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Là sotto

semaforoC’è un elemento che da sempre accomuna tutte le donne che ho conosciuto in vita mia, dalla mamma alla passante cui chiedi informazioni. Si tratta della capacità di sintesi quando si tratta di dare indicazioni. Dov’è il caffé? Là sotto. Cioé è là, quindi un qualunque punto dell’universo che non sia qui (o qua, per fare rima). Escludendo qua, rimangono appunto tutti gli altri punti dell’universo.

Abbiamo però una precisa indicazione: sotto. Cioé, rispetto a qualche oggetto non meglio identificato, il caffé è in una posizione subalterna. Sicuramente è sotto il lampadario, forse sotto la mensola, probabilmente in un cassetto inferiore della dispensa. Provare a chiedere ulteriori dettagli è pressocché inutile, la donna in questione, sia essa mamma, nonna, moglie, amante o autostoppista rimorchiata in autogrill divericherà le narici, scuoterà una mano come a farsi largo con noncuranza e in pochi istanti tirare fuori il caffé, spiegando: te l’ho detto che è là sotto, dove hai gli occhi?

Gli occhi dei maschi sono là dove dovrebbero essere (e cioé in mezzo al volto, tra la fronte e gli zigomi: un po’ di precisione, diamine!), solo noi siamo dotati di un navigatore che raccoglie informazioni e ci indirizza sulla base degli indizi raccolti. Non ci sono inferenze induttive, ricordi di infanzia, istinto materno o fiuto primordiale a guidarci, solo le indicazioni ricevute.

Scusi, dov’è il duomo? Uomo: “Prosegua dritto, superi il semaforo, poi svolti alla seconda a destra, poi ancora a sinistra, c’è una piazzetta, parcheggi perché è quasi arrivato”.

Scusi, dov’è il duomo? Donna: “Guardi, non può sbagliare, è una bella chiesa romanica, con una facciata maestosa, proprio in centro, prosegua di là, sempre dritto, poi dopo un po’ gira, dove ci sono quelle boutique con i saldi, poi al limite chiede. E buon viaggio, eh!”.

Avete presente i parcheggi dei supermercati? B8, seconda fila ottava colonna, si capisce che deve averlo progettato un uomo. Perché è quadrato come la nostra testa. Una donna avrebbe dato ad ogni colonna il nome di un colore. Dov’è la macchina? Pesca turchese. Poi al limite chiede.

 

Le domande retoriche delle donne

La retorica, a mio modo di vedere, è un’arte femminile. Se associamo a questa modalità di comunicazione i nomi di Cicerone o Shakespeare è solo perché in passato le donne avevano poche possibilità di esprimersi. Sempre poi che Cicerone fosse davvero un uomo (sul genere di Shakespeare sono state scritte biblioteche di volumi per cui lascio perdere).

Una donna non vi chiederà mai l’opinione su un suo nuovo capo d’abbigliamento. Sarebbe come chiedere ad un piromane che ne pensa dei giardini giapponesi. Una donna vuole solo una conferma della sua scelta. Se una donna esordisce con un “non voglio essere polemica”, è per anticiparvi che non solo ne ha una voglia matta, ma lo farà, sarà polemica eccome.

L’artificio retorico per eccellenza è però la domanda, appunto, retorica.
Una donna non si lamenta perché hai lavato male i piatti. Una donna dice: secondo i te i piatti sono puliti? Una donna non ti dà direttamente dell’imbecille perché non trovi le chiavi. Una donna ti dice: come mai fai sempre tanta fatica a ritrovare le tue cose?
E via discorrendo: lo chiami pulire il pavimento, quello? Perché lasci ovunque tracce del caffè che prepari? Quante volte ancora dovrò ripeterti di rimuovere il tappetino del bagno dopo la doccia?

Essendo domande retoriche, rispondere è inutile, perché con una domanda retorica una donna vi sta chiedendo: l’accendiamo? È la tua risposta definitiva? Dopo avervi dato del babbeo. Rispondere equivarrebbe ad un sottoscrivere una dichiarazione di incapacità di intendere e volere. Che le donne ricorderanno – ah, se la ricorderanno – e vi rinfacceranno fra una trentina d’anni.

Ora, a casa mia ci sono tre donne. Alla prima non posso obiettare molto, essendo lei Home Chief Executive Officer mi è gerarchicamente superiore. La seconda comincia però a farsi minacciosa: papà, ti sembra che io abbia i calzini? Papà, ti sembra che questo canale trasmetta cartoni? Papà, ho detto scalini, non scale. Tu li chiami scalini questi?

La terza, per fortuna, ancora non parla. Ma già i suoi sguardi interrogativi non promettono nulla di buono.

Campioni del mondo? No, un mondo di campioni

Ho appreso la notizia leggendo un allegato femminile di un quotidiano, quale non ha importanza (ebbene sì, li leggo anch’io, di solito seduto sul mio trono, cercando gli articoli in mezzo a centinaia di foto di donne esangui vestite in modo orribile).

