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Una vita col giallo lampeggiante

Verde, giallo, rosso. Verde, giallo, rosso. è così che è andata per tanti anni, con tempi diversi ovviamente, adattati alla complessità dell’incrocio. Tu pedone arrivavi, guardavi a destra e sinistra, vincevi la tentazione di passare comunque, aspettavi il verde e via.

Qualcosa però è cambiato. Negli ultimi tempi infatti ho notato una variazione nei tempi del semaforo, per cui il verde è praticamente scomparso, sostituito da un lunghissimo giallo. Ci vogliono sempre tesi, i bastardi. Sempre vigili, pronti allo scatto. Porca miseria scatta il verde e tu non hai fatto nemmeno due passi che è già giallo, e devi affrettarti per raggiungere l’altra sponda prima che un diciottenne che ha pippato ti travolga con la fuoriserie di papà.

La salvezza promessa al di là dell’asfalto non è raggiungibile con una semplice camminata, devi fare in fretta, liberare l’incrocio, toglierti di mezzo. Non ho cronometrato, ma non credo che i tempi per i pedoni siano cambiati: semplicemente il giallo si è mangiato il verde.

Che se volete è un po’ una metafora della cittadinanza contemporanea. Abbiamo votato, esercitato il nostro diritto, adesso basta campagna elettorale, no? Macché, niente verde, si riparte per le amministrative, e poi le europee, e le regionali. Giallo continuo. Ho finito gli studi, ho raggiunto il mio verde? Macché è giallo, corri che devi cercare lavoro, e poi cambiarlo, e poi la pensione, sbrigati perché scatta il rosso.

Siamo ossessionati da gialli lampeggianti che vogliono che corriamo,  ci spostiamo in fretta, ci leviamo di torno. Io ho deciso, nel mio piccolo, che me ne infischierò, e proseguirò placido e tranquillo sulle strisce, sperando che il cocainomane mi manchi per stavolta, che tanto il rosso prima o poi arriva per tutti.

#Stodadio a Tolé: non potevamo partire meglio

Non l’avevo immaginata così, la prima presentazione di “#Stodadio – L’enigma di Artolè”. Avevo fantasticato su un evento collaterale alla festa di Artolè, magari un giorno prima. Mi ero visto su una bancarella nel vicolo dei gatti con i miei libri, tra il via vai dei turisti e qualche bambino curioso che mi chiedeva cosa ci facessi lì.

Ma il Covid-19 ha cambiato, in alcuni casi stravolto le nostre vite, per cui non lamentiamoci. Io non lo faccio senz’altro, quando abbiamo ultimato il romanzo,

Il sindaco Giuseppe Argentieri con Carmine Caputo

 scegliendo copertina e impaginazione, in pieno lock-down, io e il mio editore non sapevamo nemmeno se saremmo riusciti a organizzare delle presentazioni. Di quelle vere, con il pubblico che ride, fa domande, si addormenta a volte, con i libri autografati, le foto, tutte quelle esperienze che ci fanno sentire vivi e che le videoconferenze non possono restituirci.

E però è andata benissimo, forse addirittura meglio, perché la mia presentazione in fondo è stata una Artolè in miniatura: c’era qualcuno in maschera (compreso il sottoscritto, ma chi mi conosce bene sa che quando si tratta di dare un po’ di spettacolo non mi tiro mai indietro), c’erano i borlenghi, c’era l’arte. Come se non bastasse è stata allestita proprio per il mio primo giorno di ferie, e i lavoratori di tutto il mondo sanno che il primo giorno di ferie è un giorno bello a prescindere. L’associazione Fontechiara, presieduta da Tina Zaccanti, che ha organizzato l’evento, l’ha ribatezzato “Delitti e borlenghi”, titolo azzeccatissimo che potrei persino riciclare per una futura saga toletana.

