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Quei giovani da valorizzare

Ogni anno, in questo periodo, resto particolarmente colpito dall’entusiasmo, l’abnegazione, la professionalità di ragazzi giovanissimi che lavorano nel settore turistico. Sono attenti, pronti, dinamici. Penso per esempio ai ragazzi che nei villaggi turistici lavorano diciotto ore al giorno per paghe miserevoli, organizzando attività sportive, animazione serale, balli e giochi vari, ma anche servendo ai tavoli, cucinando, riassettando. Con l’energia, la propositività, lo spirito che solo a vent’anni puoi avere.

Ma anche quelli che lavorano nei ristoranti o negli hotel, o magari fanno solo del volontariato per la sagra della Pro Loco. Quanto farebbe comodo ad un ufficio dell’INPS, per esempio, avere un po’ di quello spirito? L’esempio dell’INPS è casuale, qualunque ufficio pubblico, condannato dal blocco del turn over ad essere popolato da cinquantenni quando va bene, avrebbe un disperato bisogno di forze fresche.

Se vogliamo lasciamo perdere il pubblico, visto che tanto il progetto dei nostri governanti è quello di portarlo all’esaurimento sostituendolo con appalti succulenti per ditte amiche, ma possibile che neanche le aziende riescano a intercettare queste capacità? Sicuramente ci sono dei ragazzi “bamboccioni”, ma ce ne sono anche di volenterosi, e non valorizzarli è un delitto. Possibile che solo un capo vilaggio sia in grado di fornire loro un’occasione professionale?

mareQualcuno potrebbe obiettare che il lavoro nel settore turistico è più ambito di quello, non so, in un ufficio, o in una fabbrica. Ma infatti io non sto proponendo di far trascorre l’estate ai ragazzi imbullonando macchinari. Lasciamo che operino pure dove gli pare, che si godano le loro vacanze tra un esame universitario e l’altro. Poi, quando dovremo selezionarli tramite un colloquio, anziché chiedergli un diplomino di lingua comprato dal papà, chiediamo loro come hanno trascorso l’estate dopo i diciotto anni. Secondo me potremmo avere delle ottime sorprese.

Una nazione senza ricambi

Immagine tratta da www.repubblica.it

Giovinco, Nocerino, Ogbonna, Borini. Chi sono costoro? Sono ragazzi che Prandelli si è portato con sé per fargli visitare la Polonia e l’Ucraina, visto che i primi due hanno giocato agli Europei una manciata di minuti, gli altri due non sono mai scesi in campo. E gli stessi Giaccherini e Maggio sono quasi scomparsi dopo la prima partita. Nemmeno i portieri di riserva hanno mai giocato, ovvio, ma per loro il discorso è diverso perché il portiere non corre come gli altri gicatori e farlo riposare non è sempre necessario.
Ebbene, la scelta del commissario tecnico di puntare, dalla seconda partita in poi, sempre sugli stessi 12-13 giocatori mi offre lo spunto per una riflessione che va oltre il calcio. Perché Prandelli è riuscito a conquistare un secondo posto giocando bene e di questo gli va reso atto, ma quando una squadra passa da una partita eccezionale come quella contro la Germania al peggior risultato di tutti i tempi (perché spiace dirlo ma mai nessuno aveva perso 4-0 una finale), un motivo c’è.
L’ha detto De Rossi: erano cotti. Stanchi. E in Italia di lavoratori cotti e stanchi ce ne sono tanti, migliaia, ma il nostro è un sistema che rifiuta il cambio, il turn-over, l’aggiornamento. Sei bravo? Resta lì finché non schiatti, o, più probabilmente, fino a che non ti sarai inaridito fino a far fallire la tua impresa, o aver messo in crisi l’ente presso cui operi. C’è una atavica incapacità di dare spazio a chi è più fresco, ha più energie. E il bello è che questo modo di fare viene quasi sempre approvato. Abbiamo una classe politica che non ha più idee ed energie, ma è lì e non si smuove, come il fantasma di De Rossi che passeggiava mentre gli spagnoli lo deridevano. Abbiamo un sistema bancario che ha gli stessi dirigenti che girano da una poltrona all’altra senza mai aprire la possibilità a qualche faccia nuovo, a qualche Nocerino scalpitante in panchina. Abbiamo imprese private dove ai padri si succedono i figli e poi i nipoti, e magari qualche Giovinco di talento prima o poi deciderà di andarsene a cercare fortuna all’estero.
Siamo una nazione senza ricambi, e senza cambi ci meritiamo le umiliazioni di ieri sera, e altre ben più gravi.