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Una nazione senza ricambi

Immagine tratta da www.repubblica.it

Giovinco, Nocerino, Ogbonna, Borini. Chi sono costoro? Sono ragazzi che Prandelli si è portato con sé per fargli visitare la Polonia e l’Ucraina, visto che i primi due hanno giocato agli Europei una manciata di minuti, gli altri due non sono mai scesi in campo. E gli stessi Giaccherini e Maggio sono quasi scomparsi dopo la prima partita. Nemmeno i portieri di riserva hanno mai giocato, ovvio, ma per loro il discorso è diverso perché il portiere non corre come gli altri gicatori e farlo riposare non è sempre necessario.
Ebbene, la scelta del commissario tecnico di puntare, dalla seconda partita in poi, sempre sugli stessi 12-13 giocatori mi offre lo spunto per una riflessione che va oltre il calcio. Perché Prandelli è riuscito a conquistare un secondo posto giocando bene e di questo gli va reso atto, ma quando una squadra passa da una partita eccezionale come quella contro la Germania al peggior risultato di tutti i tempi (perché spiace dirlo ma mai nessuno aveva perso 4-0 una finale), un motivo c’è.
L’ha detto De Rossi: erano cotti. Stanchi. E in Italia di lavoratori cotti e stanchi ce ne sono tanti, migliaia, ma il nostro è un sistema che rifiuta il cambio, il turn-over, l’aggiornamento. Sei bravo? Resta lì finché non schiatti, o, più probabilmente, fino a che non ti sarai inaridito fino a far fallire la tua impresa, o aver messo in crisi l’ente presso cui operi. C’è una atavica incapacità di dare spazio a chi è più fresco, ha più energie. E il bello è che questo modo di fare viene quasi sempre approvato. Abbiamo una classe politica che non ha più idee ed energie, ma è lì e non si smuove, come il fantasma di De Rossi che passeggiava mentre gli spagnoli lo deridevano. Abbiamo un sistema bancario che ha gli stessi dirigenti che girano da una poltrona all’altra senza mai aprire la possibilità a qualche faccia nuovo, a qualche Nocerino scalpitante in panchina. Abbiamo imprese private dove ai padri si succedono i figli e poi i nipoti, e magari qualche Giovinco di talento prima o poi deciderà di andarsene a cercare fortuna all’estero.
Siamo una nazione senza ricambi, e senza cambi ci meritiamo le umiliazioni di ieri sera, e altre ben più gravi.

Vecchi obsoleti principi

Controllo, controllo, controllo! Solo qualche giorno fa da quasi tutti gli esponenti del governo e da una parte dell’opposizione si alzava un coro unanime che chiedevano maggiori poteri all’autorità giudiziaria e alle forze dell’ordine per combattere il terrorismo. Le giustificazioni sono state ampie e diversificate, occorre conservare i tabulati telefonici, registrare tutto, leggere le email, piazzare videocamere e microfoni ovunque, perchè solo così è possibile snidare chi pianifica possibili nuovi attentati. Di fronte alla tragedia di Londra e alla concreta minaccia, pochi hanno osato contraddire queste voci, ed in parlamento è stata approvata una legge che, per sintetizzarla brutalmente, sacrifica la privacy per aumentare la sicurezza, o almeno se lo propone.
Privacy! Privacy! Privacy! Passano pochi giorni e dagli stessi schieramenti politici si alza un coro che si oppone contro lo strapotere della magistratura che ascolta, registra, sbircia, come un grande fratello opprimente e pericoloso. Il riferimento, è evidente, è alle intercettazioni telefoniche relative alle operazioni per l’acquisizione della Banca Antonveneta. Insomma, decidiamoci. O controllo o privacy, o meglio ancora un ragionevole compromesso di entrambi. L’importante è rispettare quel principio obsoleto e retrogrado a cui qualche nostalgico come me tiene ancora: la legge è uguale per tutti. Per un cittadino di origine mediorientale come per un alto dirigente bancario. O no?