Dopo la bellissima introduzione a cura di Flavia Malpezzi, che – tanto per restare in tema- ha ritratto il romanzo con un paio di pennellate che ne hanno messo a nudo l’essenza senza svelare troppo, ho chiacchierato con il sindaco Giuseppe Argentieri e l’assessora alla cultura Patrizia Gambari prima del colpo di scena finale. Il disvelamento di un quadro della pittrice Rosa Stassi dedicato al romanzo assolutamente perfetto nel suo dire e non dire.

Chi l’avrebbe mai detto che ci sarebbe stato un quadro ispirato da un mio romanzo? Ma roba da matti.
A completare il tripudio per il mio ego anabolizzato, una bimba di una decina d’anni ha chiesto a suo nonno di potersi fare una foto con me, dopo che gli ho autografato il libro. Ma non è stato quello il punto. A quell’età anche uno scrittore scalcagnato che però riesce a radunare mezzo paese, può sembrare una celebrità con cui farsi una foto. Il punto è stato che nel libro che mi ha allungato, un po’ stropicciato, ho individuato il segnalibro. Era a oltre metà. Ho improvvisamente sentito sulle mie spalle tutta la responsabilità della scrittura. Quella bimba ha letto oltre metà del mio libro, a questo punto spero l’abbia finito: e se le sarà piaciuto, ne leggerà un altro, e poi un altro ancora. Ma se invece l’avrà trovato noioso, l’avrà magari dimenticato tra i giornalini di enigmistica incompleti e i quaderni di seconda elementare da riciclare (da generazioni i bambini comprano più quaderni di seconda elementare di quanti ne servano, e poi ci mettono anni a riciclarli tutti). Capite, che responsabilità, la scrittura?
Speriamo non di aver deluso una giovane lettrice. Non potrei mai perdonarmelo.

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I generi letterari

bibliotecaChi mi conosce sa che secondo me esistono solo due generi di romanzi: i buoni romanzi e quelli cattivi. Però i generi letterai piacciono, piacciono sopratutto agli editori che si sentono rassicurati, piacciono ai lettori che non vogliono rischiare, piacciono alle biblioteche che si danno un ordine. Volete davvero i generi letterari? Li volete da uno che ha mescolato il noir con l’umoristico e il giallo con il fantasy, scatenando le ire degli ortodossi? Eccoli.

Giallo: c’è un cattivo che ammazza qualcuno, e alla fine viene catturato
Noir: c’è un cattivo che ammazza qualcuno, ma importa il giusto perché tutti sono cattivi e, a modo loro, ammazzano
Orrore: ci sono cattivi che ammazzano, ma con doverosa perizia di particolari
Rosa: c’è un lui bello e maledetto, c’è una lei forte e voluttuosa, e alla fine si amano
Erotico: c’è un lui bello e maledetto, c’è una lei forte e voluttuosa, e fanno sesso. Cavolo se ne fanno. Dall’inizio alla fine. Probabilmente si amano anche loro, ma non è rilevante
Epico: ci sono cavalieri, battaglie, miti, buoni e cattive, ma soprattutto tante pagine o, se l’autore ha fortuna, tanti libri
Fantastico: non si capisce se quello che succede è vero o falso
Fantascienza: non si capisce se quello che succede è verosimile o no, o se lo sarà in futuro
Avventuroso: succedono un sacco di peripezia al protagonista, almeno quante ne bastano a riempire un eventuale film di due ore
Romanzo di formazione: non è detto che accada qualcosa, ma se accade, accade ad un personaggio tra i quindici e i vent’anni
Fantasy: ci sono nani, elfi, principesse, maghi e draghi, e si menano le mani in terre misteriose e grandi abbastanza da starci in una mappa di una pagina disegnata da un bambino di cinque anni
Gotico: qualunque cosa accada, c’è da avere paura
Umoristico: qualunque cosa accada, c’è da ridere
Biografia: la storia di una persona che ha avuto una vita interessante
Autobiografia: la storia di una persona che millanta di aver avuto una vita interessante