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Il tabù del pantalone corto

Non è vero che non ci sono più le mezze stagioni. Ci sono eccome, solo che si sviluppano tutte nella stessa giornata. Prendete per esempio marzo a Bologna, città che negli anni ha sviluppato una forte tendenza alla moda prêt-à-porter da un lato e alle crisi isteriche dall’altro, perché, per ragioni meteorologiche, il cambio degli armadi va fatto cinque o sei volte l’anno.

La mattina, specie con l’ora legale che allunga i pomeriggi a discapito delle prime ore del giorno, è inverno. Non troppo rigido, per carità, ma il cappotto ci vuole. Man mano che ci si avvicina al mezzogiorno, ecco che è primavera, svegliatevi bambini. Si sta benone con una camicia, al massimo una felpa. Per arrivare così alle tre del pomeriggio in cui chi ha il condizionatore in auto lo accende, e rimanere a mezze maniche è quasi d’obbligo. Almeno fino al tardo pomeriggio quando si presenta l’autunno, senza foglie secche ma con quel vento fastidioso che si insinua tra il collo e le orecchie e ti regala una carezza dall’oltre tomba.

La soluzione è solo una: vestiti a cipolla, dicono. Che funziona per la parte superiore, certo con l’inconveniente che dopo pranzo ci vorrebbe un carrello della spesa per portarsi dietro tutto ciò che ti sei tolto di dosso, ma sotto come si fa? Non è che puoi metterti i pantaloncini della palestra sotto i jeans e voilà, sti sta più freschi. Anche perché la nostra società ha discusso per anni di quanto potesse rimanere nuda la gamba femminile, e c’erano vescovi che trovavano scandalosa la vista delle caviglie, ma nessuno ha rimosso il tabù delle gambe maschili.
Sempre rigorosamente coperte, anche a fine luglio, anche a quaranta gradi.

Uniamoci e facciamo sentire la nostra voce: libertà di pantaloncino in ufficio. Se necessario siamo disposti a depilarci. Io per stare più fresco indosserei pure una minigonna, se necessario. Con gli slip aderenti sotto, sia chiaro, che la libertà è bella ma troppa diventa anarchia.

Quando fa caldo

Quando fa freddo te ne stai in casa, indossi un maglione di lana te ne stai al calduccio sotto una coperta. E se devi uscire, cappotto, cappello e sciarpa e si va.
Quando fa caldo te ne stai in mutande in casa, ma non basta, fa caldo uguale. E purtroppo non puoi uscire nudo, sebbene necessario.

Quando fa freddo devi cambiarti tutti i giorni la biancheria intima e i calzini, ma il resto può durare anche più giorni. Quando fa caldo la maglietta che hai indossato al mattino all’ora di pranzo la puoi strizzare come il panno per i pavimenti.

Quando fa freddo devi preoccuparti al massimo dell’aspetto del tuo viso, raderti, pettinarti, tutto lì. Quando fa caldo i tuoi mostruosi peli bianchi salteranno fuori all’improvviso denunciando un invecchiamento inesorabile.  E nel caso delle donne è pure peggio.

Quando fa freddo al cinema danno i migliori film della stagione, e i calciatori giocano le partite migliori del campionato
Quando fa caldo al massimo puoi vederti qualche film d’essai in un’arena, ma con ogni probabilità ti toccherà mezz’ora di introduzione del regista intervistato dal semiologo del cinema. I calciatori con la scusa del ritiro se ne stanno al fresco, beati loro.

Mi piace l’estate, mi piace il mare, mi piacciono le giornate più lunghe e le bibite fresche. Però mi piacerebbe che il cambiamento climatico fosse un pochino più graduale, voi no?