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Sia maledetta Rai Sat

Possano le tue antenne arrugginirsi, attorcigliarsi su se stesse e diventare polvere in pochi minuti.
Possa tu scomparire da tutta la programmazione televisiva per i prossimi cinque secoli.
Possa essere colta da orticaria la mano di tutti coloro che cercheranno di selezionare i tuio programmi con il telecomando.
Possano i tuoi dirigenti essere coinvolti da una job-rotation che li ricollochino come paarcheggiatori abusive nelle periferie di Calcutta.
Possa il tuo responsabile del palinsesto essere sostituito da un software che manda registrazioni di varietà anni sessanta a casaccio e finire come allenatore dei raccattapalle in terza divisione.
Rai Sat, non ti voglio sul satellite, non ti voglio sul digitale terrestre, non ti voglio nemmeno sulla quinta pagina dei giornalini dei programmi televisivi.
Voglio che tu scompaia per sempre nell’oblio delle emittenti televisive gestite da incompetenti.

PS Per chi non cogliesse lo sfogo: da un paio di settimane i playoff di C-1 di calcio non vengono più trasmessi in diretta sulle emittenti locali per "il diritto di prelazione" esercitato da quei carciofi andati a male dei dirigenti di Rai Sat. I quali trasmettono il giro d’Italia in diretta sia su Rai Tre che su Rai Sat, per mandare poi i play-off in differita all’una di notte.. Sdoppiano quindi un programma che fa il 2% di share (con tutto il rispetto per il Giro d’Italia ormai sono più interessanti gli spot dimagranti) per il gusto di fare dispetto alle emittenti locali.
Come direbbe Cetto La Qualunque, non vi sputo sennò vi profumo.

Il doping ? uno sport olimpico?

Sono anni che puntualmente si scopre che la metà dei partecipanti al tour o al giro d’Italia è dopata. L’altra metà non è stata sottoposta a test. E ogni anno a parlare di fine del ciclismo, di etica calpestata, di valori che non ci sono più.
Ora, a parte il fatto che già Coppi parlava della "bomba", ma la domanda che mi pongo è: esperti di ciclismo, vi sembra normale che un essere umano faccio 250 chilometri in salita sotto la neve o con quaranta gradi in sella ad una bicicletta? No dico per voi è normale fare in pochi giorni il giro di una nazione a pedali e avere il tempo di sorridere la sera ai talk-show? Ma ci siete mai stati in bici?
Allora, mettiamoci d’accordo.
O accettiamo di essere esseri umani e di avere dei limiti, e allora vediamo di organizzare queste manifestazioni in maniera un po’ meno sadica, dando il tempo di riposare tra una tappa e l’altra, riducendo i chilometri da percorrere, scegliendo magari ogni tanto un po’ di pianura.
Oppure smettiamola di fare gli ipocriti, le gare le vince chi si dopa meglio senza morirne, gli sponsor diventano le case farmaceutiche e semmai  vediamo di porre dei limiti per evitare ciclisti con tre occhi e la pelle verde. Insomma.

Mattini oscuri

Il movimento è l’unico esorcismo contro l’oppressione di decadenza che avvolge certi mattini. Se mi muovo sono vivo e lo segnalo a questa pioggia battente che si rifuta di ritirarsi, a questo vento autunnale che a maggio sembra più a suo agio che mai, a questa malinconica danza ombrosa che ricama il cielo plumbeo di Bologna. La radio ci parla di madri assassinate e mogli sacrificate al dio dell’orgoglio, di corruzione eretta a sistema di potere, di scambi, affari, strizzatine d’occhio tra complici, guerre dimenticate e guerre da dimenticare. Ma non solo. Sia lode e gloria agli uomini che ci ricordano le nostre sembianze divine, a quegli uomini che riescono a percorrere 47 chilometri con una rotula fratturata perché sentono di dover compiere il proprio dovere fino in fondo, fino all’ultimo metro. Sia gloria, effimera e suggestiva, a Petacchi Alessandro, ciclista, che in un giro d’Italia che preferisce il Belgio al meridione, ci ha ricordato cosa vuol dire la tenacia. Qualcuno sospetterà maligamente che, imbottiti come sono di bombe dopanti, i ciclisti non sentono più neanche il dolore. Ma in questa mattinata buia c’è già troppa amarezza e non è il caso di affidarsi alla malignità. Speriamo di arrivare al traguardo con tutti i nostri acciacchi, prima o poi arriverà la primavera…

L’importante non ? vincere

COntinua tra insulti, risse, spintoni e sputi il pietoso giro d’Italia della fiaccola olimpica che arriverà, malandata ma integra, si spera, a Torino. L’evento mi sembra uno dei più involontariamente comici degli ultimi anni. Intanto si parte a Roma passando praticamente ovunque (Taranto, Agrigento, Nuoro e Bolzano, tanto per citarne alcune) con un giro degno di un tour operator folle. Si fanno campagne murali, come se la gente sentisse dentro di sè ardere la sacra passione sportiva e non vedesse l’ora si scendere in strada a salutare, con le lacrime agli occhi, la fiaccola. Solo che le campagne sono quasi sempre presentate da testimonial che sfoggiano abbigliamento sportivo griffato e cellulari di ultima generazione, tradendo quindi la vera essenza dell’evento, che altro non sembra essere che un spot pubblicitario itinerante.
Come tutti gli spot, i più l’hanno snobbato, altri invece si sono proprio incavolati. Ed ecco quindi che la fiaccola, anziché invogliare tutti a stappare bevande americane e comprare cellulari coreani in un clima di consumismo entusiasta, genera effetti perversi, con contestazioni un po’ ovunque (e non solo dei noglobal, come liquidato sbrigativamente da certa stampa).
Ma ne valeva davvero la pena? Che le olimpiadi siano ormai solo un fatto di business lo sappiamo tutti, lo sanno anche a Torino dove la federazione generale dei verdi ha denunciato lo sradicamento di oltre 4 mila alberi, con la costruzione di nove bacini di accumulo di acqua e 300 chilometri di tubazioni per l?innevazione artificiale, per una portata di 2800 metri cubi di acqua all?ora e il consumo di 18 mila chilowatt di energia. Senza contare che manternere gli impianti utilissimi (mai più senza!) di bob e salto dal trampolino ci vorrebbereo 400 mila euro l’anno (facile prevedere che saranno abbandonati dopo breve). La domanda allora è: business per noi o per i produttori americani di bevande e coreani di cellulari?
L’importante, come sempre, non è vincere, è pagare.