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Delusione Coliandro (prima parte)

Non c’è nessuno che sappia meglio esprimere la delusione quanto un fan della prima ora deluso.
MI riferisco al primo episodio della terza serie de L’ispettore Coliandro, a mio modo di vedere il peggiore di quelli sin qui trasmessi. E per me, che ho amato questa fiction come poche in passato, è stato quasi doloroso assistere ad un episodio di una mediocrità imbarazzante.
Ci sono almeno una quarantina di motivi per cui non amo la regia dei Manetti Bros, primo fra tutti il peccato originale di tutti i registi presuntuosi, e cioè l’interruzione della sospensione di incredulità. Quando guardi un loro film, cioè, ad un certo punto capisci che stai guardando un film, a causa di una carrellata virtuosistica o di una steadycam fuori luogo. Ma loro sono fatti così, prendere o lasciare, e bisogna ammettere che sono al di sopra della media degli sceneggiati televisivi,sopratutto sono tra i pochi a saper gestire una scena d’azione sulla scia non tanto di Tarantino, citato spesso a sproposito, quanto dei migliori poliziotteschi anni settanta di Di Leo. Ma non sono stati loro a deludermi, anche se inscenare una rapina ad un portavalori sulla salita che porta a San Luca può risultare estremamente inverosimile per chi conosce Bologna. Ma immagino che sia costato meno girarla lì (di fatti è una strada praticamente deserta nei giorni feriali), e poi i portici fanno scena, e pazienza. Poi non li amo perché riempiono sempre i loro episodi di attori e intrepreti romani: risulta veramente insopportabile che in una serie ambientata a Bologna praticamente non ci siano bolognesi fra gli interpreti principali. Ma questo valeva anche per gli episodi precedenti.
A deludermi profondamente stavola è stata la sceneggiatura, da sempre il punto di forza di questa serie. (continua)

Le radici del terrore

C’è un odore di morte che si diffonde nell’aria in una lunga scia che si propaga da Londra all’Iraq e attraversa il vecchio continente. Il self-control inglese, siamo tutti londinesi, attacchiamo l’Egitto, è colpa dell’euro. Come sempre il vociare dopo una tragedia diventa un insostenibile miscuglio di ignoranza e impulsività. Credo che le vittime di questa ennesima sciagura meritino un silenzioso rispetto. Dopo di che, faccio due sole riflessioni: l’effetto più evidente di questa tragedia è che nessuno più, dopo la grande attesa suscitata dal Live8, parla più dell’avidità e della scarsa lungimiranza dei G8, che non sembrano interessati ad affrontare il problema della povertà se non con le solite insulse proposte di intenti. La seconda riflessione riguarda la campagna che in questi giorni le amministrazioni pubbliche stanno facendo contro la zanzara tigre. Ci spiegano che certo si possono usare zanzariere, pomate, rimedi caserecci, ddt: ma occorre soprattutto evitare che l’acqua ristagni e che l’ambiente sia sporco perché è lì che le zanzare si riproducono. Ai signori dei G8 vorrei suggerire che metaforicamente possiamo alzare nuove inutili zanzariere e ricoprirci di pomate: ma non servirà a nulla finché ci ostineremo a non vedere non l’acqua stagnante ma l’immensa palude che si estende dalla favelas dell’America Latina ai villaggi subsahariani, dalle steppe della Mongolia alle periferie mediorientali. Se non facciamo nulla per migliorare quegli ambienti, le zanzare continueranno ad aumentare e ad uccidere innocenti..