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Il cd brul? di Elio e le Storie Tese

Ieri sera ho comprato un cd e, devo ammetterlo, era da tanto che non accadeva.
L’ho comprato perché l’idea è semplice ma geniale, ed è una risposta alle case discografiche che si piangono addosso: il cd brulè di Elio e le Storie Tese. Appena finito il concerto, infatti, ci si può recare presso una bancarella con le magliette del gruppo (bellissima quella con la scritta “Autoerotismo” oltre che al doveroso tributo a Mangoni), e comprare a 12 euro un cd contenente le prime dodici canzoni… di quella sera.
Un live qualitativamente impeccabile, in cui ti riascolti,grazie a masterizzatori possenti e ottimi microfoni, lo spettacolo (o meglio la prima parte) a cui hai appena partecipato. Elio e le Storie Tese (a proposito, almeno una volta nella vita bisogna guardarli dal vivo) lo fanno già da tempo, ma solo ieri ho potuto testimoniare che l’iniziativa è davvero buona. Anche se merita una riflessione: se io ho ricevuto direttamente dai musicisti un cd con un’ottima resa e qualità audio (lontano anni luce dai bootleg di una volta) spendendo poco più di dieci euro e senza l’intermediazione di editore, produttore, direttore marketing, fonico, manager…
Siamo sicuri che tutta sta gente serva davvero?

Il dritto d’autore

Non so se vi siete domandati quanto costa una campagna pubblicitaria televisiva nazionale. Di sicuro, tra creatività, produzione e acquisto degli spazi, parliamo di cifre a sei zeri. Chiaramente c’è lo spot di dieci secondi con inquadratura fissa sulla bottiglia e voce fuori campo e c’è quello scritto da Baricco e diretto da Wenders; ma insomma, ci siamo capiti, sono giocattoli costosi. Un dettaglio non da poco che va considerato nel pianificare un budget per lo spot è quello della colonna sonora. I costi, nel caso di canzoni di successo, sono spropositati. Centinaia di migliaia di euro per qualche secondo: a meno che lo spot non diventi uno strumento per lanciare un disco (penste a Bennato con la TIM, Liguabue con Vodafone e il caso eclatante di qualche anno fa di “Breathe” di Swatch), e allora si può trattare. Cosa fa il pubblicitario allora per non venire strozzato dalle case discografiche? Ritocca. Proprio così. Fa scrivere un brano da un musicista che ricorda tanto da vicino il successo, ma non è proprio quello, per cui non si pagano i diritti.
Fateci caso, proprio in questi giorni è in onda uno spot di una nota marca automobilistica italiana che ricorda tanto un tormentone estivo…