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Renziadi e altri merletti

Per quanto sconquassate, sempre meglio le nostre primarie del loro primario (1/12/2012).

Grande delusione nello staff di Renzi. Pare che le regole volute dall’apparato burocratico non solo vieteranno il diritto di voto a cani, gatti e pesci rossi, ma addirittura impediranno agli elettori di Renzi di manifestare il loro consenso votando tre o quattro volte a testa (30/11/2012)

Sallusti trascorrerà gli arresti domiciliari in casa della Santanché. A questo punto Amnesty dovrebbe intervenire, siamo alla crudeltà (27/11/2012)

Per votare al secondo turno delle primarie ci vorrà la giustificazione, ma solo se si vota per Renzi. Del tipo: io voto Renzi, ma è perché ho perso una scommessa. Io voto Renzi, ma è perché ho smesso di fumare e per distrarmi faccio uso di funghetti allucinogeni. Io voto Renzi, ma è perché io sono Renzi.

La domenica appena trascorsa ha lasciato un chiaro, indiscutibile segnale per tutti, che dobbiamo avere il coraggio di affermare a voce alta. La formula uno senza i rifornimenti di benzina è più noiosa di un rosario in latino (26/11/2012)

Fila lunga per le donne, fila veloce per gli uomini. A seggio delle primarie come alla toilette dell’autogrill (25/11/2012)

C’è la sinistra (la Puppato, Vendola), il centrosinistra (Bersani), il centro (Tabacci), la destra (Renzi). A queste primarie non ci facciamo mancare nulla  (25/11/2012)

E chi li conosce?

 I pubblicitari li chiamano teaser. Sono campagne che servono solo a incuriosire, stuzzicare l’opinione pubblica, senza chiarire troppo il messaggio. Dopo il teaser c’è il follow-up, la campagna pubblicitaria vera e propria che nei colori e nello slogan deve richiamare il teaser che l’ha preceduta. Uno strumento rischioso, sicuramente, di cui si ricordano errori clamorosi (la Mercedes organizzò una campagna di teaser che anticipò di un anno l’uscita della Classe A, poi quando la macchina fu presentata si scoprì che si accappottava in curva). L’idea comunque è vecchiotta, molto sfruttata, e se non c’è un lavoro di creatività fatto bene, allora non funziona. Spesso viene associata al guerrilla marketing, cioè a quelli strumenti di comunicazione non convenzionale che si basano sull’idea di diffondere una leggenda metropolitana o del coinvolgimento involontario dei media per svelare un mistero dietro il quale c’è una operazione commerciale.

I geni del PD hanno usato entrambi questi strumenti. L’hanno fatta in maniera mediocre, ricalcando cioè cliché già abbastanza usurati, senza quell’audacia e quella voglia di osare che devono essere alla base di questi strumenti. E anche da un punto di vista esecutivo, teaser e follow up sono davvero scarsini. Ma il punto non è questo, in fondo chi li accusa esagera, a parte il fatto di aver appeso abusivamente i manifesti (pratica che ha svelato la loro natura politica visto che sono i politici a non pagare mai per le affissioni), per il resto la campagna ha attirato l’attenzione, tutto sommato non è stato questo flop di cui parlano tutti. Il punto è: perché devo usare strumenti che servono tutto al più a vendere scarpe e bevande analcoliche per promuovere il tesseramento ad un partito?

Su quali valori si basa un partito che cita le commediole hollywoodiane e si propone con una grafica che ricorda le patatine fritte più economiche?

Se vogliono conquistare i voti dei giovani di sinistra, cerchino di spiegare perché mai i giovani di sinistra dovrebbero votare per Enrico Letta. Quando avranno trovato una sola ragione, allora potranno farne la base per una campagna di abbonamenti.