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Sanremo 2023: le mie pagelle

Anche Sanremo 2023 è andato via. Il mio parere sulla musica posso condividerlo al bar con gli amici, ma credo non abbia alcun valore intrinseco, è una opinione come un’altra. Non parliamo poi ci commentare l’interpretazione o peggio ancora il look dei cantanti (ma chi? Io?).
Qualcosa di sensato però penso di poterlo dire sui testi, visto che con le parole bene o male ci lavoro da più di vent’anni. Nessuna canzone mi ha fatto gridare al miracolo ma qua e là qualche perla c’è, a volerla cercare.

Sali, canto dell’anima. Anna Oxa

Canzone con echi millenaristici, qualche paragone facile “Libera l’anima come rondini la sera”, un’invocazione che non si capisce dove andrà a parare. Anche le storie new age avrebbero bisogno di una trama per stare in piedi. 5

Mare di guai. Ariete

L’amore lesbico si chiama così grazie a una straordinaria poetessa e all’isola in cui nacque. Qui però poesia ce n’è poca, “la notte è solo un giorno che riposa”, siamo più dalle parti della posta del cuore di Cioè. “Non voglio più perderti nel chiaro di luna”, figuriamo nelle notti di luna nuova. 5+.

Un bel viaggio. Articolo 31

Anche morire giovani non puoi più perché, adesso c’hai la family e dipende da te” è uno devi versi più efficaci di tutto il festival. L’autobiografismo a cinquant’anni è un po’ prematuro, e anche questo brano arranca, ma lo stile per il calembour un po’ triviale c’è sempre (“siamo stati due coglioni infatti funzioniamo in coppia”). Quanto avrebbero da imparare i giovani sedicenti rapper!  7.

Splash. Colapesce Dimartino

Finalmente un testo che non ha paura delle parole: il vento che arpeggia una ringhiera, io lavoro per non stare con te, “Ma che mare ma che mare, come stronzi galleggiare, per non sentire il peso delle aspettative”. Efficace, variopinto, divertente. Anche il titolo funziona. 8

Non mi va. Colla zio

I rapper dovrebbero essere agevolati nell’uso della lingua, libera da solfeggi e ritmiche che ingabbiano, ma se il massimo che riesci a produrre è che “non ho fame finché sei sfinita, minchia, ma che sesso mi fai, ma che sesso mi fai” allora bisogna proprio che tu legga di più, anche perché del mare si può dire tutto, ma che indirizzi alla savana proprio no. 4

L’addio. Coma_Cose

Curiosamente tornano in questa canzone le ringhiere, la delusione delle aspettative, il raccontarsi. La qualità c’è, è un po’ altalenante, “in viaggio su respiri più leggeri, chissà se piloti o passeggeri” funziona, altri passaggi convincono di meno “ce ne andremo via come uno stormo che con l’autunno poi farà ritorno”, però la chiusa è la migliore. Una frase è perfetta se sta bene stampata su una maglietta, e io uno t-shirt con scritto “L’addio non è una possibilità” la comprerei. 8

Due. Elodie

“Che rumore fa Il silenzio alla fine di tutte le nostre telefonate interrotte”? Compitino professionale, pulito, con una chiusura azzeccata “Per me le cose sono due, lacrime mie o lacrime tue”, c’è un po’ di svogliatezza, se scrivi che un amore appena nato è già finito male ma che rifaresti gli stessi errori è ovvio che il tuo pubblico di riferimento non va oltre la terza pagina di un romanzo, ed è un peccato. 6+

Quando ti manca il fiato. Gianluca Grignani

Premetto: la melodia non mi convince e il modo di cantare non mi piace affatto. Ma questo è il miglior testo di Sanremo 2023. L’unico che racconta bene una storia, seppure negli spazi esigui di qualche verso. Siamo ancora sui terreni scivolosi dell’autobiografia (questo Sanremo passerà alla storia come quello delle canzoni selfie”). “Ma no che non sto male, ma quando accadrà, tu verrai o no al mio funerale”? In questo passaggio c’è un romanzo compiuto con attori, sentimenti, vicende. Peccato solo per quei coltelli che cadono dal cielo e fanno sanguinare anche l’uomo più duro, un brutto scivolone stilistico senza la quale la canzone sarebbe stata da 10 e invece 9.

