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La verità è un atto di amore

Diciamolo: dobbiamo ringraziare il signor Povia se con la sua canzone reazionaria qualcuno si ricorderà di questo festival. Il ritornello poi è orecchiabile, e siccome trovo desolanti le parole le cambio continuamente (Luca sta con Ray… è ritornato gay) e la canticchio distrattamente.
Se da un punto di vista spettacolare infatti questa edizione è fatta bene, ha ritmo, giusto equilibrio e soprattutto l’ottima idea di abbinare i giovani a vecchi marpioni come Pino Daniele, Zucchero o Vecchioni, soffermarsi sul valore delle canzoni in gara dei cosiddetti “big” dà credito ad un panorame di desolante mediocrità.
Renga imita Albano (e io ancora lo ricordo hard-rock con i Timoria ad una festa dell’Unità di 15 anni fa), Albano fa la caricatura di se stesso, Iva Zanicchi si propone con un pezzo sexy che sembra l’inno della tardona, i cantanti che dovrebbero piacere ai giovani (Afterhours e Tricarico) stonano impietosamente, Masini nasconde dietro il turpiloquio una vena creativa in deficit. L’unico personaggio simpatico alla fine di tutto risulta essere il nonno dei Gemelli Diversi che disertò il duce.
E allora ecco che si discute del brano di Povia: che non sia “solo una storia” come recita il testo ma la punta d’iceberg di un bubbone di un’Italietta retrograda spaventata dai tempi moderni lo si capisce subito. Il ricorso al rap, per esempio, evidenzia proprio il tentativo di dare una struttura da comizio al brano. Mentre in Italia ci stordiamo di reality show e cellulari, infatti, nel mondo un uomo di colore è presidente degli Stati Uniti, le donne cominciano faticosamente a conquistarsi il posto che meritano persino nei paesi arabi più oltranzisti, Internet svilisce il concetto di razza e nazione e dà origine a nuove forme di coalizione sociale. Il fondamentalismo confuso e new age di cui Povia si fa portavoce non può che essere stordito e irritato da tutto ciò, ma siccome cantare  contro le donne che anziché starsene a casa lavorano sarebbe troppo, meglio prendersela con i più deboli, e cioè gli omosessuali.

Che intende per famiglia tradizionale?
«L’uomo fa l’uomo e dà la guida spirituale, la donna nutre e alleva i figli. E insieme formano equilibrio e stabilità. Oggi, però, nessuno vuole fare la sua parte. Gli uomini si depilano» (…)(Dall’ intervista di Andrea Scarpa a Povia, su “Vanity Fair”)

Per questo a spaventare non è una piccola canzone il cui tema di fondo è il più vecchio dei luoghi comuni, cioè che l’omosessualità è una devianza del comportamento dovuto a problemi familiari, ma il rancore che sembra covare contro gli altri, gli invertiti, i diversi.
Ama e fa ciò che vuoi diceva Sant’Agostino: non c’è traccia di amore, nella canzone di Povia, è questa la cosa più triste.


“Una volta per tutte dunque ti viene imposto un breve precetto: ama e fa’ ciò che vuoi; sia che tu taccia, taci per amore; sia che tu parli, parla per amore; sia che tu corregga, correggi per amore; sia che perdoni, perdona per amore; sia in te la radice dell’amore, poiché da questa radice non può procedere se non il bene”.

(Sant’Agostino, omelia 7 del 20 aprile 407)