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Il festival della nazione italiana

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Oggi non puoi definirti un blogger se non commenti Sanremo, e quindi non ci esimeremo dal farlo, nonostante qualche imbarazzato legato al fatto che ho potuto seguire solo spezzoni delle varie serate, perché il mio status di lavoratore con figlia a carico questo mi offre. Propongo allora una pagellina che fa tanto tecnico e quindi in linea con i tempi.
10 Papaleo. E la smettano quelli che parlano di “sorpresa” o “rilevazione”, Rocco Papaleo è un attore presente in televisione, alla radio e al cinema da tanti anni, ovvio che chi guarda le isole dei famosi, i grandi fratelli e le dirette sulle disgrazie non lo conosceva. Il bello del successo ottenuto, e meritato, da Rocco è che è la dimostrazione che in Italia il talento c’è eccome: basta far fare le cose a chi sa farle. Si prende un  intrattenitore e attore completo, lo si mette sul palco e lui fa il suo mestiere bene. Ovvio che non è la stessa cosa se si pretende che una modella presenti o che un cantante conduca. A ognuno il suo. Ma nel paese dove i figli dei professori insegnano medicina all’università anche se sono laureati in legge, questo è pretendere troppo.

5 Irene Fornaciari. La ragazza è brava e si impegna, ma per fortuna Sanremo non è l’università, un ministero o un’azienda, dove il “figlio di” si piazza sempre e comunque. Non basta una canzone di Van De Sfroos e addirittura Brian May a risollevare le sorti di una prestazione, e di una carriera, che sembra non decollare. Io non so se ha ereditato l’immenso talento del padre, ma se fossi in lei lascerei perdere le grandi collaborazioni con gli amici di papà,  se ha le capacità prima o poi le dimostrerà da sola.

4 Celentano. Celentano oltre ad essere uno straordinario cantante (e l’ha confermato per l’ennesima volta senza nemmeno dover ricorrere ai vecchi successi come fanno in tanti) ha carisma, gestisce bene i tempi teatrali – altro che pause, lui è uno che sa come si tiene il pubblico in sospeso – ha anche un ottimo senso dell’umorismo. Però non è un autore. Affiancato da qualcuno che lo aiuta a scriverei testi, dà il meglio di sé, che si tratti dei vecchi simpatici film firmati da Castellano e Pipolo, fino a successi televisivi recenti (vi ricordate il rock e il lento di Rockpolitick? Dietro c’era Diego Cugia). Altrimenti rischia la catastrofe, come quel Joan Lui in cui mescolava toni apocalittici con battute demenziali. Non è stata una catastrofe, ma un mezzo pasticcio sì, anche perché da uno come lui ci si aspettava qualcosa di più dei luoghi comuni sui preti non parlano del paradiso (senza nemmeno citare le accuse indegne a Famiglia Cristiana e Avvenire). Come ha detto un commentatore televisivo, non puoi inscenare un ambiente beckettiano e poi farlo interpretare a Pupo.

3 le canzoni. Magari qualcuno decente c’era, ma la verità è che ha ragione chi dice che ormai sono solo un contorno. Soliti personaggi da talent, facce note e prive di idee. Anche se chi vorrebbe maggiore spazio per la musica dovrebbe ricordare che il festival della canzone italiana è finito negli anni ottanta, quando durava solo tre giorni, si cantava in playback e Tiziana Rivale vinceva con un plagio di Joe Cocker. Questo è il festival della nazione italiana, quello rinvigorito appunto dai grandi personaggi, che siano Benigni o Celentano conta poco, quello che Fazio, la Ventura, Bonolis e via discorrendo hanno trasformato nell’ultimo varietà della televisione italiana. La musica oggi è altrove, e non ha bisogno di festival.

