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Non sarò mai come mi volete voi

Non gli basta la consapevolezza di aver fatto una scelta e condurla con fierezza, pagandone anche le conseguenze scomode. Non gli basta il sostegno di chi, quella scelta, l’ha condivisa.
Devono fartelo sapere, perché vogliono la tua approvazione. Di più: vogliono la tua conversione. Ecco, io quelli che cercano perennemente di fare proselitismo li amo come i fazzoletti di carta nel bucato in lavatrice o come le caramelle sciolte in fondo alla tasca dei pantaloni.

L’etimologia della parola è illuminante: il proselita, nell’Antico Testamento, era lo straniero che si era venuto a stanziare nel territorio. Meglio, uno straniero che, accolto, poi si converte agli usi e ai costumi del popolo. Però era lui a venire, e tu gli spiegavi: qui da noi funziona così. Ha senso. In un’epoca per cui lo straniero è quasi sempre un nemico e l’accoglienza è solo l’angolo con una ragazza sorridente pagata per radunare le lamentele dei clienti, il proselitismo è tornato ossessivamente di moda.

Bei tempi quelli in cui i testimoni di Geova suonavano per spiegarti i benefici spirituali di un abbonamento alla Torre di Guardia. Quelli in cui un collega cercava di spingerti a iscriverti al suo sindacato. Anche quelli in cui, durante il pranzo della domenica, si discuteva di politica, rimanendo distanti, forse, ma rispettando il giudizio degli altri.

Bei tempi andati. Oggi non è più così, perché oggi a rivelarvi la verità è stato un messaggio di whatsapp, l’ennesimo video contenitore di notizie false, una chat che non credevo ma guarda che invece. E questa verità vi dota di un’aura di santità, perché il re delle castronerie vi ha nominati vostro cavaliere e quindi siete in dovere di andare in giro per il mondo (più facilmente, in giro per i social) a frantumare, affettare e sminuzzare gli zebedei del prossimo, tritarli, inscatolarli e poi rompere di nuovo le scatole per ricominciare da capo.

E lo dico subito dove voglio andare a parare: mi riferisco al proselitismo di quel popolo variegato, confuso e confusionario che abbiamo imparato ad etichettare come novax. Tutti con quell’iconcina in cui chiedono le terapie domiciliari contro il covid, che è un po’ come chiedere terra e libertà per tutti. Chi non vorrebbe curarsi senza andare in ospedale? Lo facciamo  – se non sono gravi – per l’influenza, la gastroenterite, le emorroidi. Però nessuno pretende di curare l’influenza con clisteri di candeggina, se avete l’intestino sottosopra potete pure provare a curarvi facendo cadere nell’acqua sassolini in grado di trasferirvi la loro energia olistica, ma secondo me il cagotto vi rimane. Se poi pensate che le emorroidi vi passeranno perché mangiate patate coltivate in un terreno biodinamico carico di forze cosmiche e spirituali, auguri, ne avrete bisogno.

Non ci rimanete male se io sono schiavo del sistema e continuo ad ascoltare la maggiore parte dei medici per curarmi, dei nutrizionisti per alimentarmi, degli avvocati per capire la legge, degli ingegneri per fare i lavori edilizi. Sono fatto così, sono poco biodinamico.
Avete visto la luce? Io sto bene al buio, grazie.
 

Ecco, se voi credete nell’urinoterapia, buon per voi. Spero sia buono, non so, non ho assaggiato, non ho intenzione di farlo. Se pensate che il vaccino sia “sperimentale” solo perché per una volta le multinazionali si sono messe di buona lena a realizzarlo anziché fare prima le doverose indagini di mercato, non vaccinatevi, ma poi basta. Basta con questi toni da missionari  new age che hanno visto la luce perché hanno visto un servizio del 2015 del TG3 che aveva previsto tutto, basta con i “giù le mani dai bambini”, voi che nemmeno vi ricordate che faccia ha vostro figlio, ormai divenuto un tutt’uno con il suo smartphone, voi che avete scoperto l’importanza dell’istruzione ora che rischiate di trovarvelo un po’ troppo spesso tra le balle, voi che avete capito tutto di quello che è successo a Wuhan ma se vi chiedono di indicarlo su una cartina puntate il dito sul Giappone.

Non cercate di convincermi, non sarò mai come mi volete voi. Per carità, stiano alla larga anche quelli che vorrebbero tornare a un lock down e vogliono spiegarmi con valanghe di dati difficilmente correlabili i motivi per cui sarebbe necessario. Se odiate il green pass perché vi fa fare meno quattrini ditelo senza bisogno di citare Socrate. Se volete il lock down perché siete pendolari da vent’anni, ammetterlo non vi farà sembrare più stupidi.