Mostro. Gianmaria,

No tu non sembri un mostro ma il tuo testo è mostruosamente piatto, senza uno spunto, senza un’invenzione, senza uno scatto originale. “Ti ho lasciato sopra il letto un mio libro, così sai che tornerò”. Se l’avessi prima letto, quel libro, oggi forse conosceresti due o tre aggettivi in più. 4

Giorgia

Buona la chiusura, “Ricordo le ultime parole, quelle dette male, maledette”, ma è l’unico passaggio che si ricordi. Per il resto è una lunga lista di immagini già viste: la mia pelle è un foglio bianco e ci scrivo su, il cielo che crolla e io non ragiono più. Tutto corretto, tutto dimenticabile in fretta. 6

I Cugini di Campagna. Lettera 22

C’è la terribile rima fiore-amore, c’è in assoluto il peggior ritornello di Sanremo, non lasciarmi solo, non lasciarmi qui. Caspita, chi l’ha scritta, Baudelaire? Ma in fondo le figure utilizzate nella strofa non sono malvagie, c’è mestiere e poche pretese. “Credo, credo anch’io, che non puoi darmi il mondo, se non guardi il mondo come lo guardo anch’io” è il massimo che si può chiedere loro, ma d’altronde non ci aspettavamo De Andrè. 5,5

Lazza. Cenere

“Pezzi di vetro”, “Nel buio balli da sola”,” Vorrei che andassi via, lontana da me, ma sei la terapia “. Tra citazioni consapevoli o meno, anche in questo caso da un rapper ci si aspettava qualcosa di più di un’agghiacciante “sei bella come Venere”. A tratti sembra uno di quei testi generati al computer copiando qua e là. “Ormai nemmeno facciamo l’amore, direi piuttosto che facciamo l’odio” è una frase da premiare se non altro per l’uso del condizionale. Poco altro. 5,5

LDA. Se poi domani

“E mi manca disegnare con lei sulla spiaggia due iniziali in un cuore di sabbia”: basterebbe questa frase devastante a meritare un 3 incondizionato. In realtà il testo in questione cerca addirittura qualche vezzo poetico, come quel grazioso “tu che disegni i silenzi a matita” e tutti quei riferimenti all’insonnia che fanno poeta maledetto. Però se ti presenti a una ragazza con un “Ti prego ascoltami” “Oh oh dammi le mani” lei sarà una bugia ma tu sei una lagna. 4

Leo Gassman. Terzo cuore

L’idea del terzo cuore funziona. Eravamo abituati a becere terze gambe, invece l’immagine su cui è costruita la canzone è una delle più interessanti. Non si capisce bene cosa c’entrino le strade di Parigi, il trasformare le sfide in sfighe fa un po’ alzare il sopracciglio del critico, ma insomma, rispetto al livello medio, qui la sufficienza è raggiunta a piene mani. Certo, se non ci riducesse sempre a zerbini dell’amante che ci respinge sarebbe meglio: “Non mi importa di avere ragione se poi resto sempre da solo, meglio avere torto con te”… 6,5

Vivo. Levante.

Ritornello indovinato, si sposa con la melodia senza essere piatto, un paio di passaggi memorabili “Bacio rime, bacio bene, ti bacio dopo”, ma anche “Addio a tutti i “dovrei”, a tutti i “se poi”, a tutti i miei “perché?”: semplice ed efficace. Manca forse il guizzo che rende una canzone memorabile, e lei ne sarebbe capace. 6,5

Il bene nel male. Madame

Ecco un’altra canzone che ha il coraggio di raccontare una storia – il rapporto tra cliente e prostituta che si ritrovano sentimentalmente coinvolti –  che vada oltre il “ti prego torna con me”. Alcuni passaggi raggiungono elevati livelli di drammaticità “Amore, tu sei, sei l’errore più cattivo che ho commesso nella vita” non è una frase da Bacio Perugina. Ogni tanto si fa un po’ troppo saccente “L’amore è solamente di chi prova amore, non è di chi lo riceve” , ma resta un testo che si distingue per profondità. Bravi. 7

Duemila minuti. Mara Sattei

I temi sono quelli cari ai giovani d’oggi: l’amore e la violenza, il dolore esibito (i lividi), la dannazione nel vizio (i fiumi d’alcol), l’amore che amore non è. Però il tutto sa di una messa in scena studiata ad arte, manca il sentimento, manca l’emozione.  Sarebbe stato più appagante se la vittima di questa storia alla fine mandasse a spendere questo farabutto, invece scopriamo che è lui che è scappato. Pure. 6-

Due vite. Marco Mengoni

Il caffè col limone contro l’hangover sinceramente non l’avevo mai sentito e probabilmente sarà l’unica cosa che ricorderò di questa canzone rapidamente destinata all’oblio. Va bene usare delle allegorie, ma servirebbe anche un senso: cosa vuol dire che siamo un libro aperto in una casa vuota? E perché mai la luna dovrebbe esplodere? Va bene la megalomania, ma davvero si può dire “Siamo i soli svegli in tutto l’universo” senza scadere nel ridicolo involontario? 5

Lasciami. Modà

Lo spunto sarebbe anche interessante: trattare la depressione come se fosse una donna, e lasciarla, e riscoprire la vita senza di lei. Peccato però che dal testo non si capisca. È come una barzelletta che devi spiegare, come un finale giallo che nessuno ha previsto. La povertà lessicale non aiuta, anche la chiusura lascia interdetti, anziché l’entusiasmo per il ritorno alla vita sembra quasi emergere la nostalgia per le ore più buie. Boh. 4

Supereroi. Mr Rain

Se questa fosse una classe del liceo, controllerei il compito del compagno di banco. Perché la canzone è in bilico tra la citazione colta e il plagio furbesco. «Siamo angeli con un’ala soltanto e riusciremo a volare solo restando l’uno accanto all’altro” infatti è una frase di Luciano De Crescenzo ripresa da don Tonino Bello (o forse è vero il contrario), e anche qua e là il testo ricorda altro. Ma siccome anche copiare è un’arte, il ragazzo merita un 6+.

