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Orgoglio Comunale

italiaPotrete tagliarci i fondi per comprare le penne, scriveremo con le matite.
Potrete toglierci i fondi per stampare il giornale, manderemo newsletter.
Potrete mandare gli anziani in pensione impedendo di assumere giovani, continueremo ad arrangiarci come abbiamo sempre fatto, alla faccia delle vostre leggi di stabilità.

Perché noi siamo i Comuni.

Siamo noi che dobbiamo prenderci cura dei profughi, mentre voi spendete miliardi per pattugliare le coste con gli incrociatori.
Siamo noi che dobbiamo mandare a scuola i bambini che non hanno nemmeno un tetto, mentre voi parlate di solidarietà ai congressi internazionali.
Siamo noi che dobbiamo ogni anno spiegare ai cittadini che se dipendesse da noi, i soldi che buttiamo via ogni sei mesi per ristudiare le nuove forme di tassazione e riorganizzare software, uffici e procedure (e Tarsu, e Tares, e Tarsi) li useremmo per ridurre le tassazioni.
Siamo noi che veniamo rimproverati perché non esponiamo bandiere luccicanti come vorrebbe il Ministero dell’Interno, mentre la Corte dei Conti vigila affinché non si spenda nulla in spese di rappresentanza.

È da noi che vengono i cittadini esasperati, avviliti, mortificati; è con noi che se la prendono per uno Stato assente che non risponde perché impegnato una cena ufficiale, un Gi-qualcosa o un congresso.

Ma noi Comuni c’eravamo quando l’Italia era tutt’al più un’espressione geografica. Molte delle bellezze che il mondo ci invidia, piazze, palazzi e talvolta chiese, le hanno costruite i Comuni, mica i ministeri.
Abbiamo ricacciato Saraceni e Barbarossa a calci nel sedere, non saranno certo falchi e colombe, Letta e Brunetta a farci paura.
Perché prima o poi sappiate che vi manderemo tutti a quel paese, perché questo paese è il nostro.

E che cacchio.

PS So che questo post rigurgita populismo da dipendente comunale, o addirittura sentori di protoleghismo, ma scusatemi, ho talmente tanti sassolini nella scarpa che talvolta mi sembra di fare un percorso vita per il benessere plantare.

Condoniamo la polvere

C’è una direttiva europea che dice pressapoco che dopo 35 giorni di smog in un anno bisogna fare qualcosa per impedire che la gente marcisca affumicata. Mi sembra ragionevole. Siamo a febbraio e già tutto il nord Italia ha superato la soglia o ci va vicino, e chiunque abbia dato anche solo una volta una spolverata al davanzale della finestra ha un’idea chiara di ciò che respiriamo. I miei polmoni hanno chiesto asilo politico all’intestino che per il momento ha rifiutato, ma non so se reggerà. Ebbene, ancora una volta gli alfieri nazionali che ci illuminano dall’alto dei loro ministeri hanno trovato una risposta rassicurante: faranno un decreto legge per vanificare la direttiva europea, oppure, se proprio va male, si possono rivedere i margini di errore nel rilevamento del livello di polveri sottili nell’atmosfera. In sostanza si tratta di manomettere, armati di cacciavite e giungomma, i rilevatori di smog, per evitare che indichino il superamento del limite. Dunque è vero che oggi in Italia non si può più fare satira in Italia: semplicemente perché la satira è al potere, e fa parecchio ridere.