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Il regime di creatività condizionata

Mi capita di tanto in tanto di chiacchierare con qualche papà che mi illustra orgoglioso i sorprendenti risultati creativi del figlio alle prese con qualche gioco informatico, Minecraft in particolare, ma anche altri.

Io annuisco sorridente perché i sentimenti di un papà sono fragili e preziosi, e tengo per me questa considerazione: tuo figlio, i nostri figli, non sono dei creativi, perché si limitano a posizionare elementi che altri – loro sì, creativi – hanno predisposto perché loro li componessero. Tutto al più sono compilatori.

Gli anni contemporanei si caratterizzano appunto perché forniscono al consumatore una idea di libertà potenzialmente illimitata mentre lo si costringe in gabbie preconfezionate in cui tutto quello che realizzerai lo farai perché qualcuno te lo ha consentito, quella che io definisco creatività condizionata.
Vale per i social media, per certi sistemi di correzione automatica sempre più invadenti, per alcuni programmi di grafica e video zeppi di modelli precompilati tra cui scegliere,  chissà, forse anche per la nostra democrazia.

Provo a spiegarmi con un esempio: una volta la Lego vendeva principalmente mattoncini, con i quali potevi creare quello che ti pareva. Una casa, un astromissile, un motore a scoppio (vabbe’ non esageriamo: una sua riproduzione). Quella era creatività. Partivi da una serie di oggettini di plastica, e con l’unico limite delle leggi della fisica e del numero di elementi a disposizione, creavi. Siete mai entrati in un negozio di giocattoli, ultimamente? I mattoncini ci sono ancora, ma principalmente i prodotti venduti sono già disegnati, progettati, ogni elemento ha il suo posto, e il bambino deve solo seguire le istruzioni per mettere insieme gli elementi. Attività rispettabile, non dico di no: ma un conto è dipingere su una tela bianca, un conto è completare un puzzle.

Ecco, molti dei software che citavo prima, più che tele bianche ricordano puzzle da ricomporre. Già mi aspetto l’obiezione del papà: ma guarda che mio figlio ha progettato un castello, una nave spaziale, un’isola, un continente intero assolutamente originale. Non l’ha copiato, l’ha inventato lui. Mi dispiace, ma non è così: ha solo collocato secondo il suo gusto una serie di elementi che in potenza erano già lì. Il numero di combinazioni possibili in giochi del genere è enorme, forse incalcolabile, ma finito.

Se c’è una caratteristica della creatività, invece, è che una volta spalancate le sue finestre, i suoi mondi possibili sono infiniti. Cari papà, devo dirvelo: spegniamo quei maledetti monitor e regaliamo ai nostri figli dei fogli bianchi, o mattoncini sciolti.

Donne, uomini e tecnologia

vhsGli uomini inseriscono i coltelli nella lavastoviglie con la lama verso l’alto, perché è risaputo che così si lavano meglio. Le donne inseriscono i coltelli nella lavastoviglie con la lama verso il basso, perché è risaputo che così si evita di scarnificarsi le braccia. Gli uomini rimuovono la polvere dai loro prodotti tecnologici, le donne usano prodotti tecnologici per rimuovere la polvere.
Gli uomini usano più shampoo e prodotti di bellezza per la propria automobile di quanto non ne usino per se stessi; per le donne a parte la benzina e l’acqua per i tergicristalli, di cos’altro dovrebbe avere bisogno quell’arnese per andare?
Gli uomini riempiono la lavatrice prima di farla andare perché così consuma meno acqua. Le donne la fanno andare appena vedono sentore di calzini post-calcetto, perché ritengono che la loro serenità venga prima del consumo d’acqua.
Per un uomo occorre assecondare le macchine, per le donne sono le macchine che devono assecondare noi. E non è un caso che i personal computer abbiano cominciato ad essere davvero user-friendly quando anche le università scientifiche americane, tra gli anni settanta e ottanta, hanno cominciato a essere popolate da ricercatrici che proprio non accettavano quel modo freddo e impersonale di dare ordini ai calcolatori (command-line, si chiamava, vi ricordate?Copia! Cancella! Scrivi!). Vuoi mettere le infinite possibilità di arredare un desktop?
Io dico che dobbiamo ringraziare le donne se la tecnologia va avanti e semplifica la vita. Perché chi si oppone a loro è destinato alla scomparsa: ricordate quanto complicato fosse programmare un videoregistratore, e quanto lo odiassero molte signore? Ebbene, guardatevi intorno, e ditemi quanti videoregistratori vedete in giro. Ricordate quanto vostra madre odiasse quei televisoroni 25 pollici profondi mezzo metro che gli rovinavano la sala? Gli schermi sottili li hanno imposti le matrone giapponesi, altro che.
Sapete, per la tradizione cristiana Maria è ascesa al cielo dopo la morte, ed è stata la prima, perché gli altri dovranno aspettare il giudizio universale. Ed è un bene, perché almeno potrà organizzare per bene la permanenza di chi ci arriverà. Avesse dovuto fare Gesù tutto da solo, il paradiso sarebbe un posto pieno di schermi catodici a fosfori verdi e vhs.

