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La spesa ai tempi del coronavirus

Premetto che sono piuttosto ligio alle norme sul distanziamento sociale: mascherina, amuchina, file a distanza. Solo mi preoccupa un po’ l’effetto del potere sulle persone meno abituate a gestirlo.

Sabato mattina, centro commerciale, un’ora e mezzo di fila per entrare (perché il working sarà diventato smart, ma sempre il sabato mattina ti resta per fare la spesa). File anche per i latticini, file per i banconi, ovviamente anche per le casse.
Una coppia di stranieri si avvicina con il carrello alla cassa.
Insieme.
Lo sconcerto è generale, l’intervento dell’esercito della distanza immediato. Mai che trovi un dipendente che ti dica dove diavolo sono le birre, ma in compenso appena ti avvicini troppo ti circondano in tre con il dito puntato.
Una dipendente grida: non in due! Non in due! Mantenere le distanze!
Ma siamo una coppia, stiamo insieme, prova a difendersi la donna.
E qui il colpo di teatro del colonnello con il badge: si ma il virus non lo sa! Il virus salta, eh!
Dietro questa affermazione così persuasiva nella sua assoluta insensatezza, mugoli di approvazione si diffondono intorno alla giustiziera: non ce la possono fare, non capiscono, dove finiremo.
Provo a domandarmi se forse mi sono perso l’ultima dichiarazione di qualche virus-star che spiega che, se si procede in coppia, il virus si potenzia, tipo dalla moglie fa la cavallina sulle spalle del marito per andare più lontano. Oppure il grafico di qualche fisico che spiega l’effetto catapulta, cioè quel processo per cui il virus, che sappiamo nascondersi nei testicoli, dopo tre ore di spesa in coppia raggiunge una pressione tale da poter raggiungere la stazione orbitale e infettare un astronauta russo con un colpo di bacino. Non lo so, forse mi sono distratto.
Il marito sembra sul punto di intervenire, vorrebbe aggiungere che hanno pomiciato in parcheggio fino a pochi minuti prima, magari hanno fatto pure dell’hard petting, non c’è rischio che si infettino a vicenda. Poi si rende conto di non avere abbastanza padronanza dell’italiano per una spiegazione così dettagliata e mimare non aiuterebbe la situazione, per cui rinuncia.
Ancora stordito da questi pensieri, quando vedo che chi mi precede a 8, 9 metri da me ha liberato il carrello e sta riempiendo i sacchetti, mi avvicino alla casa.
L’errore è fatale. La cassiera mi guarda con disprezzo, se avessi aperto un impermeabile per mostrarmi nudo e ammiccare forse avrebbe reagito meglio. Si avvicini quando glielo dico io, sibila.
L’altro consumatore ha la mascherina come me, è a otto metri almeno, ca**o neanche si chiamasse Carl Lewis Virus Desease potrebbe raggiungermi con un balzo.
Ma sento la disapprovazione salire intorno a me e senza fiatare (questo lo apprezzano tutti, l’apnea ci salverà) torno mestamente indietro.

Quando tutto sarà finito, speriamo, questa sbornia di potere dell’esercito della distanza lo riporterà a terra, o finiremo per dover firmare una autocertificazione prima di entrare in autogrill in cui dichiariamo di impegnarci a non scoreggiare facendo la pipì?

PS Nonostante i divieti ho preso un sacchetto di mollette dal settore proibito dei casalinghi e l’ho pagato alla cassa con disinvoltura.
Combattere il sistema, sempre!

Il nonno scheda bianca

cinque_stelleC’è il nonno che vota estrema sinistra alla continua ricerca di un compagno tra incrociare tre le corsie, con cui discutere dei tempi belli dei partigiani e con il quale litigare prima di arrivare alle casse.

C’è la nonna che vota Forza Italia che si guarda con sdegno intorno, ancora incredula di essere caduta così in basso da essere stata costretta a fare la spesa dai comunisti delle cooperative. Ma tant’è, il negozietto sotto casa che gli portava la spesa a domicilio ha chiuso e il cinno a cui per trent’anni non ha dato la mancia adesso fa l’impiegato in un autosalone.

