Quelli che il codice

In questi giorni sto leggendo il Codice da Vinci.
Lo sto leggendo perché ho voluto che passasse la moda, mi sono documentato su Templari, Santo Graal eccetera per non farmi cogliere impreparato dalla storia, e adesso sono pronto ad affrontarlo criticamente. Non entro nel merito del romanzo, che è tecnicamente fatto benissimo anche se ha una prosa abbastanza mediocre e alcune grossolanità scellerate; lo farò quando l’vrò completato.
Invece mi diverte di più notare l’atteggiamente che c’è intorno al codice. Per alcuni è stata una lettura estiva, una concessione alla leggerezza, divertente ma niente di che. Quasi si vergognano di ammettere di averlo letto, e comunque se lo citano è per evidenziarne gli errori. Altri ne parlano come se averlo letto abbia aperto loro le porte della conoscenza, si eccitano al solo ricordo e puntano il dito contro il complotto che ci avvolge. Altri ancora pontificano di cavalieri del santo sepolcro e Opus Dei vantandosi del fatto che hanno letto il Codice da Vinci, tutto quanto! In fondo alla catena ovviamente ci sono quelli che il libro non l’hanno letto, ma hanno visto il film: chiacchierano molto anche loro.
Finora sono stato alla larga dalle conversazioni, trincerandomi dietro un "non l’ho letto". Devo trovare una valida scusa per continuare a estraniarmi e portare la conversazione su un più agile Harry Potter…