Polvere. Olly

Si chiama “Polvere” una straordinaria canzone di Enrico Ruggeri, struggente e tecnicamente perfetta. Ahimè qui voliamo molto più basso, quasi rasoterra. L’esordio fa tremare i polsi: “Innamorato come i ciechi con gli odori, come i muti coi rumori”. Dopo va pure peggio: “Vedo Dio mentre pittura, che sorride perché sa che se fa una sbavatura poi non la cancellerà”. Il padreterno forse sarà di buonumore, noi meno. Piano americano, e sfioro il tavolo con una mano… Ah, saper scrivere. Ritorni quando avrà studiato, Olly. 4

Furore. Paola e Chiara

“In questa notte di sole, furore, furore”. Certo non ci aspettavamo Steinbeck, ma in confronto anche Fedez sembra Steinbeck. Testo estremamente esile, senza pretese, senza acume, senza brio, completamente al servizio della musica (e anche quella…). “Ballare, ancora ballare, come se fosse l’ultima, se fosse l’ultima canzone”. Hai visto mai. 4

Made in Italy. Rosa Chemical

Ecco la dimostrazione che anche un brano di musica leggera senza troppe pretese può essere scritto bene, con sagacia, ironia, gusto del tratteggio satirico. Riferimenti pop “Io voglio morire da italiano, io voglio una vita come Vasco, stringere la mano a Celentano”, oscenità più o meno palesi “Ti voglio nuda col calzino bianco”, persino riferimenti colti “L’uomo vitruviano, io sono il tuo Leonardo”. A proposito di frasi a effetto, qui vince a mani basse “da due passiamo a tre, più siamo e meglio è”. Peccato solo per il ritornello, quel Made in Italy ripetuto non aggiunge molto ed è forse l’unico neo di una composizione riuscita. 7-

Cause perse. Sethu

Ecco, io questi giovani che scrivono “Ma qua fuori è una guerra” vorrei mandarli davvero a vedere cos’è la guerra, prima di parlare a vanvera dei loro “Sogni troppo grandi per queste tasche”. Concentrato di cliché di certo trap contemporaneo, c’è la voglia di successo, c’è la tristezza perché niente cambia col tempo, il compiangersi, l’autolesionismo “Brucio questi anni come se non li avessi, come siga spente sui polsi”. Il tutto però dà l’impressione di essere autentico come una banconota da 3 euro. La peggiore canzone del festival, e con un certo distacco anche. 3–

Egoista. Shari

Un’altra canzone fluida in cui si amano donne, uomini, purché entrino dentro i jeans. Ma nessuno fa più sesso in frescolana? “Solo qualcuno d’amare per poi fargli del male”. Anche in questo caso l’ottimismo e l’entusiasmo sono travolgenti “Dal divano osservavo in silenzio la vita crollarmi davanti” ma se non l’altro l’autore si rende conto che forse questi comportamenti, se non psicopatici, sono perlomeno egoisti. “Mentre stappo sta birra che sa di the” però è una frase che da sola vale quasi la sufficienza. 6

Tango. Tananai

Qui torna il problema visto già con i Modà: se vuoi fare il testo impegnato, abbi il coraggio di andare fino in fondo. Io, per esempio, ho dovuto leggerlo sui giornali che era una canzone dedicata a una coppia di amanti nell’Ucraina attuale. Bella l’idea, anche se alcuni passaggi sono da shock anafilattico lessicale, come il terribile “Eravamo da me, abbiamo messo i Police, era bello finché ha bussato la police”, altri balbettano nei luoghi comuni “Non c’è un amore senza una ragazza che pianga”: in questo Sanremo a dire la verità i piagnoni sono tutti maschi. Più coraggio, dai. 6-

Alba. Ultimo

Forse la canzone emblema della scrittura contemporanea: lirismo facile (l’alba, la rima lividi e brividi, il camminare senza meta), nessuna evidente sbavatura ma nessun guizzo. Quale frase di Ultimo scrivereste voi sul diario se foste un adolescente? Io mi troverei sinceramente in imbarazzo, ma forse perché sul mio diario di sedicenne c’erano De Gregori e Baglioni e forse sì, sono io che chiedo troppo. 6

Stupido. Will

Siamo dolori che canterò e so che se torni non basterò” è un ritornello intelligente e accurato, poi da standing ovation l’ammissione “E divento pure un po’ banale, come dirti che se non ci sei non so che fare”. Finalmente uno che sa di non essere un poeta ma almeno lo ammette. Mi sarei risparmiato quel terribile “ruberò le lacrime che ti porta via il vento” da fotoromanzo rosa, ma insomma, il compito è svolto con profitto. 7–