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Alla scoperta della Coop perduta

L’organizzazione degli spazi in un punto vendita, strutturati secondo logiche di marketing, è stata una delle mie vecchie passioni: ci scrissi una tesina per l’esame di “Teorie e tecniche dei mezzi comunicazione di massa” nel lontano 1995. L’oggetto della mia analisi fu la Standa di via Rizzoli a Bologna, in cui mi destreggiai ad applicare i principi della semiotica all’analisi del punto vendita

Comprendete pertanto da questa introduzione vanesia come le modifiche ai centri commerciali mi affascinino sempre, visto che si tratta – come confermano i dati provenienti dagli Stati Uniti – di ambienti ormai in via d’estinzione che cercano una nuova identità per sopravvivere. Se poi questi cambiamenti sono anticipati da mesi di preparazione e una discreta anticipazione su mass-media, comprendete la mia curiosità nel visitare la Extracoop di Villanova di Castenaso, il primo centro commerciale realizzato secondo una nuova logica. Il buon Jean Marie Floch, uno dei pionieri di questo campo, ci insegnò che il consumatore può essere pratico, utopico, ludico o critico. Ebbene, nel caso dell’Extracoop pare evidente che lo sforzo sia quello di spostarsi verso il ludico, a discapito del pratico. Se la gente compra sempre di più su Amazon, tanto vale che al centro commerciale venga per divertirsi. Ecco allora che vengono ridotti ad angoli insignificanti quegli spazi che proprio su Internet trovano più acquirenti (un esempio di tutti: console e videogiochi, quasi completamente scomparsi), aumentano gli spazi vuoti, quasi a giustificare l’idea che si faccia la spesa per rimorchiare, e quindi guardare e guardarsi, appaiono angoli dove mangiare sushi seduti su uno sgabello. Davvero, se avessi detto allo studente che osservava in quattro piano in cui la Standa differenziava le merci che 25 anni dopo avrebbe trovato un bancone di sushi in un centro commerciale, mi avrebbe preso per matto. E forse non avrebbe avuto tutti i torti, visto che il bancone in questione è desolato. Scompaiono anche le corsie, a favore di una disposizione che fa sua una logica postmoderna per cui i confini non sono più legati alla tipologia del prodotto, ma al nostro stile di vita (e qui torna il consumatore utopico): gli elettrodomestici non stanno più tutti insieme, ma per esempio i forni staranno insieme ai casalinghi. E siccome il consumatore ludico ha un sacco di tempo da perdere, i barattoli di cioccolata in offerta saranno a quasi 50 metri di distanza dalla loro collocazione, in un’isola lontana in questo mare del consumo ludico. Tanto è vero che ho dovuto chiedere a una commessa dove diavolo fossero, e la poverina non mi ha potuto rispondere con un classico (terza corsia a destra, poi in fondo), perché le tranquillizzanti griglie che per una vota ci facevano sentire a Manhattan sono scomparse. La dipendente, sollevando gli occhi al cielo, mi ha risposto “vada laggiù, da quella parte”. Si perché nell’Extracoop si esplora, non si cerca.
Come avrete capito io sono un consumatore molto pratico, e ho vissuto con qualche difficoltà questo cambiamento. E non sono l’unico, tanto è vero che quando una signora anziana mi ha visto con il barattolo in mano, mi ha chiesto con gli occhi lucidi “Mi dica, signore… Dove l’ha trovato?”. Stavo per abbracciare la nonnina per condividere con lei questo spaesamento.

Insomma, l’esperimento è coraggioso, se poi sarà anche di successo, sarà il tempo a dirlo. Non ci sono più colorazioni diverse a distinguere gli ambienti, sei farmacia, due passi e finisci nell’ortofrutta, e qualcuno magari stasera per il raffreddore cercherà di sciogliere una mandorla in un bicchiere d’acqua, se in un tutto unico dove le categorie hanno meno senso che in passato. E se, come me, rimpiangete il buon vecchio Kant e le categorie, per quanto soggettive, un buon sistema per classificare il mondo ed evitare la follia, insomma, all’inizio sarà un po’ dura.
Come avrete capito, dopo anni di quasi fanatico consumo, i dirigenti della Coop ce l’hanno fatta quasi a convincermi a fare la spesa al Conad.

PS. Per chi se lo stesse domandando, la tesina è andata per sempre perduta con l’hard-disk che si portò via anche settanta pagine di un romanzo che stavo scrivendo. Erano gli anni novanta e la nostra fede nell’informatica, all’epoca, ci porta a credere nell’immotalità di computer e supporti fisici. Con la maturità abbiamo imparato a fare i back-up, ma intando la tesina è andata perduta. Come la Standa, d’altronde.

