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Al lavoro!

Da più parti in questi giorni si stanno sollevando polemiche contro le celebrazioni per i 150anni dell’unità d’Italia, che prevedono (prevederebbero) un giorno di festa. Gli industriali hanno detto che perderanno 4 miliardi di euro per colpa di un giorno di riposo.

Praticamente il nostro pil è legato più al fatto che quest’anno non ci saranno feste per il 25 aprile e il 1° maggio che per le capacità imprenditoriali della cosiddetta classe dirigente. Ma allora osiamo, andiamo oltre.
Quanti miliardi perdiamo per colpa delle inutili soste settimanali della domenica (e addirittura anche del sabato in alcuni casi)? Quanto scaleremmo le classifiche della produttività se portassimo la giornata lavorativa a 15, 16 ore (con eventuali due ore di straordinario), come accade nei paesi più redditizi?

E perché non liberarci di questi assurdi vincoli burocratici legati al novecento che impediscono per esempio di migliorare i rendimenti attraverso lo sfruttamento della mano d’opera infantile? Se i bambini meridionali, per esempio, anziché andare a scuola lavorassero in fabbrica, otterremo un valido taglio alla spesa pubblica e saremmo più competitivi sui mercati nazionali.

Per non parlare della sacrosanta abolizione delle ferie estive, che ingolfano le autostrade e le spiagge d’Italia che invece devono essere libere per incrementare il turismo straniero.

Insomma, le strade per far felici gli industriali sono tante, basta volerlo.

Come si scrive una fiction – prima puntata

Volete provare l’ebbrezza di scrivere la sceneggiatura di una fiction poliziesca? Vedrete che è molto più facile di quanto non appaia in un primo momento.
Dell’ambientazione non dovrete occuparvi. Quella dipenderà dalla film commission – nome figo per dire finanziamento pubblico regionale – che offrirà di più per ospitare le vostre storie per promuovere turistacamente la regione. Per cui evitate storie che richiedano necessariamente la presenza di mare, montagne, fiumi, o tutto ciò che un cambio di location potrebbe complicare. Mantenetevi sul generico, parlate di città, piazze del duomo, viali della repubblica e parrocchie di periferia e andate sul sicuro.
Sappiate subito che le storie devono avere un lieto fine. Se nei romanzi questo talvolta non accade e nel cinema ci sono raree eccezioni, per la fiction non si discute, il cattivo alla fine va in prigione e i buoni vincono.
Nonostante l’ignoranza delle più elementari procedure investigative debordi dalle nostre storie televisive, documentatevi un minimo: i commissari e gli ispettori stanno nella polizia, i marescialli e i capitani nei carabinieri e nelle altre forze armate. A seconda del protagonista che scegliete, sarà lui l’anello più importante delle indagini: se è un giudice, guiderà l’inchiesta, coordinerà gli uomini a sua disposizione e commissari ed ispettori saranno solo pedine che eseguono gli ordini. Se è un commissario, avrà un giudice ottuso e con probabili intrallazzi politici che vuole archiviare tutto, e un ispettore impacciato e buono a nulla a dargli una mano. Se è un ispettore, ormai avete capito come funziona, i suoi superiori sono dei burocrati, l’unico che si sporca le mani davvero è lui.
Qualunque sia la vostra scelta, sappiate che il questore nelle fiction è un patetico imbecille spaventato dall’idea di creare problemi ai potenti e attento solo alle conferenze stampa. Nella fiction poliziesca ci sono poche certezze, e la mediocrità umana e professionale del questore è una di queste. Nella prossima puntata ci occuperemo del protagonista.

Statale 7 Quater

Statale 7 Quater non è un romanzo spensierato da leggere per rilassarsi sotto l’ombrellone. Non è neanche una storia piacevole da raccontare mentre si aspetta il metro, non è una favola edificante o un noir con i buoni da una parte e i cattivi dall’altra. Statale 7 Quater è un romanzo disperato, rassegnato, angosciante. Un romanzo necessario, di quelli che ti invitano a vedere quello che non sei più capace di osservare: storie di degrado urbano, di violenza, di miseria, storie che siamo abituati ad anestetizzare attraverso il tubo catodico. Ma non si può cambiare canale, quelle vite ci sono, quella sofferenza ci riguarda, possiamo disinteressarci ma non negarne l’esistenza. L’autore tratteggia con gusto del dettaglio e mano ferma panorami desolati e drammatici dai quali tuttavia emerge, come una pennellata di colore su un ritratto in bianco e nero, l’umanità di chi non si rassegna. Intorno ad una strada, che congiunge Napoli con Roma, si dipanano le storie di giovani costrette a prostituirsi, di droga, di vendette tra clan rivali, di solitudine e abbandoni, di ordinaria corruzione. Storie brutte, indiscutibilmente, ma preziose per chi considera la letteratura non tanto come evasione quanto come testimonianza. Una volta uno come Mallozzi forse si sarebbe definito un verista, uno scrittore che racconta la realtà senza far sentire la sua presenza, che la osserva in punta di piedi mentre si dispiega davanti ai nostri occhi in un lamento silenzioso.
Statale 7 Quater è un romanzo sgradevole ma necessario, un romanzo crudo che apre una finestra su una realtà degradata che vorremmo non esistesse. Ma c’è, e se ne sappiamo un po’ di più lo dobbiamo anche a questo bel romanzo di Mallozzi.