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L’oscuro mistero dello spazzafoglie assassino

Tutti i lunedì e spesso anche i giovedì tra la fine dell’estate e la fine di gennaio mi sveglio prima delle sei.

Non è un’esigenza professionale, né tantomeno un problema di insonnia. Mi sveglio perché a quell’ora la mia strada viene attraversata da una specie di motore di Boeing 777x portatile che provoca un rumore assordante a metà strada tra l’eruzione di un vulcano e una bomba termonucleare sovietica.

Si tratta di quei maledetti spazzafoglie a benzina. Un’ossessione americana che per motivi che non riesco a spiegarmi ha preso piede anche qui, dove viene utilizzato dagli operatori che si occupano delle pulizia delle strade per conto del Comune di Bologna (immagino il servizio sia a carico di Hera ma potrei essere smentito).

Se non li avete mai visti in azione (e soprattutto se non li avete sentiti) siete fortunati: si tratta di operatori che tramite questi diabolici motori provocano getti d’aria che spostano le foglie, che verranno raccolte poi da motospazzatrici, quegli strani furgoncini per intenderci che avanzano a passo d’uomo con un paio di grosse spazzole sul frontale anteriore. Una perfetta sintesi di un mondo che sta andando alla deriva, se ci fate caso: dobbiamo usare macchinuzze elettriche o, meglio ancora, i mezzi pubblici per non inquinare, ma poi per spostare delle foglie ci serve un motore turbo a otto cilindri.

Scherzo, ma fino a un certo punto.

Secondo il CA Air Resources Board (l’agenzia governativa della California responsabile della tutela della salute pubblica dall’inquinamento atmosferico) gli spazzafoglie inquinano più delle automobili: per ogni ora di utilizzo uno di questi stramaledetti arnesi emette idrocarburi cancerogeni quasi 300 volte più di un suv enorme. Non solo: la maggior parte di queste macchine infernali miscelano olio e carburante: il 30% non completa la combustione e viene emesso come inquinante tossico. Tra i gas di scarico c’è il protossido d’azoto, 300 volte più potente dell’anidride carbonica. In centinaia di città degli Stati Uniti gli spazzafoglie sono stati banditi (fonte: Carbon Almanac, Guida al cambiamento climatico, a cura di Seth Godin, Roi Edizioni). Da noi circolano imperterriti questi assassini del clima. E del sonno.

Già immagino le proteste sindacali e gli scioperi feroci se solo si provasse a suggerire un ritorno a ramazza e rastello. Provocherebbe un crollo della produttività, si direbbe un utilizzo non adeguato delle ore lavoro laddove serve invece efficientare (sic) i processi produttivi. E vabbe’, evidentemente non più in grado di raccogliere le foglie come i nostri avi hanno fatto per secoli. Siamo gli stessi che sbucciano gli spicchi di mela e li vendono impacchettati con la plastica, meritiamo l’estinzione.

Possiamo allora pensare allora un investimento in spazzafoglie elettrici? E se davvero dobbiamo mandare al macello il nostro povero pianeta, gentili operatori di Hera, potete farlo dopo le otto del mattino, evitando di strazzare i cabasisi di chi potrebbe dormire un’oretta in più.

Ai posteri l’ardua sentenza.

Sta scendendo la catena

Da una decina di giorni tutti i telegiornali celebrano la nascita del Popolo della Libertà Condizionata, tra applausi, celebrazioni e trionfalismi. Luci, suoni, festeggiamenti. Considerando che stiamo attraversando la peggiore crisi economica degli ultimi 70 anni e molte famiglie sono sul baratro della disperazione, il minimo che uno può dire? è: beati loro, che sono così felici.
Poi mi viene in mente un giochino che facevamo da bambini. Prendevamo un piatto di plastica e lo tagliavamo in vari spicchi. Poi attaccavamo gli spicchi ai raggi delle bicicletta in maniera trasfersale: sbattendo, la bici faceva un gran rumore. E tu avevi l’impressione di guidare un piccolo rombante motorino, sentivi quel fracasso che le tue pedalate procuravano, ti entusiasmavi e pedalavi più forte. Se poi altri amici adoperavano quel trucco, il rumore era ancora più forte, la gioia maggiore. Si ma era un trucco. Non c’era nessun motore, dovevi pedalare tu. E magari con quel fracasso non ti accorgevi che ti stavi stancando più del solito, che eri a corto di fiato, che occorreva registrare i freni e che anche la catena era un po’ in difficoltà.
I populisti della libertà hanno tutto il diritto di fare baccano, speriamo solo che quan do si accorgeranno che agli italiani sta scendendo la catena la caduta non sia troppo dolorosa…