Salone del libro 2007

Domenica sono tornato dopo un anno sabbatico preso per impegni familiari al Salone del Libro di Torino. Che dire?Ho provato ad ascoltare la presentazione di “Uscite d’emergenza”, romanzo di Alexis Romay, giovane cubano critico del regime di Castro ed esule negli Stati Uniti, ma lo stand accanto aveva una musica da discoteca talmente tanto forte da disturbare anche le salette (non farò il nome del disco stand perché certa spazzatura non merita neanche la pubblicità negativa).
Ho fatto un giro molto veloce osservando i manifesti che annunciavano la presenza di Lori Del Santo che autografava copie del suo libro, gli schermi che proiettavano il faccione di Moccia (ma senz’audio, che evidentemente guardarlo è sufficiente ai suoi fans), la gigantografia del poeta Luciano Ligabue, Nicolino Badasso alla guida di un corteo che ambiva a conquistare Farhenth all’urlo di “Basta metafore”.
C’erano soliti attori, cantanti, politici, personaggi televisivi che hanno deciso di dedicarsi alla scrittura per riscoprire se stessi (ma un buon psicanalista, no?)
Per carità, c’erano anche i libri, tanti, interessanti, e tanti lettori anche. Però c’è un limite che il Salone sta preoccupantemente per superare. Da una parte c’è l’appuntamento culturale, lo scambio di idee, la passione, la lettura: dall’altro c’è la discoteca, lo shopping, il facciamo vedere, la tivù. Speriamo si fermino in tempo: personalmente ho consigliato al mio editore di risparmiarsi i soldi dello stand l’anno prossimo, a meno che non abbia in catalogo la biografia di una velina.
Con foto a colori, ovviamente.