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O io sono bigotto, o loro maniaci…

Un fotogramma dello spot in questione

Ho sempre pensato che il conservatore sia uno che ad un certo punto si guarda intorno e si accorge che il mondo intorno a sé è cambiato più velocemente di quanto non fosse lecito attendersi, e soprattutto che è cambiato male.
Non mi sono mai riconosciuto in questa categoria, anche se ci sono eccezioni rilevanti quali la cucina mediterranea (le orecchiette si fanno con le cime di rapa, e la “fusion” di certi cuochi è solo insostenibile confusion) e il calcio (rivoglio la Coppa dei Campioni e i numeri di maglia da 1 a 11). Eppure, quando ho visto lo spot della Renault Twingo, mi sono scoperto conservatore mio malgrado.
Sì, insomma, quello delle due amanti bendate eccetera eccetera. Eccheccacchio, io da ragazzino per reciperare certi ammiccamenti erotici dovevo attendere Colpo Grosso alle 23 (e le tv locali avevano una pessima ricezione). Oppure risolvere con la fantasia. Quella che manca a certi pubblicitari, ma soprattutto a certi dirigenti d’azienda (sì perché i pubblicitari ne fanno di proposte creative valide, ma poi a scegliere sono sempre sessantenni pornomaniaci).
Poi dice che uno cambia canale quando c’è la pubblicità…

Il tramonto del bio

Immagine di http://www.scottliddell.net

Qualche anno fa vicino a casa mia è stato inaugurato un posto avveniristico e affascinante: un supermercato biologico. Tutto, dai detersivi naturali alla pasta, dai prodotti per diabetici e ciliaci ai libri sulla meditazione, sapeva di moderno e antico al tempo stesso, di innovativo e tradizionale, di genuino e di raffinato. Il negozio ha chiuso qualche settimana fa e verrà sostituito da un discount. Perchè? Semplice: personalmente andavo in quel supermercato per fare i regali, non la spesa, visti i costi proibitivi. Tutto costava molto di più, e se uno sforzo per prodotti non di largo consumo come creme, dolci o deodoranti era pensabile, di certo non si poteva comprare la pasta tutti i giorni ad un costo proibitivo. A questo, siamo arrivati, a non poterci permettere più il cibo naturale, perché quello tecnologico ha invaso i mercati. Magari nel caso del supermercato biologico di Bologna c’è stata anche scarsa cura manageriale, non so, ma di sicuro la sua chiusura deve far suonare un campanellino d’allarme.
Non siamo ancora alla pecora elettrica, ma la direzione è quella.