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Ciambelle al cianuro

Io me la ricordo ancora, la ciambella vaniglia e cioccolato che preparava mia madre per le feste di compleanno a scuola o per Carnevale e Natale.
C’erano anche altri dolci, certo, ma quella ciambella era un colpo sicuro, non ne rimaneva mai una fetta. Ed era buone anche la focaccia, le pizze, l’immancabile salame al cioccolato che portavano i compagni di classe e che avevano preparato le loro mamme. Oggi tutto questo non è più possibile, perché il cibo che si porta a scuola deve essere confezionato, altrimenti niente.
Motivi igienici, sanitari: se la mamma terrorista inserisce il cianuro nella torta, la responsabilità è della scuola che ha permesso l’avvelenamento dei bambini. E siccome siamo nell’era del rifiuto delle responsabilità (Pilato ai giorni d’oggi sarebbe un decisionista), meglio allore le briosche al colesterolo, le tortine di zucchero sintetico e ciambelle ai coloranti delle multinazionali.
Che magari avvelenano i bambini davvero, altro che la mamma terrorista, ma un po’ alla volta, giorno dopo giorno, dolcemente.
Non so voi, ma io continuo a preferire la ciambella della mia mamma…

L’Italia s’? desta col cavalletto in mano

Sarà che l’atmosfera di questi giorni è funestata dalle notizie provenienti dall’Asia, dove alla tragedia naturale si aggiunge quella causata dall’azione degli avvoltoi, però la notizia dell’aggressione di Berlusconi a fine anno ha acquistato un rilievo più di costume che di cronaca nera. I telegiornali governativi, che già da settimane avevano pronti i loro servizi sul cenone degli italiani, sullo stress del viaggio e sui consigli per gli acquisti dell’ultima ora, si sono trovati in difficoltà di fronte ad una tale tragedia immane come quella del maremoto, impossibile da nascondere anche per dei professionisti dell’occultamento, e hanno finito per spostare la notizia dell’aggressione nello spazio solitamente dedicato alla cronaca leggera con il quale sorridere un po’. Persino le accuse degli urlatori italoforzuti, più che drammatiche, ricordavano il tormentone da cabaret dell’anno scorso “Attentato, si tratta di attentato”. Eppure a me il fatto è sembrato una cosa molto seria. Gli uomini pubblici sono da sempre e in tutto il mondo soggetti agli attacchi ingiustificabili di folli, esaltati, esibizionisti. Ma l’aggressore di Berlusconi più che un pazzo o un congiurato, mi è sembrato un italiano esasperato, certo un po’ troppo impulsivo e violento. La sua azione non è scusabile: certo però che quando il primo ministro di uno stato democratico viene aggredito in piazza da una persona sana di mente (e una larga fetta della popolazione in cuor suo se ne compiace), c’è qualcosa che non va. C’è una parte dell’Italia di oggi non è quella felice degli spot che fa girare l’economia con i sacchetti carichi di spesa; è un Italia con il cavalletto in mano che vorrebbe (solo metaforicamente, ovvio) darlo in testa a chi ci ha ridotti in questo stato. C’è una campagna d’odio in atto, forse è vero: ma prima di dar la colpa al centrosinistra, che non sarebbe in grado di gestirla e alimentarla (troppo difficile!) i governanti dovrebbero farsi un piccolo esame di coscienza…