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La solitudine dei numeri primi

Il titolo è veramente molto bello. E anche la copertina è una di quelle che si ricordano. E poi? E poi un gran lavoro di editing, la capacità di gestire con maestria i tempi, il colpo di scena la momento giusto, l’equilibrio da manuale di scrittura che copre un vuoto pneumatico di idee e passione.
Personaggi disegnati con l’accetta, genitori cattivissimi, giovani alla continua ricerca della scena madre cinematografica, incomunicabilità eretta a letteratura. Storia inconsistente costruita che si regge sull’autocompiacimento della scrittura e poco altro, molta da mostrare e poco da raccontare.
L’autore ha un certo gusto per il trucido e il ripugnante che fa tanto moderno, quella mancanza di rispetto nei confronti del lettore che piace ai critici e la capacità di infilare qua e là qualche riferimento interessante. Ma se questo è il meglio che la letteratura italiana di oggi ha da offrire, allora vengono in mente Benigni e Troisi.
Non ci resta che piangere…