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Il brutto ci sommergerà

Un'orrenda costruzione bologneseIl brutto avanza, si infiltra, ci coglie alla sprovvista e ci imbarazza con la sua schiacciante e definitiva ripugnanza. Guradate questa foto.

Non credo si tratti di un bunker antiatomico, nè di una sede militare. Forse, spero, sarà una clinica, o forse un centro di recupero. Di sicuro non posso pensare che ci siano persone disposte a pagare per vivere in un’orrenda accozzaglia architettonica come questa. Non vi dico dov’è, perché non voglio scatenare cortei di protesta nè sguardi curiosi: e poi sarà lei, questa costruzione ributtante eretta qualche tempo fa a Bologna, a trovare voi, con il suo carico di cattivo gusto, le sue tonnelate sgraziate, il suo apparato di concezioni abominevoli.

Che ci siano architetti folli, si sa (a parte il fatto che questa costruzione, secondo me, è stata disegnata da un dentista in preda ai fumi dell’oppio), ma quello che mi chiedo è: avranno pure dovuto chiedere il permesso, no? Saranno andati dal sindaco, a dire, vogliamo costruire un orripilante rifugio antiatomico nella prima periferia di Bologna, possiamo? E il dramma è che qualcuno gli ha detto sì. Non so, quando le nostre case saranno bombardate e rase al suolo dai marziani, e quello stomachevole cumulo di pietre antiestetiche sarà rimasto in piedi, potranno dire di avere ragione loro.

Fino ad allora, no.

Vuoi Fastweb? Chiama da Telecom!

Uno si ingegna per trovare spunti divertenti o trovate umoristiche, e poi si rende conto che la vita di tutti i giorni gliene offre di meravigliose. Ecco quello che mi è appena successo: voglio fare l’abbonamento ai servizi fastweb. Provo da Internet, saranno sicuramente ipertecnologici, farò tutto online, infatti va bene fino a quando non mi chiedono il numero di telefono. Ma io non ce l’ho, il telefono, è per questo che voglio fare l’abbonamento. Niente da fare, il sistema è implacabile: senza numero di telefono non si va avanti. La soluzione suggerita è quella di chiamare il 192192. Il che, per uno che non ha il telefono, è seccante. Avranno previsto un servizio per i cellulari, penso (ce l’hanno tutti, persino io): in effetti c’è, ma è a pagamento. Da rete fissa invece è gratuito. Considerando che, quando va bene, l’operatore risponde dopo un quarto d’ora di musichetta e voce suadente che invita a rimanere in attesa per non perdere la priorità ottenuta (ma quale priorità, che sto qui da dieci minuti!!!!!!), escludo l’ipotesi cellulare. Vado dalla mia ragazza e chiamo da numero fisso. E qui davvero Fastweb si supera nella sua roccambolesca comicità. Il servizio di attivazione non funziona da telefoni Fastweb, come quelli di mia sorella o della mia ragazza: per loro si passa automaticamaente al 192193, il servizio clienti. E io che non sono cliente, come faccio a diventarlo, chiedo all’operatore? C”è una sola soluzione, ammette candidamente: chiami da un telefono Telecom, o da un altro operatore della concorrenza. Attualemnte è l’unico modo di diventare cliente Fastweb.
Sempre che io ne abbia ancora voglia…

Con gli occhi rivolti al cielo

Non ricordo se ero in quarta o in quinta elementare. Avevo invitato i miei compagni di classe (da noi, cultura tardodemocristiana, si chiamavano amichetti) a festeggiare il mio compleanno. Come mio solito avevo già pregustato la festa, organizzato l’organizzabile e immaginato divertimenti indescrivibili a parole (robe proibite tipo un due tre stella in salotto e cacce al tesoro machiavelliche con enigmi comprensibili solo a me). Tutto era pronto, i dolci, gli addobbi, mancavano poche ore, ero in fibrilazione…Nevicò, e non venne praticamente nessuno. La neve a Statte è rarissima e come tale blocca ogni forma di vita generando panico e apprensione. Niente festa, dunque. Sono passati più di vent’anni, da allora, e ancora mi ritrovo a guardare il cielo e a chiedermi che scherzo mi combinerà. Un’altra nevicata non sarebbe poi neanche insolita, qui a Bologna. Ma stavolta i miei amichetti hanno la macchina, ho fiducia che ce la faranno. E intanto scruto il cielo.

