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C’erano una volta le librerie

Libri Incontro, giugno 2004
Libri Incontro, giugno 2004

La prima scena coinvolge un bambino che, dopo aver diligentemente percorso gallerie fatte di cappotti e camicie, arriva all’ultimo piano della Coin, quello incantato, quello divertente. L’unico per il quale valga la pena farsi comprare le scarpe, con la mamma che pesta la punta della calzatura per sentire dove arriva l’alluce, armeggiando con quel curioso cucchiaio a forma di scivolo con il quale si infilano le scarpe quando sono nuove.
Il bambino lascia la mano alla mamma e comincia a correre, ci sono libri, poster colorati, giornali, sa che ha già speso la paghetta per il Giornalino e non può ambire ad altro, ma quei colori, quei profumi, quelle colonne di libri rimangono un ricordo difficile da scalfire.

La seconda scena riguarda cinque studenti universitari di comunicazione in vacanza in Scozia. Non mi domandate che legame ci sia tra semiotica e le highlands, fatto sta che i cinque sono lì. Ad Edimburgo, in particolare, unica tappa cittadina del tour a parte la sosta a Glasgow, the smiling city, che decideranno di abbandonare dopo poche ore e una scena di guerriglia urbana in cui per poco non rimarranno coinvolti. Sono ad Edimburgo, la città del Royal Mile, dei locali dove sorseggiare te commentando l’attualità, di Brave Heart. Uno di loro si ferma. quasi folgorato. Alza il braccio destro e indica uno spuntone marrone lungo l’orizzone. Sarebbe magnifico essere lassù, dice. Dice sul serio, non è una battuta. Cosa mai ci sarà di magnifico arrampicarsi su una collina, ne abbiamo di migliori in Italia, pensa uno degli studenti (lo stesso della scena della Coin). Ma altri due studenti alzano il braccio e puntano l’indice verso il colle. Noi andremo là, declamano all’unisono. Dicono sul serio, non è un battuta neanche la loro.Gli altri due commentano perplessi che bisogna essere veramente scemi per avere un’idea così imbecille, fra un po’ piove pure. E così, mentre i tre impavidi si infangano fino al collo per quella che continueranno, negli anni, a raccontare come un’esperienza decisiva per la loro formazione umana, lo studente se ne va in giro per librerie, a sfogliare, annusare, osservare libri meravigliosi. Ogni tanto si ferma per una tazza di té (è luglio ma cacchio se è freddo il luglio scozzese, e piove davvero), poi riprende. A sera ritroverà l’altro studente , che se n’è andato in giro per il centro anche lui ma per altre destinazioni, e i tre scalatori commossi che gli ripetono con le lacrime agli occhi che si, sono convinti di aver fatto davvero qualcosa di grande. Contenti voi, pensa lo studente. Io non so se ho fatto qualcosa di grande. Ma so che ho fatto qualcosa di bello. E adesso per favore fatevi una doccia che non mi di condividere l’ostello con tre pecoroni delle Shetland fradici.

La terza scena è ambientata in una libreria di via San Vitale, si chiama Libri Incontro e già dal nome si pone l’obiettivo di essere un punto di ritrovo per i bibliofili, un posto dove magari i lettori possono incontrare gli autori. C’è appunto un autore che, con l’aiuto dell’amico Andrea Antonazzo, sta presentando il suo romanzo, “Bello dentro, fuori meno”. È una delle sue prime presentazioni, ad ascoltarlo ci sono solo amici, già numerosi presagi lasciano intendere che non è destinato ad una carriera particolarmente brillante. Ma non importa, quella scena rimane, e ci sono scene talmente magnifiche che ti fanno dimenticare che il resto del film non è poi questo granché.

Mi sono limitato a tre scene, ne avrei potute raccontare decine. La libreria è da sempre per me un posto straordinario. Come i negozi di dischi, le videoteche o le sale giochi con i biliardini, stanno scomparendo. E se mi fa male sapere che presto non ci saranno più negozi di dischi, non mi rassegno all’idea che è destino che scompaiano anche loro. La libreria della Coin non c’è più, e nemmeno Libri e Incontro. Insieme a tante altre, quelle piccoline e disordinate che sembravano una protesi cartacea del libraio, quelle grandi in cui ti perdevi e chiedevi ai commessi dov’è l’uscita. Però è così, e come scrittore non mi sembra nemmeno così grave: in fondo su Amazon e IBS ci siamo tutti, Fabio Volo e Carmine Caputo: nelle piccole e grandi librerie c’è quasi sempre solo Fabio Volo, perché la distribuzione ha delle leggi a cui pochi possono ribellarsi. Però non mi rassegno.

Forse invecchiare vuol dire proprio questo, vuol dire rattristarsi perché se ne vanno gli scenari che ci hanno regalato delle scene che non riusciamo a dimenticare.

