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Ci vuole un fisico bestiale

C’è un periodo della tua gioventù in cui cerchi di mantenerti in forma perchè pensi che ti farà fare bella figura con gli amichetti in cortile.
Crescendo corri e salti perché vuoi entrare nella squadra di pallacanestro della tua classe.
Poi da adolescente ci tieni a impressionare la tua compagna di liceo facendole vedere come stai bene con i calzoncini corti, e all’università non essere sovrappeso è una questione di status symbol (molto facile da raggiungere a dire il vero, considerando la vita parca di un universitario fuori sede).
Tutti questi sacrifici in realtà servono a poco: in cortile c’è quello grosso che fa valere i suoi chili nello scontro fisico, nella squadra di pallacanestro c’è quello alto che ti stoppa, le compagne del liceo dopo cinque minuti di partita scompariranno dagli spalti con il compagno di classe che non fa sport, fuma e c’ha già la pancia da birra, ma fa così maledetto.
Sacrifici che servono a poco, dunque, fino a che non raggiungi la paternità. Infatti è allora che ti serviranno riflessi pronti, intuizione, scatto, fiato, presa pronta e resistenza al dolore. Per stare dietro a tua figlia, infatti, serve un’atleta, e di quelli bravi. Finalmente tutti i tuoi sforzi per mantenerti in forma hanno un senso, proprio adesso che il tuo fisico comincia a cedere su più fronti…

Kill Bill Volume I

Quentin Tarantino si deve proprio essere divertito un mondo, nel girare Kill Bill: si ha quasi l’impressione di scorgere l’entusiasmo del regista che cita a piene mani dal cinema orientale di serie B, che gongola nello splatter più truculento, che si sente perfettamente a suo agio tra teste mozzate, arti che schizzano via e sangue, sangue, tanto sangue.
La tecnica c’è ed è magistrale, dalla scelta dell’inquadratura al ritmo che alterna sequenze adrenaliniche a improvvisi rallentamenti, dalla musica anni 60 che si sposa benissimo con le immagini vivide e colorate, ai salti temporali che tanto piacciono al nostro regista. Un capolavoro, allora? Forse avrebbe potuto esserlo, se solo avesse avuto un minimo, vago, leggero abbozzo di sceneggiatura. Invece i dialoghi latitano, sono ridotti all’essenziale, quando ci sono funzionano nel gioco parodico “I più fortunati di voi che hanno ancora una vita se ne vadano finché sono in tempo, ma lasciate qui i vostri arti amputati, quelli ormai mi appartengono…”, insomma siamo distanti anni luce dai momenti migliori delle Iene e di Pulp Fiction. Tenete presente comunque che chi scrive ama molto la parola e molto meno le amputazioni sanguinolente, e questo può aver influito…