C’è la nonna che vota per i Verdi che controlla che i prodotti siano a chilometro zero, compra l’insalatina triste biologica, il sapone che non fa schiuma ma non uccide i tonni dell’Atlantico, la banana solidale e prima di imboccare la via di casa infila nel carrello quattro belle bombolette spray di insetticida, si va be’ l’ambiente Mario Tozzi e l’ecosistema due maroni ma lei gli scarafaggi proprio non li sopporta.

C’è il nonno leghista che è in incognito, perché di solito fa la spesa dai negozi con la S ma stavolta non ha potuto fare a meno di venire qui perché c’è l’offerta sul Lambrusco e si sa che i comunisti il Lambursco sanno farlo bene. Il nonno leghista dà la precedenza alla mamma incinta, sorride ai bambini che gli hanno pestato il piede, ringrazia la cassiera che ha sbagliato a dargli il resto e tutto soddisfatto se ne va a lasciare il carrello al parcheggio. Nel carrello ha infilato cento lire anziché un euro con l’unico obiettivo di vedere che faccia farà il bingo bongo cui lo lascerà quando si renderà conto che l’ha fregato anche stavolta.

C’è il nonno del PD area Renzi che ha con sé 70 € ma ha fatto una spesa da 120 € contando sulla comprensione dei mercati e degli investitori esteri, c’è il nonno della minoranza PD che ha con sé 120 € ma ne spenderà 70 perché gli investitori esteri sono tedeschi e lui quelli lì se li ricorda bene ma porca miseria il 3 a 1 al Bernabeu sì che fu una soddisfazione, l’unica di quarant’anni in officina per un marchio dei crucchi.

Non c’è il nonno che vota per i Cinque Stelle. Uno ce n’era, a dire la verità, che sperava che quel Peppe Crille lì facesse davvero la rivoluzione. Ma dopo aver saputo dei bambini poveri di Pomezia che non mangiano il dolce, dopo aver letto dei tagli allo stipendio dei dipendenti di Parma, dopo le esplulsioni dei dissidenti e le battute sessiste contro le donne che osano parlare, ha deciso che no, lui non vota più i Cinque Stelle. Che se la prenda pure coi nonni pensionati e li insulti, l’ex-comico genovese, il nonno Cinque Stelle è diventato un nonno scheda bianca.

I tagli ci sono eccome

Sento spesso la gente lamentarsi del fatto che aumentano le tasse ma non i tagli alla spesa pubblica. Sul primo punto sono d’accordo, sul secondo no. C’è un’azienda che dal 2010 ha subito un piano di riduzione del personale dell’80%. Avete capito bene, 80%. Quell’azienda sono gli enti locali dello Stato Italiano, con alcune eccezioni (forze di sicurezza, quelle non le tocca mai nessuno). La manovra estiva di Tremonti infatti prevede che ogni 5 dimissioni (pensionamenti, cambi di amministrazione, licenziamenti) si possa fare un’assunzione.

Non so perché in questi anni nessuno sembra essersi accorto di questa mannaja, che avrà ripercussioni enormi sui cittadini, ma prima di gridare che bello, a casa i fannulloni, occorre pensare a qualche effetto immediato sulla vita dei cittadini: meno insegnanti negli asili nido (e in generale meno asili nido), meno operai a curare la manutenzione delle strutture pubbliche, meno impiegati agli sportelli (e quindi più code), per non parlare delle attività culturali e sociali a cui, sempre grazie alle varie manovre estive, si aggiunge l’80% del taglio delle possibilità di spesa.

Se stiamo pagando sempre più tasse è perché ci siamo indebitati con gli usurai le cui pretese stanno diventando sempre più pressanti, non certo perché abbiamo troppi servizi. Certo se la manovra Tremonti si fosse applicata anche ai parlamentari e ai consiglieri regionali, forse qualche aspetto positivo ci sarebbe stato. Ma no, loro rimangono sempre dove sono, sempre numerosissimi, a gridare contro gli sprechi e a studiare come tagliare altre risorse a quel dipendente che d’ora in poicdovrà lavorare per 5.

