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Trappola d’ardesia, di Roberta De Tomi

Trappola d’ardesia, quinto romanzo (credo ma non vorrei sbagliare) di Roberta De Tomi, è prima di tutto una intensa storia d’amore. Ma non fraintendetemi, se state pensando a quelle vicende in cui una occhialuta segretaria timida si innamora del muscoloso fattorino, che alla fine della storia si rivela essere un ricchissimo archeologo e la porta con sé in giro per il mondo, siete fuori strada. Anzi, forse sarebbe più corretto scrivere che il romanzo è una storia d’amori, amori passionali, amori fugaci, amori di una notte e via, ma anche amori difficili tra fratello e sorella e tra padre e figlia. L’amore come sentimento spesso dissimulato, apparentemente denigrato, disprezzato, eppure fondamentalmente ricercato. La bravura con cui l’autrice modenese delinea i rapporti umani sta proprio nel non detto, nei gesti appena accennati, nei silenzi, negli sguardi che frugano, sostengono, si perdono.

Da un punto di vista prettamente narrativo alla storia non mancano tutti gli elementi del thriller: c’è una ragazza in stato confusionale ai bordi della strada, una anonima commessa di provincia che la accoglie in auto, e da lì una serie di avvenimenti e colpi di scena che coinvolgono il lettore fino a spingerlo a prendere le parti di questo o di quell’altro interprete. Sullo sfondo della bassa emiliana si delineano le figure talvolta approfondite, talvolta appena accennate di coniugi che tradiscono, drogati di lavoro, giornalisti indipendenti, genitori incapaci di essere padri, ispettori e giovani in cerca di emozioni.

Alla fine in questo affresco variopinto non ci sono buoni e cattivi, ma solo persone alla disperata ricerca del loro posto nel mondo. E una scrittrice che vorrebbe tanto essere cattiva ma non ci riesce e alla fine dimostra di credere all’amore – in tutte le sue forme: fraterno, sensuale, profondo – più dei suoi stessi personaggi. 

Piccola nota per i lettori maschi: descrivendo uno dei protagonisti che apre la porta a una ospite, De Tomi scrive:

“Nel presentarsi, ricorda di avere un pessimo aspetto. Barba di quattro giorni, pantaloncini a metà gamba,  una maglietta con una scritta sbiadita al centro, buchi sparsi qua e là. Della serie, come far scappare una  donna”.

Ricordatevene nelle vostre scelte d’abbigliamento, anche se pure su questo punto il romanzo riserva delle sorprese.

Trappola d’ardesia è edito da Delos Crime e si trova in formato digitale su tutti i principali negozi online.

Magnitudo Apparente, di Roberta De Tomi

cover_Magnitudo_ApparenteSarà capitato a tanti adolescenti di trascorrere qualche settimana a casa degli zii, magari durante le vacanze estive. Proprio quello che succede a Nicolò, uno dei protagonisti di Magnitudo Apparente, romanzo di Roberta De Tomi edito da Lettere Animate Editore, che trascorre un’estate a Milano lavorando per lo zio che ha uno studio di contabilità. Un’occasione per vedere posti nuovi, fare un’esperienza lavorativa, uscire un po’ di casa.
Ma non è un’estate come un’altra, e Nicolò non viene da una zona qualsiasi: è il 2012 e Nicolò viene da una città emiliana “della Bassa” (così viene spesso definita nel romanzo la provincia a nord di Modena) sconvolta dal terremoto di maggio.
Il terremoto è uno dei protagonisti di questa vicenda, ma l’autrice è scaltra nel raccontarlo nei riflessi opachi di esistenze  profondamente ferite. Più che gli accadimenti sono infatti i ricordi, le descrizioni delle macerie, i racconti di chi è sopravvissuto a quella terribile pagina della storia emiliana a renderci partecipi di un dramma così profondo.
Parte dei racconti vengono proprio da Nicolò, che porta nel cuore di una grigia e distratta Milano l’esperienza di un terremotato molto legato alla sua terra. Una Milano dove tutti sembrano preoccuparsi solo di fatture, clienti e lavoro. In una famiglia “per bene” che, come succede spesso, nasconde tensioni e incomprensioni che l’arrivo di Nicolò contribuirà a far emergere
Un’altra delle voce emiliane, dalle cui parole il lettore scoprirà quel vuoto che lascia nell’anima l’esperienza di un sisma, è una misteriosa donna che ha qualche legame con Carlo, lo zio di Nicolò che evidentemente ha qualcosa da nascondere a sua moglie Rosanna e sua figlia Nicole.
La storia prosegue quindi per immagini, quadretti accostati come scene teatrali in cui più che il filo del discorso o l’intreccio a contare sono i sentimenti sottaciuti, nascosti, talvolta gridati dai protagonisti. Se si trattasse di cinema diremmo che è una storia di primi piani e lunghi piani sequenza più che di montaggio forsennato.
Una storia non facile, che non strizza l’occhiolino al lettore come spesso accade negli autori più giovani ma che nella sua sincerità rappresenta una testimonianza autentica del terremoto del 2012. Con qualche riferimento qua e là alla cultura musicale dark e metal che il sottoscritto ha evidentemente apprezzato.
Un’ultima nota la merita Nicole, la cugina di Nicolò, personaggio femminile centrale “schiacciato” tra genitori ingombranti, esigenti e molto concentrati su se stessi e  figure maschili di successo presente o futuro (il fratello Giordano, il cugino Nicolò). L’autrice la definisce una NEET “Not (engaged) in Education, Employment or Training“, cioè una persona non impegnata nel lavoro, nello studio o nella formazione. Si tratta di un “tipo” sociale abbastanza recente che individua quei giovani che vivono in famiglia (le fasce d’età variano partendo dalla fine della scuola dell’obbligo fino alla soglia dei 30 anni e oltre) e che “galleggiano” in un’esistenza sospesa in cui hanno finito di studiare ma non riescono a trovare lavoro. Nicole in particolare ha un talento artistico e la storia lascia presagire qualcosa di buono per lei, ma non è detto che questo accada a tutti i giovani senza lavoro dopo gli studi (in Italia sono il 25%) di cui finora ci si è svogliatamente occupati solo in studi statistici. Bisogna che qualcuno prima o poi si accorga dei Neet, sembra dirci l’autrice, e non vedo come darle torto.