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Concerto (finch? non me ne sono andato) dei Piano Magic

Il chiostro di Santa Cristina a Bologna è una perla che si dischiude brillante e avvolge nelle sue mura secolari i suoi fortunati visitatori. Un autentico gioiello nel cuore di Bologna, la risposta più efficace al degrado e all’abbandono del centro storico. Il restauro del convento del XIII secolo convertito poi in caserma (ma come si fa?) è stato reso possibile dall’Università che ha investito alcuni miliardi per allestire gli spazi del dipartimento di Arti visive e alcune aule di Scienze Politiche al piano terra e per ospitare i documenti della Fondazione Zeri  e la biblioteca delle donne al primo piano. 1600 mq di area monumentale che è possibile visitare in questi giorni grazie ad una rassegna di musica intitolata “Julive”.
Personalmente ho partecipato alla serata d’apertura dedicata ai Piano Magic, band inglese presentata strepitosamente da City, il quotidiano gratuito, descritta come gruppo raffinato che riscopre sonorità psichedeliche anni settanta e le affida ad atmosfere sognanti e misteriose. Dopo tre quarti d’ora di fracassamento minuzioso e doloroso dei gioielli di famiglia ho deciso che il chiostro era bello, ma c’erano modi migliori di rovinarsi la serata: anche uscire in strada e fissare per un paio d’ore, che so, un segnale stradale sarebbe stato più vario ed eccitante di quello spettacolo. Intanto nel programma si parlava di musica acustica, e i nostri distorcevano elettricamente anche il loro respiro. Poi si parlava di canzoni, e invece il cantante, un tipo pelato con la testa enorme le braccia corte e le spalle a bottiglia, non ha fatto altro che biascicare lamentele al microfono come se qualcuno nel frattempo stesse cercando di impalarlo. Magari era vero, non c’era abbastanza luce per dirlo, ma certo la prossima volta ci penserò a lungo prima di seguire una recensione di City. Quasi ogni “canzone” (sempre gli stessi tre accordi di basso, avrei potuto suonarlo anch’io, schitarrate a casaccio e una batteria che sembrava lì per errore) era anticipata da un commento tipo “this song is very sad”. Ora, se sei pelato con la testa enorme e le spalle a bottiglia avrai delle buone ragioni per essere sad, non lo discuto. Ma, con tutto il rispetto per i tuoi problemi e tutta la simpatia verso chi fa spettacolo contro le regole dello show-business, devi proprio coinvolgere anche noi?