Buon viaggio, bimbe

libri sullo scaffaleIn principio fu il Giornalino, delle Edizioni Paoline. Le storie a volte erano un po’ complesse per un bambino delle elementari, ma aveva il vantaggio che, essendo venduto in chiesa, spesso ne ottenevo una copia dalla nonna senza dover attingere alla paghetta. Poi arrivò la scoperta di Topolino: centinaia di albi che mio zio regalò ai miei perché aveva gli armadi piedi, e nei quali mi avventurai combattendo i criminali nella 313 truccata di Paperinik, scovando i malfatori sulle tracce di Topolino e appassionandomi alle storie multiple, quelle in cui ad una certa pagina potevi scegliere cosa fare e osservare come andava a finire.
Il primo libro fu la biografia di Cristoforo Colombo. Non so perché, me lo regalarono. Forse perché aveva le mie iniziali, forse un regalo riciclato. Non un granché a dire il vero, ma non mi scoraggiai e feci un secondo tentativo più fortunato con l’Isola Misteriosa. Bingo. Un libro che mi appassionò, emozionò, scosse al punto tale che ancora ricordo bene i caratteri di stampa e la copertina arancione. Non la trama, perché una strana maledizione fa sì che ricordi bene gli stati d’animo che mi hanno accompagnato nella lettura ma non le storie. O magari è una fortuna, perché potrò rileggerle di nuovo e sarà come la prima volta. Proseguì a spulciare tra quello che trovavo nella libreria, passando da Piccole Donne e Piccole donne crescono (niente di che ma la verità è che mi ero innamorato di Joe, non si spiega altrimenti la lettura anche del seguito) a Ventimila leghe sotto i mari e Il giro del mondo in 80 giorni, che posero definitivamente Jules Verne in cima alla mia Hit-Parade.
Intanto mio zio si era sbarazzato anche di copie di Tex, e la scoperta del fumetto “da grandi” fu uno dei profondi turbamenti del passaggio alle scuole medie. A quel punto ero ormai un lettore provetto, leggevo di tutto, dai fatti incredibili della Settimana Enigmistica alle storie sdolcinate di “Confidenze” che comprava mia madre, uno di quelli che non vede l’ora di tornare a immergersi nell’avventura in cui lo scrittore l’ha calato, e leggere Agatha Christie, Ellery Queen e gli altri classici del giallo mondadori diventò una piacevole dipendenza. E dopo vennero i libri a mille lire di Newton Compton, i primi che potevo comprare con la mia paghetta, i fumetti della Marvel dai quali mi separai dolorosamente perché per amore di continuity spendevo più di quanto non potessi permettermi, e insomma, sono sempre stato un ragazzino attento a proprio limitatissimo bilancio.
Leggere è vivere altre vite, appropriarsi del dono dell’esperienza, della fantasia e dell’immaginazione che un altro ti dà, leggere è indossare gli abiti di eroi metropolitani, supereroi o leggende storiche potendo tornare ai nostri rassicuranti jeans non appena si chiude la pagina. Leggere è partire per uno di quei tour in cui ti affacci al finestrino e da ogni parte tu guardi osservi una meraviglia.
Confido di riuscire a trasmettere qualcosa di questa passione quando chiudo le mie serate leggendo in compagnia delle mie bimbe le storie che arricchiscono questa fase della mia vita: Scacciabua, Mano Manina, Voglio il mio ciuccio, Ciao papà, La rabbia. Spero che il viaggio cominci anche per loro, e se non ci sono gli armadi dello zio da svuotare, ci saranno quelli di papà.

I libri fantasma di IBS

Per la piccola editoria, la vendita tramite il canale Internet è essenziale, perché tante volte è l’unico modo per entrare in contatto con il pubblico. E non parlo solo di nuovi lettori da convincere, parlo anche di persone che vogliono comprare il tuo libro perché ti conoscono, perché hanno letto una recensione, perché gliene hanno parlato bene. Tramite Internet sono riuscito a vendere buona parte dei miei tre lavori, raccogliendo qualche soddisfazione, ma anche alcune delusioni, E mi riferisco in particolare al comportamento di IBS, Internet Bookshop. I signori in questione infatti da anni propongono le mie opere, alcune addirittura in sconto. Peccato che non le vendano, nemmeno se i lettori gliele ordinano. Siccome alcune persone mi hanno segnalato questo disservizio, ho voluto informarmi e provare di persona.
Ordino quindi un mio libro regolarmente presente in catalogo. Già che ci sono, ne ordino anche altri (questo è un passaggio chiave da tenere presente). Aspetto perché il libro risulta in ordinazione. Nel frattempo contatto l’editore, che mi assicura che i libri sono disponibili. Dopo un po’ di tempo, arriva una e-mail in cui mi informano che invieranno i libri del mio ordine, TRANNE IL MIO ROMANZO. Invio una e-mail per disdire l’ordine, ma, ops, peccato, l’abbiamo già spedito, doveva risponderci entro 24 ore.