Lasciate in pace il nostro desktop

La scrivania del mio Linux a casa. In ufficio però sono molto più incasinato…

Ci sono talvolta delle innovazioni tecnologiche che hanno talmente tanto successo da costringere i produttori – in alcuni casi a condannarli – a riproporli sempre, a costo di rallentare le possibilità di miglioramento. Perché la gente si abitua e accetta il cambiamento solo se davvero comporta dei vantaggi tangibili. Alcuni produttori di automobili hanno provato a sostituire le chiavi con una card, tanto per fare un esempio, ma non sembra che questo sistema si stia diffondendo: se sono abituato a sentire le chiavi in tasca, o a ravvisarne il tintinnio in borsa, perché dovrei sostiuirle con un scheda tra il bancomat e la carta fedeltà del supermercato? La Sony provò per più di dieci anni a sostituire i cd con i minidisc, poi anche i giapponesi hanno dovuto arrendersi, il cd era entrato nel cuore della gente e sopravvive in varie forme persino oggi, negli anni della “musica liquida”.

Però certe volte i produttori si intestardiscono, e non ne vogliono sapere di rinunciare. Un caso emblematico è quello del desktop per pc, che ci accompagna ormai dai tempi di Windows 3.1, e per gli utenti mac da ancor prima. Il desktop – se state leggendo un blog online lo sapete già – è quello spazio di lavoro in cui posso creare collegamenti o “appoggiare” file che mi ritrovo continuamente sott’occhio quando riavvio il computer. Da sempre, il desktop ammalia anche i più ostici, che sentono nel riappropriarsi di quegli spazi una specie di supremazia sul sistema operativo. Nonostante varie leggende metropolitante, come quelle per cui un desktop troppo pieno rallenterebbe il pc, sono pochissimi quelli ch resistono alla tentazione di riempirlo di file e cartelle. Ho visto desktop talmente fitti che l’incona del mouse era una specie di striscia intermittente tra un’icona e l’altra. Ebbene, i produttori si sono messi in testa che il desktop non dobbiamo usarlo così. Che rovina il loro progetto grafico, che ci ingabbia in una serie di azioni ripetitive, che non ci fa sfruttare a pieno le funzionalità del sistema. Non lo so, ma fatto sta che già Windows XP provava a proporsi con una collina soleggiata con una sola icona. L’utente cfi metteva pochi minuti a disattivare la funzione. riposizionare lo sfondo con le vacanze a Gabicce e tornare a lavorare come prima. Sopportando però di tanto in tanto le proposte del sistema di cancellare le icone che – secondo lui – erano inutilizzate.

Windows 7 è ancora più autoritario, e nasconde le icone senza nemmeno chiederci il permesso. Come sempre in Windws è facile taroccare il sistema per fargli fare quello che vogliamo noi – forse è uno dei motivi del suo successo – per non parlare dell’ambiente Linux dove da tempo alcune distribuzioni impediscono di salvare icone sul desktop ( Unity sembra il non plus ultra di questa follia).

Ma cari produttori, quando vi arrenderete? Quando la smetterete di pretemdere di pensare per noi? A noi il desktop piace, e fino a quando non ci imporrete di guidare con una cloche al posto del volante, sceglieremo sistemi che ci permettono di convivere con il nostro amato disordine.