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Grazie Michael

Ha cominciato che c’era ancora Senna, la Ferrari che festeggiava se finiva la corsa e una Formula Uno che dopo gli anni della noia cominciava a interrogarsi su quelle corse così monotone.
 Ha vinto il primo titolo con una macchina che sembrava uno cartellone pubblicitario, anzi lo era, quella Benetton patchwork che serviva a vendere bluejeans. Quando ha deciso di passare alla Ferrari non tutti si sono resi conto dei rischi che si assumeva: a parte un glorioso passato, la scuderia di Maranello a metà anni novanta non offriva nessuna garanzia di risultato, e ripartire da zero per un campione del mondo non è facile (guardate che fine ha fatto Villeneuve). Ci ha messo un po’, un paio d’anni di duro lavoro, quel titolo perso per un soffio nel 97 e l’antipatico sospetto che avesse cercato di speronare la Williams, poi gli anni dei trionfi.
Con la Ferrari ha vinto praicamente un gran premio ogni tre corsi, stratosferico.
E ieri, nell’ultima gara della carriera, sembrava un papà che gioca con i bimbi, parte con un giro di ritardo, scoppia la gomma, li riprende tutti e ci manca davvero poco che non li ripassi tutti. Si ferma al quarto posto dopo un sorpasso memorabile a Raikkonen che se aveva qualche ansia sul ruolo di erede adesso ne sarà schiacciato. Tanto di cappello, Michael, dopo aver sentito a lungo i racconti di mitici di chi ha visto correre Nuvolari e Fangio, adesso possiamo dire di aver visto anche noi un campione senza tempo.
Chissà quanto ci vorrà per vederne un altro.
PS Massa, che ieri ha vinto il gran premio, è nipote di un emigrante di Cerignola. I pugliesi per vincere devono lasciare la Puglia…

Giornalismo interpretativo

Accessibile come un convento di clausura arroccato sul monte, usabile come certe caffettiere chic che ti ustionano le mani, coerente come le prese di posizione di certi politici, graficamente elegante come il volantino di una svendita per chiusura locale, il nuovo sito di Repubblica.it ha rappresentato una pagina mediocre di giornalismo. Si perché di fronte a centinaia, forse migliaia di utenti che protestavano  e giudicavano brutto l’intervento sul sito la redazione ha pubblicato un articolo in cui affermava che l’evoluzione “è stata accolta con umori alterni” e che “sono tanti quelli che hanno manifestato apprezzamento”. Si tratta di un bellissimo esempio di interpretazione della realtà così forzata da poter risultare addirittura mistificazione. Se, faccio un esempio, in 100 (sono tanti) dicono che il sito è bello, e in 2000 dicono che è brutto, è corretto scrivere che in tanti apprezzano? Non è falso, certo, ma non è quello che mi aspetto da un giornale serio. Per chi non ha ancora capito a cosa mi riferisco (sveglia!Meno male che domani non si lavora, eh?) sto parlando della nuova veste grafica di Repubblica.it che ha introdotto il blu per i titoli degli articoli, razionalizzato alcuni spazi in vista – sospetto – di una integrazione con kataweb ma tutto senza grande rispetto delle minoranze, visto che il sito non è visibile dai Macintosh e mette in difficoltà alcuni browser per disabili e gli utenti privi di un computer potente e aggiornatissimo. Forza ragazzi, tutti sbagliano ogni tanto. L’importante è ammetterlo