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L’involuzione della specie

Mi è capitato di ascoltare una persona di una certa età del piccolo paese dove lavoro, Monzuno, dove come nella maggior parte delle località appenniniche e non in questi giorni sta nevicando moltissimo, tra le proteste del popolo dei “io pago le tasse” che passa la domenica pomeriggio a guardare le partite in tivù e domani griderà perché il Comune non gli spazzato il marciapiede sotto casa. A parte che ho l’impressione che chi di solito chi rivendica con aggressività di pagare le tasse spesso dimentica di pagarne una parte, , perché invece noialtri dipendenti preferiamo non evocarle nemmeno. Ma questa è un’altra storia.

Raccontava, dicevo, che quando era piccolo lui non c’erano certo gli spalaneve (in queste ore a Monzuno ne operano 14, tanto per dare un’idea, e costano almeno un centinaio di migliaia di euro alla collettività). C’erano alcuni agricoltori che avevano
dei trattori da adattare, erano due o tre al massimo: bisognava aspettare che smettesse di nevicare, affinché si predisponesse il trattore, e dopo un giorno o due quelli cominciavano a spalare. Eppure nessuno blaterava di tonnellate di sale da spargere (che distrugge le strade e a temperature sotto zero non serve, ricordiamolo) o peggio ancora di composti chimici inquinanti per sciogliere la neve.
Nessuno gridava che è uno scandalo, che è una vergogna, che così non si va avanti, impugnando il telecomando in una mano e la birra nell’altra.
Perché erano uomini, quelli lì, che si tiravano su le maniche e si davano da fare, e in mano avevano la vanga, e non lamacchina fotografica con cui andare in giro a fare foto da pubblicare su Facebook.  Erano uomini cui la guerra aveva insegnato a battersi in prima persona senza aspettare che qualcun altro lo faccia per te.
Erano uomini (e donne!) che si preoccupavano di come stessero i bambini, e non di trovare ossessivamente qualcuno a cui sbolognarli visto le scuole chiuse, erano uomini che rispettavano la Natura e i suoi cicli e non cercavano di stravolgerla per adattarla agli orari del loro aperitivo.
La strada vicino casa mia è piena di neve e in macchina non ci si muove, e io in questi giorni mi sto alzando poco dopo le cinque per andare al lavoro con i mezzi pubblici, facendo un paio di chilometri a piedi, e ci ho messo anche cinque ore per tornare a casa. Nel mio piccolo è il contributo che sto dando al rispetto della natura, il mio modo di sentirmi uomo, perché penso che sia meglio spendere i soldi pubblici per gli ospedali, gli asili e le biblioteche, piuttosto che per garantire il diritto a prendere la macchina in qualunque situazione. Quando sento le persone che arrivano in Comune per protestare perché c’è la neve sul cassonetto vicino casa loro, e nessuno glielo ripulisce, e loro pagano le tasse!, allora capisco che Darwin aveva ragione, ma non aveva previsto l’inversione del suo piano: siamo in piena involuzione.
I discendenti di quelli che protestano continueranno a protestare, ma avranno una clava, in mano, e non un cellulare con fotocamera.