Archivi tag: rifiuti

La discarica distribuita

Lo smaltimento dei rifiuti è uno dei costi maggiori per gli enti locali. Le discariche sono sempre più piene, differenziare i rifiuti è costoso e complicato. Come fare? 

Ci sono alcune amministrazioni che incentivano la riduzione dei rifiuti, per esempio promuovendo l’uso di compostiere che trasformino in concime i rifiuti umidi, soluzione ottima se vivete in campagna, un po’ meno se pensate di piazzarla sul balcone che si affaccia sul cortile condominiale. Non è detto che i vicini apprezzerebbero.

Altre che incentivano l’uso dell’acqua pubblica (la cosiddetta acqua del sindaco) per evitare che si accumulino bottiglie di plastica. Altre ancora che hanno investito molto sulla raccolta differenziata, arrivando a far sparire i bidoni sostituendoli con la raccolta porta a porta (e tra questi c’è il mio Comune del cuore, Statte, uno dei primi in Puglia).

E poi c’è Bologna. A Bologna hanno pensato: poche enormi discariche sono difficili da gestire. Creiamo centinaia, migliaia, centinaia di migliaia di piccole discariche: una per ogni abitazione. Geniale. Ciascuno si tenga la monnezza, insomma. Vedrai se non impareranno a produrne di meno.

Certo in questi casi l’eliminazione del cassonetto sarebbe risultata eccessiva. Che fare allora? Attuare dei sistemi che disincentivino l’uso. Intanto con l’umido: chiudiamoli a chiave. Chi non ha la chiave, non butta l’immondizia. Si, avrà detto un consulente, ma uno la chiave la mette insieme alle chiavi di casa, e ha risolto. Ed ecco il colpo di genio: una chiave abnorme, che non può stare tra le chiavi di casa, neanche in casa. La chiave per aprire il bidone dell’umido a Bologna è una specie di stella ninja solo cinque volte più pesante. Nei paesi del nord Europa la chiave dell’umido di Bologna richiede il porto d’armi, in America vogliono sostituirla al teaser ma poi rischia di rallentare troppo gli agenti e in auto occupa un posto da sola.

E la carta e la plastica? Semplice. Teniamoli chiusi, Eh ma non si può. E allora sostituiamo l’apertura con una fessurina piccola piccola. Tanto per dire: oh ma che vuoi, il cassonetto è aperto. Se poi è tecnicamente impossibile inserire, per esempio, un contenitore del detersivo formato famiglia nella fessura, o un secchiello, vorrà dire che te lo porterai a casa. Puoi sempre conferirla alla stazione ecologica nei comodi orari di apertura tra la terza e la quarta luna degli anni bisestili o in caso di congiunzione astrale di due o più pianeti del Sistema Solare negli altri anni.

E la carta? Bisogna essere onesti: i fogli di carta nella fessura ci stanno. Anche un giornale ripiegato. Qualunque altre sacchetto contenente carta no, riportatelo a casa, via, sciò.

Vi starete chiedendo: ma se l’accesso alla differenziata è così complicata, finiranno tutti per buttare tutto nell’indifferenziata. Era così, infatti. Ma poi i mega consulenti ci hanno pensato, e hanno introdotto la tessera digitale che ti consente di aprire Sesamo e inserirci un sacchettino, piccolo però.

Il modello è sempre lo stesso. I disonesti facciano come gli pare, possono lasciare la spazzatura sul marciapiede, se gli va. Per tutti gli altri, tenetevi la monnezza a casa. Anzi, visto che siamo a Bologna, il rusco.

Passa a ritirare Hera

Passa a ritirare Hera. ll foglietto scritto a mano è il biglietto da visita per il Caronte che passerà a ritirare il dannato abbandonato sul marciapiede. 

 C’è il malinconico divano, ancora morbido e confortevole ma segnato in più punti e dalla pelle squarciata sul bracciolo, là dove si impigliò il bracciale della nonna, o dove il piccolo provò il coltellino svizzero dello zio. Oppure dove – perché no? – la focosa padrona di casa spinse in preda alla passione le manette del suo succube stallone.

C’è l’immancabile televisore con il tubo catodico, quella specie di imbuto dietro lo schermo che ha imperato nelle nostre vite per decenni finendo per decidere sull’arredamento, la disposizione dei mobili, l’impianto elettrico talvolta. E poi diciamocelo una volta per tutte, erano scomodi e ingombranti, non avevano la risoluzione che ci permette di ammirare il brufolo dell’annunciatrice sfuggito al fard, ma si potevano guardare da ogni punto della stanza, mentre certi schermi piatti di oggi trasformano il conduttore nel grande puffo se solo sposti di qualche grado l’angolo di visuale.

Ci sono quelle tristi librerie così divertenti da portare in casa quando sono ordinatamente separate in mensole e chiodini, come enormi sorprese dell’ovetto Kinder, che si mostrano tenacemente restie a lasciare l’appartamento una volta che vi ci sono insediate. I segni di violenza efferata di cui evidenziano le tracce non sono in questo caso frutto di anni di vita movimentata. Nemmeno la femme fatale  di cui sopra potrebbe inventarsi un siparietto erotico coinvolgendo una pudica Billy in compensato. No, quelle ammaccature sono evidenti episodi di frustrazione, scaturiti nel tentativo drammatico di traferire la libreria in una tromba delle scale che pare essersi improvvisamente ristretta.

Se fossi un ricercatore di sociologia studierei la spazzatura, i rifiuti, perché un’attenta analisi della nostra comunità fatta di consumatori prima che cittadini può partire da lì. Siamo passati in un secolo o anche meno dall’essere contadini che si scaldavano bruciando erba e foglie, perché la legna era troppo preziosa, a impiegati che buttano via armadi e salotti dopo una decina d’anni per ravvivare gli ambienti. Se i bambini del secolo scorso si costruivano i giocattoli con le scatole di latta di conserve o  acciughe sott’olio, quelli di oggi pretendono un tablet con un processore più potente ogni due anni per gli ultimi aggiornamenti di Among Us o Minecraft.

Tanto poi passa l’omino di Hera e, molto cattolicamente, lava via i nostri peccati,