Ma soprattutto smettetela voi “io mi sono vaccinato, però…” che poi lasciate partire il pippone sulla tenuta della Costituzione, sullo stato liberticida, azzardando richiami addirittura a quegli zucconi della Corte Costituzionale che non bloccano i dpcm o di decreti legge. Ci foste voi, al loro posto, sì che sapreste come fare: basta leggere quel sito che vi ha mostrato vostro cugino dove c’è scritto tutto. La verità è che – per fortuna –  non lo sapete cos’è davvero la sospensione della democrazia, e non serve andare in Corea del Nord,  Turkmenistan o Arabia Saudita per scoprirlo. Voi che, oggi, osate paragonarvi agli ebrei perseguitati dai nazisti. Basterebbe leggere qualche libro, qualche giornale, qualche testo senza immagini che contenga ogni tanto anche un po’ di ipotassi. 

Voi che non votate da quindici anni perché tanto rubano tutti, che improvvisamente avete scoperto di tenerci così tanto alla democrazia da gridare alla rivolta, senza riuscire a capire che a un certo punto si vota, chi vince fa le leggi e chi perde le rispetta comunque. Funziona così. Oltre a difenderla, sarebbe il caso di leggerla, ogni tanto, la Costituzione.

PS Sì, sì, avete ragione voi, ma basta.

Arrivederci, Irene, ciao

Cara Irene,
noi non ci siamo mai visti personalmente, però un po’ ti conosco perché sono il papà di Martina, che mi ha spesso parlato di te.
Come Martina ti avrà sicuramente già detto sono un imbranato nei lavoretti di casa, per appendere un quadro mi serve un pomeriggio, e anche nei rapporti interpersonali ho tanto da imparare.
Però la mia professoressa delle scuole medie diceva che ero bravino a scrivere, magari non era vero ma sono stato in gamba nel convincere gli altri, perché da vent’anni lo faccio per mestiere.
È per questo che ho deciso di scriverti, anche se non so di preciso se e quando potrai leggere i social network. Magari qualcuno ti avviserà.
 
So che sei una bambina intelligente e coraggiosa, che avevi pochi anni quando hai scoperto di avere un mostro nella pancia. Uno vero, non come quelli che nei film puoi fare fuori con un raggio laser. Credo si chiami neuroblastoma, ma tu non ti sei arresa, con il supporto dei tuoi genitori e dei medici l’hai sconfitto, anche se ti avevano dato solo il 25% di possibilità di farcela.
 
Purtroppo, però, come se questo non bastasse la terapia ha avuto un brutto effetto collaterale. Può succedere, è raro ma succede. La nostra vita è piena di effetti collaterali. Una battuta che pensiamo divertente e invece ha l’effetto di fare soffrire qualcuno. Una zuppa di fagioli saporita che tiene svegli i compagni di camera.
Per non parlare del fatto che molti di noi, senza saperlo, sono l’effetto collaterale di un momento di passione (se siete terzi figli è matematico, dai).
 
Quell’effetto collaterale ti ha costretta ad anni di sofferenza, perché anche il minimo virus avrebbe potuto ucciderti. Per fortuna, accanto a te c’è sempre stata la speranza di un trapianto. Intanto i tuoi compagni di classe, compresa Martina, si sono vaccinati contro l’influenza, per poterti stare vicini almeno un po’.
Poi è arrivato il maledetto coronavirus, di nuovo rinchiusa in una bolla, di nuovo da sola.
 
Ho deciso di scriverti pensando a tutti quelli che in queste ore fanno i loro calcoli miserabili sugli effetti collaterali, su quanto gli conviene o no farsi vaccinare. Senza pensare a chi, come te, questa scelta non ha mai potuto farla. Perché sei stata vittima di un effetto collaterale, ma non avevi alternative.
E non hai potuto nemmeno scegliere se usare o no la mascherina, se mangiare dentro o fuori.
Chi invece può scegliere, per un attimo dovrebbe smettere di fissarsi l’ombelico, alzare lo sguardo verso l’orizzonte e guardare verso gli altri, quelli che hanno più bisogno del nostro vaccino.
Non puoi saperlo, ma ti scrivo con il cerotto al braccio, mi sono appena vaccinato.
 
Cara Irene, temo che il nostro incontro di persona dovrà essere rimandato.
Da qualche giorno sei volata via, uno stupido adenovirus, di quelli che a noi provocano un semplice raffreddore, ti ha portata via prima che arrivasse il trapianto.
Io lo so che ci sei ancora e hai meglio da fare che leggere i miei stupidi post, ma spero che a leggermi siano quelli dell’ombelico, del me ne frego, dell’andate avanti voi. Avete una vita, fate qualcosa per meritarla. Amate, ridete, viaggiate, proteggetevi e proteggete anche per chi, come la cara Irene, non ha avuto la stessa fortuna.
 
Ciao cara Irene.
Per il prossimo festival di Sanremo, che ti piaceva tanto, io e Martina alzeremo un po’ il volume, così potrai sentirlo anche tu