2 I soliti idioti. Non è stato un gran festival per la comicità, con il turpiloquio di Luca e Paolo che riempiva un vuoto di idee e questa insistente mania dei comici di fare sempre il pistolotto serio (c’è cascato persino Alessandro Siani, l’unico che mi ha strappato una risata con la battuta dei francesi con la puzza sotto il naso perché non hanno il bidé). Ma i solidi idioti non solo sono volgari, non solo sono qualunquisti, non solo solo aggressivi, non solo vanno avanti a tormentoni… il loro dramma è che non fanno ridere. Nemmeno un po’. E questa è una colpa che a un comico non si può perdonare

La differenza tra fiction e film

La differenza tra un film e una fiction è che in un film c’è un auto che parcheggia e poi vediamo il commissario in ufficio, in una fiction c’è un auto che parcheggia in piazza con inquadratura panoramica, il commissario che chiude la portiera, sguardo corrucciato, si avvia verso il portoncino, estrae le chiavi, apre sospirando, sale le scale. apre la porta e finalmente arriva in ufficio, ma il tutto con una serie di campi, controcampi e movimenti di macchina che danno sfogo alla montante frustrazione del sedicente regista

La Fastweb TV non c’è più

Se c’è qualche studente di nuovi media o marketing che voglia un caso interessante per una tesi, prenda in considerazione la Fastweb TV: secondo il mio modesto parere un caso straordinario di prodotto di successo letteralmente distrutto da politiche commerciali incomprensibili.

Si perché la Fastweb TV non c’è più, da alcune settimane è scomparsa dall’offerta Fastweb, rimane disponibile (fino a quando?) solo per i vecchi abbonati.
In passato ho decantato il valore di questo prodotto:( vedi Fastweb TV: la tv degli snob Oggi parlo bene di Fastweb) la prima televisione on demand disponibile via cavo in Italia. Palinsesti completamenti personalizzati, possibilità di vedere cosa si vuole quando si vuole, accesso a programmi in lingua originale, opportunità di acquistare film o partite online senza dipendere dalla schiavitù dell’abbonamento. E nessuna pubblicità, MAI.
La Fastweb TV di clienti ne aveva decine di migliaia, ed aveva un vantaggio di anni luce rispetto a chi si è affacciato in seguito su questo mercato (Alice TV e, indirettamente, Mediaset Premium).
Non solo. La Tv di Fastweb aveva una nicchia di mercato irraggiungibile dagli altri: chi, per motivi di condominio, di posizione sfavorevole del tetto non avesse avesse avuto accesso al segnale televisivo (via etere o parabola) poteva avere accesso alla prima, vera, completa IPTV (televisione via Internet).

C’è chi potrebbe dire che in fondo il business di Fastweb TV si reggeva sui finanziamenti pubblici (in migliaia hanno acquistato il decoder con i contributi governativi per il digitale terrestre). Venuti meno quelli, anche il margine è calato. Chi potrebbe invece obiettare che è stato l’abbraccio di Sky a strangolare la tv via cavo (il cavo a Sky non deve piacere troppo, se infatti da qualche tempo non è più possibile ricevere Sky via Fastweb), visto che ai clienti della tv di Fastweb è stata proposta in tutte le salse il passaggio a Sky.
Ma insomma, in questa storia non mi interessa sapere chi sono i buoni e i cattivi. So che però un mercato televisivo asfittico come quello italiano perde l’unico “carrier” puro di contenuti ondemand, visto che Alice TV e Mediaset Premium sono anche produttori di contenuti e quindi imparziali. A me dispiace, perché non mi arrendo all’idea di perdere la libertà di costruirmi il mio palinsensto, dopo averne conosciuto l’ebrezza. E mi dispiace anche perché l’archivio Rai, presente nella Fastweb TV, contiene perle che vale la pena riscoprire. La speranza adesso è nella IPTV legata ai produttori di televisori (Samsung, LG, Sony), che per ora si limitano però a proporre film e serie americane. Altri credono che la Tv di Fastweb si stia semplicemente “allargando” a nuovi mercati attraverso il canale Chili TV, disponibile anche a chi non è abbonato a Fastweb. Vedremo. Per ora, il nome da emittente soft-core, non mi entusiasma. Ma si sa, io sono sempre sospettos verso il nuovo che avanza.