Inutile nascondere che leggevo l’articolo con la stessa preoccupazione con cui scopri che apriranno una centrale nucleare (o uno stabilimento siderurgico, che è anche peggio) nel tuo quartiere, o che il tuo nuovo vicino di casa suona la batteria. Non voglio tenervi troppo sulle spine, ma cavolo, ad una botta così bisogna che siate preparati. Pare che una società di cui non voglio fare il nome perché immagino potrebbe essere soggetta delle vostre comprensibili e giustificate ritorsioni abbia attivato un servizio per cui, a pagamento, invia ogni mese un set di campioni di creme, profumi e detergenti a domicilio. Per ora non è intervenuta la magistratura a bloccare questo scempio anche se non tarderanno, immagino, le proteste delle associazioni che si battono per la tutela dei diritti dell’uomo.

Campioni a domicilio? Cioè bustine sgocciolanti e lasciate semiaperte in ogni camera della casa, in ogni cassetto di ogni camera, in ogni angolo di ogni cassetto, che si perpetuano senza fine? Ma dico, dove andremo a finire? Ma questa gente pensa alle conseguenze delle sue scellerate azioni? A casa mia i campioni si riproducono già autonomamente (non credo si accoppino perché sono sparsi spesso in solitaria, credo che il loro numero aumenti per un fenomeno di partogenesi), se poi potessero inserirsi anche tramite posta o corriere, la situazione mi scivolerebbe di mano in pochi giorni!

E non venite a dirmi di buttarli via, mia moglie si ricorda ancora di campioni che le ho buttato nel 2007 e che conservava da alcuni lustri, come bottiglie di Barolo! Vogliamo risolvere una volta per tutti questa maledetta crisi? Tassiamo i campioni, prima che la nostra civiltà ne finisca sommersa

4 marzo 2011

Una ricerca della rivista inglese Mens’ Health ha rivelato che il posto che le donne preferiscono per fare l’amore è la vasca idromassaggio. Nell’inchiesta non c’è scritto, ma la verità è che alle donne piace nella vasca perché almeno così sono sicure che il loro lui si lavi.

Si avvicina Carnevale, e in molti si domandano quale sarà il vero volto della ministra Gelmini quando toglierà la maschera. Come dite? Quella è la sua faccia? Eh, se, ma dai…

Il ministro Maroni ha deciso che le votazioni per il referendum non si terranno insieme alle amministrative, il che ci costerà qualche centinaio di milioni di euro. Nessun problema per i conti pubblici, per recuperare quei soldi si tratta solo di decidere se abolire una volta per tutte la scuola media che tanto è meglio cominciare a lavorare subito o si lottizzare il Colosseo e il Teatro San Carlo di Napoli trasformandoli in appartamenti.

Berlusconi si è lamentato del fatto che la scuola pubblica non inculca i suoi valori di riferimento. In vista l’introduzione dell’ora di reality e dei corsi di lap-dance al posto dell’educazione fisica.

Google sta sperimentando un’auto automatica che si muove senza conducente. Rispetto agli esseri umani le auto hanno una “vista” a 360 gradi, non si distraggono mai, non hanno colpi di sonno, non assumono droghe o alcol. Tutte cose a cui ora potranno dedicarsi liberamente  i viaggiatori.

Essere una donna

Quale modo migliore di festeggiare le donne che citare il testo di quello che è considerato uno dei migliori autori italiani e che ha vinto a Sanremo nella categoria donne?

Essere una donna
non vuol dire riempire solo una minigonna
non vuol dire credere a chiunque se ti inganna.
Essere una donna è di più, di più, di più, di più
è sentirsi viva
è la gioia di amare e di sentirsi consolare
stringere un bambino forte, forte sopra il seno
con un vero uomo accanto a sé
Essere guardata
e a volte anche seguita
mi pesa.
Certi complimenti se son rozzi poi ti senti offesa.

Non ci sono parole per commentare la poesia…

Minigonnari e spacchisti

Gli uomini essenzialmente si possono dividere in due categorie: i minigonnari e gli spacchisti. I minigonnari sono coloro che non sanno nascondere il loro compiacimento di fronte ad una donna che indossi una mini. Non importa che le gambe siano affusolate, snelle, dritte, depilate. Per i minigonnari si tratta di elementi accessori: quello che conta è la dimensione di pelle scoperta. I minigonnari sono concreti, realisti, un po’ infantili, hanno bisogno di emozioni forti, hamburger e patatine fritte, film hollywoodiani e fumetti, macchine sportive e birra.
Gli spacchisti, invece, sono gli uomini che vanno in visibilio di fronte alle donne che indossano una gonna con lo spacco. Non importa la dimensione dello spacco, quello che conta per lo spacchista non è il poco che osserva, ma il tanto che immagina. Lo spacchista vive di immaginazione, di sogno, intravvede turbini di piacere indescrivibile dove ci sono pochi centimetri di collant. Lo spacchista ama la letteratura e i tramonti, il vino e la pasta, il cinema europeo e la bicicletta, non vuole emozioni, vuole evocazioni. Siamo fatti così.

PS Per le donne: spacchisti o minigonnari, se volete far colpo su un uomo, dimenticatevi i pantaloni. Sono dei dissuasori mobili per lo sguardo. Forse un giorno l’involuzione porterà ad una sottospecie di jeansari, trogloditi con la coda e i peli sulla fronte. Nel frattempo, compratevi una gonna.