Purtroppo la stessa identica esperienza l’hanno fatta alcuni amici. A questo punto ci sono due alternative. O IBS tiene in catalogo dei romanzi che gli servono come specchietto per le allodole, ma per i quali non ha effettiva disponibilità. Siccome per ammortizzare le spese di spedizione nessuno ordina un solo libro, così si assicurano almeno di vendere qualche copia. Si tratta di una ipotesi maligna, certo, ma quella fretta nello spedire un ordine incompleto induce a questo tipo di ipotesi.

Oppure c’è un problema nella distribuzione, IBS richiede il libro, non lo ottiene (l’editore non sa spiegarsi perché, ma diamo pure per assodato questo passaggio) e spedisce gli altri. Voglio dare loro fiducia, e propendo per la seconda ipotesi. Ma allora, perché non eliminano i miei libri dal catalogo? I miei amici li ordinerebbero da altri network, invece di ordinarli da loro insieme ad altri, e trovarsi sistematicamente con un pacco (nel vero senso della parola…) incompleto.

Spero sinceramente di essere smentito da qualcuno che affermi di essere riuscito ad acquistare “Bello dentro, fuori meno” o “Bologna l’oscura”, Nonsoloparole Edizioni, su IBS.
Io non ci sono riuscito, e ovviamente adesso compro altrove…

PS Non ho informazioni invece per quanto riguarda “Ballata in sud minore”, 0111 Edizioni, spero che almeno quello si riesca a vendere.

Scoprirsi ignorante e non poterci fare nulla

Cos’è questo?
…ehm…quello…quello è un pino
E questo cos’è?
Quello è… che sarà… ah si questo lo so, quello è un alloro (almeno credo)
E quello cos’è?
E, quello… quello è un altro albero, quello…
Ci sono momenti in cui ti domandi a cosa è servito dedicare tante ore di studio a concetti che non ti torneranno mai utili, ai cultural studies, alla sociologia della conversazione, a cosa sono serviti tutti quei libri sulla psicologia della comunicazione e sulla storia del giornalismo quando avresti potuto dedicare QUALCHE MINUTO alle basi della botanica, quel tanto che ti basterebbe a dare una risposta sensata a tua figlia che indica gli alberi e si aspetta che tu sappia come si chiamino.
E quello cos’è?
…Quello è un albero starnutellum, che cresce ogni volta che un bambino fa uno starnuto, e infatti vedi com’è alto… e quello è magicofogliade, un albero che di notte quando tutti dormono può andare in giro a sgranchirsi le gambe… e quello è solleticantis, perché gli piace tanto quando gli si solletica la corteccia proprio sotto i rami…
Meno male che se non altro sono sempre stato bravo a raccontare storie

In biblioteca

Il giovane papà, consapevole di aver assecondato gli istinti primordiali della sua erede consentendole di sradicare innocenti fiorellini al parco e permettendole di usufruire con inaudita violenza di scivoloni, altalene, corde ed altri elementi di tortura (per i genitori ansiosi, mica per le piccole bestioline), decide che è arrivato il momento di accompagnare la piccola all’interno di uno dei suoi sacrari: la biblioteca.
La biblioteca della Sala Borsa di Bologna per fortuna offre un’ampio ambiente dedicato ai più piccoli. Piacerebbe dire che qui i fanciulli si immergono nelle pagine colorate e divertenti delle storie pensate per loro, ma la verità è che i primi gridolini sono generati da una piccola tribuna che consente all’erede di arrampicarsi e provare quindi indoor le proprie capacità di estensione e contusione esercitate nel parco. Poi ci sono sedie e tavolini su misura, e questo provoca la dignitosa approvazione di chi si è sempre domandato perché sedie e tavoli sono sempre così scomodamente enormi.
E poi ci sono i libri.
Il giovane papà ne propone vari, piccoli con le filastrocche, grandi con pagine variopinte, tenta persino con un paio di opere in tedesco finite lì perché qualche precedente avventore deve averle trasportate da chissà dove. Difficilmente però si supera la terza pagina, quella tribuna è troppo invitante. Allora il giovane papà cambia stanza, e qui c’è addirittura la possibilitò di togliersi le scarpe e gattonare tra i cuscini, la goduria raggiunge livelli parossistici. I libri si continuano ad occhiare con simpatia, forse compassione.
D’altronde, mi domando, se al centro della biblioteca per adulti ci fosse un campo di calcetto e qualche biliardino, probabilmente mi farei distrarre anch’io.
La giornata si conclude con un’altra fitta al cuore del giovane papà.
Vinto ma non domo, gioca la carta dell’omologazione culturale: tira fuori da uno scaffale dei libri che riportano immagini tratte da Shrek e Madagascar. Sono meno raffinati, meno curati, meno elaborati dei centinaia di libri che ha proposto precedentemente all’erede. Eppure stavolta fanno breccia, si arriva addirittura a sfogliarne due terzi.
Si torna a casa, la biblioteca all’erede è piaciuta, chissà se le sono piaciuti anche i libri, si domanda sconsolato il giovane papà che in un paio d’ore è invecchiato un bel po’.