Non capisco gli elleccidd

Sicuramente sono più eleganti; sicuramente più luminosi; occupano meno spazio. Però, diciamolo una volta per tutte, con questi schermi LCD si vede peggio che con il vecchio tubo catodico.
Il marketing dell’elettronica di consumo ci ha spiegato con straordinaria abilità che senza schermi piatti non si vive, e noi l’abbiamo bevuta, ma in termini di qualità, signori miei, non c’è gara.
Personalmente non ho voluto sbilanciarmi prima di possedere uno di questi fatidici schermi; ma da qualche giorno ce l’ho in ufficio, e soprattutto per l’ambito multimediale (video, animazioni ma anche foto) sono assolutamente insoddisfatto.
Andate in un centro commerciale, lasciate perdere le chiacchiere del venditore o del cugino esperto che vi ha rimbambito a colpi di HDMI, HDReady, 1024xchissàche, progressivo e interlacciato, risoluzione e ansilumen.
Fidatevi dei vosti occhi, solo di quelli, e osservate un vecchio televisore con il tubo catodico, e un nuovo lcd.
Non c’è gara, i colori sono più reali, il contrasto più naturale, il movimento non lascia tracce. Occupava spazio, non era HD, ma il tubo catodico era un’altra cosa.
Se continua così, in un futuro non troppo lontano avremo megaschermi sottilissimi con la risolizione di un microscopio elettronico nei quali, con qualche sforzo,individueremo delle forme e delle ombre colorate.

Oltraggio al biliardino

Sono da questi piccoli segnali che si intuisce che la fine del mondo non è troppo lontana.

Quando si manomette, si oltraggia, si deprime anche un caposaldo della nostra cultura come il biliardino, portato alla giusta popolarità mondiale negli anni scorsi dalla serie televisiva “Friends”, allora non si ha proprio più rispetto per la sacralità della creatività umana.

L’immagine che vedete l’ho scansionata da un volantino di un centro commerciale: è il biliardino, o calcio balilla per i nostalgici, con due sole stecche e tre calciatori.
Di tentativi di reinventare un gioco che non è possibile migliorare in quanto perfetto ce ne sono stati tanti: da bambino possedevo il “dribbling”, una specie di Subbuteo meccanico con i calciatori che tiravano spingendo un pulsante. Divertente, ma niente di che. C’è stato anche chi ha provato a produrne per sei, otto giocatori; goliardate estive come il gelato all’orzo o il monopattino con l’autoradio, giochi da burloni.

Ma questo obbrobrio l’hanno proprio messo in vendita, e non costa neanche poco. Spero solo che un’ondata di disprezzo collettivo e sdegno si abbatta contro questa ciofeca e la lasci a marcire negli scaffali, all faccia di chi, dopo questa schifezza, starà progettando il tennis con due racchette e la bici a tre ruote…

Irripetibilmente stupido

La discussione sul diritto d’autore, sul costo di cd e dvd, sulla pirateria è lunga e complessa e non può certo essere ridotta negli spazi di un blog. Spazi che invece sono sufficienti per definire proposte ridicole per non dire demenziali come quella degli "Irripetibili".
Si tratta di una serie di dvd – li ho visti oggi in un centro commerciale – che si deteriorano 48 ore dopo la loro apertura. Perché? Perché così l’acquirente può vederli una volta sola e non prestarli magari ad un amico. Davvero, siamo alle soglie dell’avanspettacolo, a quando l’automobile con un solo sedile così non puoi dare passaggi e i biscotti che si autodistruggono se non li mangi tutti in due ore? Perché?
Lo slogan afferma che i questo modo si possono vendere al pubblico anche film che sono ancora nelle sale. A parte il fatto che non è vero (i film che ho visto in vendita a 8 euro sono usciti 5-6 mesi fa e fra qualche settimana saranno disponibili nella versione "duratura" a poco più di 10 euro). Ma poi, che ragione è? Siccome si autodistrugge allora non fai concorrenza al cinema? E perché, magari perché va in fumo dopo il primo tempo così ti costringe ad andare al cinema per vedere com e va a finire? Se prendo un dvd che si distrugge comunque non vado al cinema a vedere lo stesso film. Per combattere la pirateria, allora?
Ma non scherziamo. 48 ore sono più che sufficienti per dupilcare un film, alla faccia di tutti i sistemi anti-copia. Anzi, al pirata si fa un favore, perché a lui il film serve davvero poche ore, quelle necessarie ad avviare i masterizzatori e generare cloni.
Credo che questa proposta verrà rapidamente seppellita nella peggiore forma di disprezzo, l’indifferenza.
Tranne, forse, che per un caso: il pornazzo che dopo 48 ore non solo non è più visibile, ma assume le sembianze di un documentario sulla pesca d’altura. Così, se tua mamma lo becca nell’armadio, al limite si chiederà come fai senza canna…