Il blog di Carmine Caputo

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Il logo di quei talentuosi della seconda C

20 Maggio 2017 Carmine Caputo

Fareste mai progettare un ponte ad un bambino di 12 anni? Chiedereste ad una studentessa di terza media, magari la prima della classe, non dico di no, di preparare un composto per curare l’influenza? E vi fareste redigere la dichiarazione dei redditi da un gruppo di ragazzini durante il doposcuola? E allora perché, santa miseria, perché pensate che i bambini di scuola media siano adatti a disegnare loghi? La comunicazione è una scienza, che richiede studi, competenze ed esperienza proprio come la medicina, l’ingegneria o quella roba che fanno i commercialisti. E certo le conseguenze non sono immediate come per un ponte che crolla o una colossale multa tributaria, ma a lungo andare i loghi brutti che ci circondano hanno un effetto tipo le polveri sottili. Non te ne accorgi ma alla lunga ti avvelenano.
Da sempre ogni attività didattica che esca fuori dai canoni consueti si traduce nel mitico cartellone: abbiamo fatto cartelloni di storia, geografia, scienza, dite la verità, l’abbiamo fatto tutti. In natura i cartelloni non esistono, non come si fanno a scuola, con disegni, testi, fotografie. Ci sono i cartelloni pubblicitari, certo, ma hanno un altro obiettivo e un altro significato (quello di Intimissimi fuori sulle strade in questi giorni, per esempio, secondo me è finanziato da qualche associazione di carrozzieri). I cartelloni scolastici sono da sempre un’espressione grafica e testuale fine a se stessa, perché se ne fanno tanti a scuola, ma restano lì. E, sia ben inteso, vanno benissimo così. I cartelloni sono divertenti, coinvolgenti, ti permettono di inginocchiarti vicino alla più carina della classe e ammirarla mentre lavora di pastello con tanta perizia.
Il problema è che da qualche anno si è insinuata nel corpo docente (ma non solo loro: assessori alla scuola, organizzatori di eventi, consulenti sprovveduti vari ne sono convinti) l’idea che i ragazzini sappiano disegnare loghi. Siccome nessuno ha insegnato loro come si fa, ovviamente questi loghi sono didascalici, banali, occupano male gli spazi, accostano i colori in maniera imbarazzante, sono difficili da declinare in vettoriale per i vari usi cui saranno destinati (targhe, stampe, eccetera).
Allora, delle due l’una. O prima di far disegnare ai ragazzi questo benedetto insegnate loro le basi della comunicazione visiva, della semiotica e del marketing, e sappiate che non vi basteranno un paio d’ore,  oppure lasciate che tornino a pasticciare cartelloni, e lasciate che i loghi li disegnino chi sa farlo.
Anche perché lo sappiamo tutti che poi lo sgorbio partorito da qualche creativo in erba finirà sulla scrivania di qualche grafico, che ci metterà il doppio del tempo a renderlo presentabile su richiesta del committente di turno, di quanto ci avrebbe messo a disegnarne direttamente uno.

Ah, i commercialisti studiano diritto economico e commerciale.

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Giornalista di professione, scrittore per passione, Carmine Caputo è nato a Statte, la collina ridente alle spalle di Taranto, un venerdì alle ore 18: giusto in tempo per l'inizio del weekend. Visto che la collina non rideva più si è trasferito a Bologna nel 1994 dove si occupa di ufficio stampa, lo sguardo rivolto a oriente nella speranza di intravedere un riflesso sul mare.

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