Finalmente il David Letterman Show

David Letterman
Immagine tratta dal sito ufficiale del programma

Sin dal primo momento della sua messa in onda non ho nascosto le mie simpatie per Rai5, emittente televisiva che pur basandosi esplicitamente su contenuti di tipo culturale non disdegna però programmi di divulgazione più leggeri. E adesso quello che era una semplice attrazione è diventata amore: Rai5 ogni sera trasmette infatti il Late Show di David Letterman, storico programma americano della CBS. Per chi non lo sapesse, Letterman è un comico e intrattenitore televisivo a cui si sono inspirati in tanti, esplicitamente (Luttazzi) o in maniera più velata (Fazio). Il suo programma, leggero senza mai essere stupido, è uno dei pochi motivi per cui ricordo di accendere la televisione. Peccato solo che la programmazione di Rai5 sinora sia stata un po’ schizofrenica, alternando puntate recenti con vecchi episodi di un paio d’anni fa. Non si può pretendere tutto, per ora mi accontento…

Il ritorno del Carosello

Torno al mio blog dopo un periodo di forzato riposo, per dichiarare che non è meteo e non sono le ferie a ricordarci che siamo in estate, ma è il TG Regione. In questi giorni i validi redattori emiliano-romagnoli si sono prodotti in servizi di cronaca internazionale (l’arrivo dei tedeschi a Riccione quest’anno si manterrà ad alti livelli o sarà superato da quello dei russi),  di storia (storia di Milano Marittima in puntate), di sport (l’arrivo del soccer beach sarà in grado di scalfire la popolarità del beach-volley?) di cultura (riscoprire i prodotti emiliani d.o.p. sulla  tavola estiva), di sociologia giovanile (analizziamo il popolo del Liga che si raduna a Campovolo), di medicina (come proteggere la pelle dalle scottature). Alcuni servizi li ho visti davvero, gli altri li ho inventati, ma non escludo che siano in scaletta per i prossimi giorni.

Vabbe’ incentivare il turismo estivo, ma insomma. Una volta c’era il carosello, adesso c’è il TG Regione.

Canale 5? No grazie, Rai 5

Tra le conseguenze dell’abbondanza bulimica del digitale terrestre (vediamo quanto durerà: anche trent’anni fa c’erano tante emittenti private, poi ne sono rimaste solo tre con i risultati nefasti che conosciamo) c’è anche il fatto che si corre il rischio di perdersi in mezzo a tanti canali.

Trascurando quelli devoti al telemarketing e a poco altro, sono infatti apparsi nuovi canali interessanti prima disponibili solo via satellite: Rai News, che trasmette il miglior telegiornale, Rai Movie, che trasmette solo film, Rai Gulp e Rai Yo Yo, che trasmettomo programmi per ragazzi e cartoni per i più piccini, Rai Premium dedicato alle fiction. E poi i nuovi canali telefilm di Rai 4 e la cultura di Rai 5. Senza contare la valida programmazione di Cielo, Dee-Jay Television, Repubblica Tv e una serie di nuovi canali Mediaset (l’unico valido è tuttavia Iris, anch’esso dedicato al cinema).

Insomma, il digitale terrestre rimane povero dal punto di vista dell’interattività (vi ricordate Gasparri che diceva che con il digitale sarebbe stato possibile richiedere servizi comunali o comprare biglietti?) ma se non altro abbonda nell’offerta. Qualcosa è cambiato, da quando scrissi questo post.

Siccome c’è sempre qualcuno pronto a offrirsi di pensare per noi, i soliti noti hanno inventato la programmazione automatica. Con la compiacenza dei produttori di televisori e decoder, basta schiacciare un tasto e tutti i canali vanno in ordine. Quale ordine? Quello di Raiset, ovviamente, il duopolio che pensa per noi da vent’anni. Addirittura per alcuni televisori non c’è alternativa, o prendi la loro lista o niente. Per fortuna io ho avuto la possibilità di scegliere. E al tasto 4 ci ho messo Rai 4, al tasto 5 Rai 5, spostando Rete 4 dove merita (tasto 24).

PS Per ora Italia Uno è al 26, ma in tutta sincerità ammetto che potrebbe guadagnare posizioni. Sia perché trasmette i Simpsons, sia perché è l’unico canale finora a trasmettere film e telefilm in lingua originale (basta schiacciare sul tasto audio del telecomando, se non lo sapevate).