La spesa con papà

Fare la spesa non è di solito un’attività entusiasmante, ma con un po’ di organizzazione (lista della spesa, percorsi strutturati, scelta di orari non troppo frequentati) si possono raggiungere buoni risultati di rapporto costi/benefici.
Questo ovviamente se non si ha una figlia di tre anni accanto.
In questo caso l’approccio non è più funzionalista (faccio la spesa perché ho bisogno di determinate merci) ma ludico (faccio la spesa per far divertire mia figlia visto che fa freddo e non posso andare al parco).
Quindi l’obiettivo non è comprare quanti più prodotti nel minor tempo possibile, ma comprare quanti meno prodotti inutili nel tempo prestabilito. Non si pensi subito a giocattoli o caramelle: il giovane papà infatti evita con accuratezza quei settori, addirittura se può evita gli ipermercati preferendo i centri più piccoli privi dell’angolo (che più che un angolo è un piano sterminato) giochi. Il problema sono gli oggettini che per posizione (ripiani bassi) e dimensione (stanno in una manina) si rendono disponibili alla figlia volenterosa che vuole collaborare alla missione. Tonno, cibo per cani, lustrascarpe, bulloni finiscono pertanto nel carrello, e guai a ferire l’orgoglio dei piccoli rimproverandoli e mettendo via gli oggetti inutili sotto i loro occhi. L’unica soluzione è trovare un carrellino piccolo e affidarglielo. Attenzione, non quelli a forma di automobile in cui si siedono: funzionano una volta sola, poi i piccoli annusano la fregatura e li mollano.

Intendo proprio i carrellini piccoli di plastica: bassi, difficili e imprevibili da guidare, sbattono contro i piedi di tutti, creano confusione, perdono il contenuto che straborda, slittano. Insomma, il divertimento è assicurato. Certo ciò rallenterà di non poco gli spostamenti e non è detto che il rapporto con i vicini tragga beneficio dal fatto che il carrellino guidato dalla piccola insolente li faccia sbandare da una parte all’altra (i papà più ansiosi potrebbero utilizzare supermercati lontani dove non si incontrano i vicini, tranne gli altri giovani papà che vogliono evitare i vicini).

Ma raccoglierete i sorrisi di tutti, specie delle signore, a patto che spiegate alla figlia che il gioco è finito quando, nei pressi della cassa, rischia di intasare la fila con i suoi “io, faccio io” che accennano all’idea impraticabile che sia la piccola a disporre i prodotti sul piano. E insomma, anche dalle giostre più belle bisogna scendere, prima o poi

 

Mai più in farmacia

Il giovane papà sente immediata la necessità di adempiere al primo dei suoi compiti: sfamare la prole.
Non bada a spese, il giovane papà, si reca in farmacia, crepi l’avarizia, compriamo il migliore latte in polvere. 30 euro.
Qualche giorno dopo il giovane papà decide che è meglio comprarlo alla Coop, il latte. Stessa marca, spesa analoga 29 euro anziché 30, ma una sostanziale differenza: spende un euro di meno ma di confenzioni ne prende due. il giovane papà si domanda perchè una farmacia vende a 30 euro ciè che alla coop costa 14: e decide che in farmacia non ci tornerà più.
Anzi, il pensiero cattivo di rovesciarci una tanica di benzina e dare alla fiamme quei covi di ladri gli balena; ma è solo un attimo, è un padre di famiglia adesso e ha delle responsabilità.

Spesa o caccia al tesoro?

Non so se vi è mai capitato di fare la spesa all’Ipercoop Centro Lame di Bologna. Fatela, almeno una volta. Ci sono due buoni motivi. Il primo è che il rapporto tra qualità e prezzo è discreto. Il secondo è che la spesa all’Ipercoop del centro lame è più vicino all’esperienza della caccia al tesoro che del semplice acquisto. Sono due anni che la frequento, e con il tempo mi sono convinto che la posizione delle merci deve essere stabilita da una donna che ha il ciclo tre volte al mese – la qual cosa deve renderla parecchio lunatica ed irritabile – o da un uomo spostato ad una donna che ha il ciclo tre volte al mese, ancora più in collera con il mondo. Tutto cambia sempre posizione, e l’esperienza ludica è esaltante, si sgattaiola da un settore all’altro alla ricerca del bene prezioso, prendendo appunti, notando gli spostamenti furtivi dei commessi, osservando con discrezione e cercando di memorizzare tutto. Ogni tanto c’è qualche omarello col vestitino coop che ti aiuta, sembrano spaesati e confusi, spesso danno indicazioni poco chiare o sbagliate, ma lo fanno solo per non rovinarvi il piacere del gioco
Siate sempre però consapevoli che schemi, suggerimenti e appunti varranno poco: dopo un paio di giorni, cambia tutto!!!E via per nuove avvincenti cacce al tesoro…