Il tappo sopra

Bagno schiuma con il tappo capovoltoPerché i designer, gli ergonomi e gli scienziati dell’immagine ad un certo punto hanno deciso che le bottiglie degli shampoo e dei bagnoschiuma devno essere capovolte, con il tappo sotto largo? Perché sono più belle? Perché sono più comode da usare? Perché si appoggiano meglio sugli mobiletti infidi e scivolosi dei bagni? Perché danno bella mostra di sè sugli scaffali dei supermercati?

No, la ragione è un’altra. La ragione è che questo sistema demente mette in difficoltà i furboni come il sottoscritto che non solo si accorgono di non avere preso il bagnoschiuma dal mobiletto prima di essere entrati in doccia, ma fanno una fatica incredibile a dosarlo, si innervosiscono, lo agitano, e finiscono inevitabilmente per rovesciarsene un terzo sui piedi tra improperi e volgarità irripetibili. Il tappo sopra, il bagnoschiuma sotto. Oppure non vi compro più, e mi lavo col caro vecchio sapone della lavandaia.

La soglia psicologica

Gesù a trent’anni decise che era venuto il momento di fare sul serio, appese il martello al chiodo, chiese a Giuseppe il TFR e partì per il suo viaggio.

A trent’anni i giocatori comprendono che il tempo di giocare sta per finire, se sono bravi cominciano a mostrarsi in giro in giacca e cravatta per convincere il presidente a riciclarli come dirigenti, se sono scarsi iniziano a commentare i fatti della giornata in qualche emittente privata.

A trent’anni anche le letterine si sposano.

A trent’anni quando guardi una donna non pensi subito a come starebbe in costume da bagno, ma ti domandi se sa fare le lasagne al forno. A trent’anni le donne non hanno più bisogno di mostrare le curve per sedurre, ma semmai devono nascondere quelle di troppo. Trenta, come i giorni del mese, trenta come la percentuale di stipendio che se ne va in tasse.

A trent’anni ti chiamano signore quando chiedono un’indicazione, e non sei più obbligato a cedere il posto in autobus. È già tanto che qualcuno non lo offre a te. A trent’anni sei grande, hai superato la fatidica soglia: il tuo stipendio è rimasto di là, lui è ancora junior, chissà per quanto tempo lo sarà, è bello sapere che una parte di te rimane giovane. Sul retro di copertina del mio libro c’è scritto che sono nato vent’otto primavere e mezzo fa. Sul prossimo, semmai il mio editore avrà il coraggio di pubblicarlo, ci sarà scritto che ho trent’anni: li compio fra qualche settimana.

Non sarà un libro comico: cacchio, come fa un trentenne a scrivere un libro comico?

Auto servizio

Hanno cominciato i ristoranti, credo: niente più cameriera sorridente che annota i tuoi ordini sul blocchetto, ma lugubre fila indiana con vassoietto da influenzato, niente più sorpresa all’arrivo del piatto ma cibi esposti al pubblico ludibrio, niente più caldo o freddo ma solo diffusa e grigia tiepidezza. Niente più menù da sfogliare ma lavagnetta impositiva e scolastica all’ingresso, niente più tovaglia ma fogliastri di carta, niente richiesta del conto perché qui paghi prima di mangiare (furbescamente, perché se prima mangi poi ti passa la voglia di pagare). All’inizio si risparmiava, qualcosa, forse, hanno fatto fuori le tavole calde, adesso costano più di quelle. E poi il fai da te (come lo tradurreste? Auto-servizio? Sa di concessionaria) si è diffuso ai benzinai (trovate a Bologna un benzinaio che lavora in questi giorni di freddo: se ne stanno tutti rintanati nei loro gabbiotti a svernare, col cartello self-service esposto). Ammetto che è egoistico e un po’ malvagio pretendere che uno prenda il freddo per rifornirti mentre tu te ne stai al caldo in auto a sentire la radio, ma sono disposto a pagare questo servizio, in fondo quasi tutti siamo pagati per fare robe che gli altri non vogliono fare gratis…Ma qualcosa scricchiola. E già. Proprio nel regno del self service, nei supermercati dove la spesa la fai da solo senza l’aiuto di commessi e negozianti. E sì perché sempre più spesso nel reparto ortofrutta la merce non la pesi più da te: c’è l’addetto. Si saranno accorti che c’era gente che teneva sollevato il sacchetto mentre pesava. Oppure si saranno accorti di quelli che pesavano l’anguria e attaccavano l’etichetta a cinque chili di ciliegie. Oppure, semplicemente, si sono resi conto di quanto costa la frutta, e hanno deciso di non lasciarci soli con quel ben di Dio: gioiellerie fai da te ancora non ne fanno…