da sopra o da sotto?
Da sopra, direi. Ma la testa non ci passa. Non possiamo rischiare di far agitare la piccola ulteriormente, questa ci cresce naziskin. Vada per l’entrata dal basso, allora, meno elegante ma più efficace.
Fatta.
Ritorna la mamma.
Com’è andata data, chiede.
Tutto bene, dice il giovane papà celando a fatica i segni che la battaglia ha lasciato nel salotto e sul suo viso.
La bimba piange: ha fame.
E il ciclo riparte.

Mira o popolo

O voi, genti che non conoscete la bellezza androgena di Brandon, voi, poveri illusi che credete di poter sopravvivvere nelle vostre esistenze pigri disconoscendo i pericoli portati al mondo dalla Tricks, voi, che se pensate alle fairy pensate ad un arcipelago del nord Europa, aprite gli occhi!
Ed entrate nella realtà avvolgente delle Winxs, che già si ammanta sulle magliette, i tappeti, le bambole, i cappellini e i quaderni della gente intorno a voi. Solo così riuscirete ad avere un argomento di conversazione con una bambina dai 3 agli 8 anni. E la prossima volta che vostra figlia vi chiederà chi sono quelle signorine sui viali più estroverse che avvicinano certi automobilisti, saprete cosa rispondere.
Sono Winxs, o almeno si vestono uguali.

Mamma li videogiochi!

In questi giorni si è tornato a discutere di videogiochi in seguito ad un’inchiesta di Panorama che puntava in particolare il dito contro Rule of Rose, un gioco sadico e violento.
Ora, a parte qualche precisazione (il videogioco è vietato ai minori e la protagonista non è una bambina ma una diciannovenne), non ho motivo per dubitare che si tratti di una porcheria. Non lo conosco, ma leggo che si tratta di un gioco che mescola orrore, sadismo, violenza, strizzando l’occhio alla pornografia senza mai avvicinarsi, come tipicamente fanno i prodotti giapponesi.
Ma il punto è un altro: parlamentari, consumatori e benpensanti uniti hanno cominciato a scagliarsi contro il videogioco, regalandogli una visibilità insperata. Ma perché queste stesse anime pie non fanno lo stesso anche contro i giornali, i film, i romanzi e la televisione che veicolano gli stessi contenuti?
Per il vetusto luogo comune per cui i giochi, in specie quelli elettronici, sono per bambini. Non è così. Il gioco è altro da sé, è finzione, e fingere di essere quello che non si è, e di ciò si ha bisogno sempre, non solo da bambini. Sono d’accordo che certi estremi vanno censurati, perché neanche un adulto ha il diritto ad accedere, per esempio, a contenuti pedopornografici, neppure se sono virtuali.
Però ricordiamoci che è un gioco, e se sparo ad un astronave, sfascio un palazzo o investo un passante in un videogioco, non vuol dire che lo farò anche nella vita reale.
C’è un gioco antico in cui si uccide la moglie del rivale, se ne distruggono torri e cavalli, si massacrano i suoi soldati e i suoi uomini di fiducia. E però non venite a dirmi che tutti i giocatori di scacchi sono guerrafondai, suvvia…