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Cd o antiquariato?

Ci sono pochi motivi per essere nostalgici, come consumatori di musica leggera.
Diciamoci la verità, quando pensiamo a Elton John che dichiarava di spendere un miliardo al mese, o alle ville di Madonna, o al parco immenso di Michael Jackson, ci rendiamo conto che se c’è qualcosa di buono che la pirateria ha apportato, è un po’ di sobrietà nel mondo della musica pop. Un violoncellista di una orchestra internazionale o un soprano di qualità vivono in maniera dignitosa delle loro rappresentazioni, ma certo non nello sfarzo. Così come i grandi compositori del passato non facevano la fama ma neanche diventavano più ricchi dei loro mecenati. Non si capisce allora perchè uno che indovini un ritornello orecchiabile debba viverci di rendita per settant’anni.
Per non parlare dell’insulso, plasticoso e ripetitivo packaging dei cd (neanche i testi, ci mettono, gli spilorci) che fa rimpiangere l’arte figurtiva dei vecchi lp ma di sicuro non ci mette in crisi se compriamo un mp3 online anziché un cd singolo. Per un motivo di rimpianto c’è. Una volta, anche nei centri commerciali, c’era la possibilità di ascoltare alcuni brani prima di decidere l’acquisto. I cd erano elencati in ordine alfabetico, o divisi per genere.
La logica banconiera e il crollo degli acquisti ha fatto sì che gli spazi dedicati alla musica siano crollati drasticamente, e soprattutto che l’attenzione nei confronti di questo prodotto sia seconda solo agli attrezzi da giardino. Ieri ho provato a chiedere un cd in un Ipercoop: mi dispiace, è stata la risposta, non sappiamo se ce l’abbiamo. Cerchi lei. E io ho cercato, in una babele di gothic metal, compilation anni sessanta e cd inutili piazzati solo da un distributore amico.
Non ho trovato quello che cercavo, e un po’ m’è dispiaciuto.

“Bello dentro, fuori meno” recensito da Progetto Babele

Quando ormai hai smesso di sperare che la distribuzione abbia un moto d’orgoglio e, come d’incanto, si metta a lavorare anche solo per pochi giorni; quando hai capito che partecipare ai concorsi è una buona idea, ma rimanere delusi dai risultati non lo è; quando stai pensando intensamente al secondo romanzo, convinto che il primo ormai abbia dato quel che poteva dare (e cioè poco e niente); quando i risultati delle vendite ti hanno convinto che con il ricavato netto puoi permetterti al massimo un trancio di pizza; quando cominci a dubitare seriamente sul fatto che questi sforzi siano valsi a qualcosa… Salta fuori una recensione come quella di Progetto Babele, una rivista letteraria interessante perché libera (si basa sul volontariato e la passione, e per questo può recensire anche autori come il sottoscritto). Una recensione che riaccende la speranza: tra quei pochi che hanno letto Bello dentro, c’è chi l’ha apprezzato. Chissà che non se ne aggiunga qualche altro