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Le ferrovie dello strato

Il titolo non è un refuso. I comunicati ufficiali di Trenitalia di questi giorni con spettacolari artifici retorici riportano “Continua l’applicazione del Piano Neve che garantisce la mobilità dei viaggiatori grazie ad un alleggerimento nella programmazione dei treni che rende più fluido il traffico”.

La realtà è che l’alleggerimento vuol dire cancellazione dei treni locali e di tutto ciò che in qualche modo può ostacolare sua maestà l’Eurostar, che per nessun motivo deve subire rallentamenti o ritardi. E lo strato a cui mi riferisco è proprio lo strato sociale, quella società classista stratificata che pensavamo relegata al diciannovesimo secolo dickensiano o a certe regioni dell’estremo oriente e che invece Trenitalia sta realizzando in questi giorni. Una società che vede da una parte i vip, i brillanti, la classe dirigente che grazie all’alta velocità raggiunge Roma da Milano in poche ore, anche sotto la bufera. Dall’altra gli sfigati, i mammoni, i bamboccioni – chiamateli come volete – gli studenti senza suv e i lavoratori pendolari che invece attendono 4 o 5 ore, in stazioni senza sala d’aspetto e senza personale, sperando che infine qualcosa passi.

Tanto per farvi un esempio mercoledì 8 febbraio il treno 6581 ha fatto una decina di minuti di ritardo, dopo di che sono stati cancellati l’11521,l’11571, il 6559, mentre il 6501 ha fatto un ritardo di venti minuti. Tradotto in altri termini tra le 6,30 e le 9 non ci sono stati treni tra Bologna e Firenze. A parte l’alta velocità, impeccabile come sempre. Alla faccia dell’alleggerimento. Ma non è che un pendolare che deve fermarsi TRA Bologna e Firenze può prendere l’eurostar e lanciarsi al volo dal finestrino.

Nel frattempo le insegne elettroniche davano notizie fuorvianti (ho preso un treno che era stato dichiarato soppresso cinque minuti prima: la tenacia premiata) e una voce preregistrata continuava a ripetere di stare lontani dalla striscia gialla. La situazione va avanti così da 10 giorni, con i poveri capitreno che si difendono dietro un “un ci si capisce più nulla” (ripeteva sconsolato un capotreno l’altro giorno che per primo veniva sballato da una parte all’altra senza alcun preavviso), e dall’altra parte gli autobus e le corriere che invece non perdono un colpo.

Anni fa i treni avevano la terza classe: c’era chi viaggiava in poltrona e chi su una panca di legno, ma se si si arrivava, si arrivava tutti insieme. Era la metafora di un’Italia in cui anche per chi stava scomodo in terza classe c’era un po’ di speranza. Oggi no, oggi ci sono i treni lusso, che viaggiano supersonici verso l’Europa, e i treni dei poveracci, soppressi per non infastidire.

PS Per evitare gli imbarazzanti pannelli pieni di scritte SOP. (soppresso) ultimamente i pannelli riportano solo i treni che viaggiano: gli altri sono scomparsi, ingoiati come fantasmi dietro il vapore della Freccia Rossa. E’ l’alleggerimento, bellezza.
AGGIORNAMENTO
Se non ci credete, guardate i treni cancellati per il 14 febbraio sulla Bologna Prato: più della metà, e aggiungete tra i 40 e 70 minuti di ritardo ciascuno, E meno male che non nevica più
Fonte: Ferrovie dello Stato

Le Ferrovie dello Strazio

Una capotreno è stata multata ed ha subito anche un provvedimento disciplinare perché pare abbia trasgredito al severo manuale di comunicazione dell’azienda. La dipendente infatti, in un annuncio ai viaggiatori, ha osato parlare di “guasto”, quando invece avrebbe dovuto parlare di “controllo tecnico”. Secondo questo meraviglioso manuale alla cui redazione avrebbero partecipato degli accademici, bisognerebbe parlare di “intervento dei vigili del fuoco”, e non di incendio, e chissà quali altre capriole lessicali. Ci sarebbe da indignarsi se non fosse che questo determinismo linguistico risale ormai al secolo scorso – e anche prima – e l’idea che orwelliana che un linguaggio censurato avrebbe potuto omologare le coscienze sembrava messa in soffitta. Non per le ferrovie dello stato, per le quali bisogna parlare di soluzioni, e non problemi.
Allora mi propongo di suggerire qualche altra nota al manuale: anziché di treni maleodoranti, potremmo parlare di vetture “diversamente profumate”; al posto dei sedili sporchi, potremmo inserire un “vagoni dal tocco esoticamente selvaggio”; anziché di ritardo, potremmo fare riferimento a “orari di arrivo alternativi”. Così si che noi viaggiatori saremmo felici nelle nostre carrozze stipate all’inverosimile, anzi, pardon, “con un contatto umano più ravvicinato”