Archivi tag: gentilezza

La colpa è sempre del Comune

Mancano poche ore alle agognate vacanze. Devo chiudere un paio di pratiche, inviare qualche e-mail, preparare tutto per il rientro. E devo farlo in fretta. Una collega mi chiama. Ha dei problemi con una password. In quei casi, la tentazione di rispondere con un “leggiti il manuale”, o “chiama l’assistenza” o “adesso non ho tempo” è forte. Però decido per un giorno di dismettere l’abito da burbero e faccio il gentile, vado nel suo ufficio, sistemo il problema che è relativamente semplice, la collega mi saluta sorridente, nel mio piccolo le ho risolto la giornata. È bastato così poco.
Quando alcuni anni fa cominciai a lavorare a Monzuno, proprio quella collega con lo stesso sorriso affettuoso, di fronte alle proteste a volta immotivate dei cittadini, mi ricordò che “I den semper la colpa alla C’muna” (è sempre colpa del Comune).
Una frase che ho portato con me e che porterò ancora oggi che quella collega non potrà più ricordarmela.
Cara Maria, quando scherzavamo dicendo che non saremmo mai andati in pensione, non pensavo certo che saresti stata di parola. Mi consola solo saperti vicina alle persone cui hai voluto più bene e che tanto ti mancavano.
Non sarà certo un’odiosa password o un sistema informatico complicato a impedirti l’accesso dove andrai ora. E sono contento di essere stato gentile con te l’ultima volta che ci siamo visti.

Siate sempre gentili con gli altri, se ci albeririuscite. Perché non è detto che ci sia sempre una possibilità per rimediare.
Ciao Maria. Danno sempre la colpa al Comune.
Ma io e te sappiamo che non è vero…

Club di non lettori di contratti

C’è stato un periodo a cavallo tra gli anni settanta e ottanta in cui le riviste pullulavano di reclame di oggetti curiosi: le scimmie di mare, gli occhiali per vedere attraverso i muri, il profumo per sedurre le donne, i semi per le fragole magiche e i libri del club dei lettori.
Incredibilmente, venticinque anni dopo, questi ultimi sopravvivono.
Devono avere trovato una nicchia di mercato, se c’è qualcuno disposto a leggere un buon numero di libri scelti da altri. Perché di questo alla fine si tratta: si parte con Baricco ed Eco, si finisce con i manuali per il giardino giapponese.
Spero solo che non campino di espedienti, come quella società di cui preferisco non fare il nome che mi ha mandato un sabato mattina due rappresentanti a casa. Ho aperto loro solo perché aspettavo mio fratello, altrimenti avrei risposto loro come rispondo ai testimoni di Geova (lo so che la fine del mondo è vicina, fratello, è per questo che non voglio sprecare neppure un minuto con te). Mi hanno raccontato tutta la solita solfa su quanto meraviglioso sia questo club, e io solo per gentilezza li ho fatti sedere e chiacchierare. Poi, quando hanno capito che non avrebbero spuntato nulla, uno di loro mi ha presentato un modulo (carattere 4, testo fittissimo) chiedendomi di firmarlo: non era un acquisto, mi ha spiegato, ma solo un documento con cui affermavo di aver ricevuto la loro visita e di aver preso visione dell’offerta. Ci serve solo per documentare di essere stati in giro a presentare il prodotto e non a spasso, mi hanno spiegato i due ragazzi, cercando di impietosirmi con la storia del lavoro precario. E va be’, ho pensato, purché ve ne andiate. Ovviamente il pomeriggio stesso mi sono reso conto di aver aderito al club. Avrei ricevuto un libro al mese o giù di lì ad un prezzo vantaggioso, e se non mi piaceva potevo rispedirlo indietro a mie spese.
Ho immediatamente inviato una raccomandata con ricevuta di ritorno esercitando il diritto di recesso e annullando il contratto.
Ma quanti vecchietti leggono un contratto scritto in corpo 4 presentato da un miserevole e falso farabutto?